Il breve e garbato dibattito ravvicinato in prima pagina della Regione tra il Consigliere di Stato Manuele Bertoli e il direttore Matteo Caratti sembra un invito ad intervenire sui temi sollevati.
A Caratti, che da parecchio tempo pungola Partiti, intellettuali e politici a farsi sentire affinché il Ticino non venga imprigionato e soffocato da un muro a sud verso l’Italia (spregiativamente la Lega continua ad usare il termine Fallitalia) e a nord verso Berna (le sette capre), Bertoli risponde che ci sono anche voci propositive, di schieramenti diversi, che cercano di “riportare qualche campanile nella piazza principale di questo nostro villaggio ticinese piuttosto disorientato”.
La mia impressione è che abbiano ragione entrambi.
È sicuro che il Ticino è disorientato, in preda alla paura. I martellanti attacchi settimanali contro i frontalieri, gli stranieri, la vicina Italia e nel contempo il disprezzo verso l’Esecutivo federale hanno creato un atteggiamento di chiusura che si è manifestato chiaramente nelle ultime votazioni.
Ma va pure detto, e qui ha ragione Bertoli, che ultimamente si sono moltiplicate le voci di politici o intellettuali che, con analisi o prese di posizione, hanno cercato di indirizzare l’opinione pubblica verso un atteggiamento più razionale e positivo, il solo che può farci trovare soluzioni ai numerosi problemi che ci riguardano.
Mi piace citare (sono solo alcuni esempi!) le intelligenti analisi di Beat Allenbach, Giò Rezzonico, Andrea Ghiringhelli, Carlo Piccardi, Arnaldo Alberti, Fabio Merlini, Lillo Alaimo, Raoul Ghisletta, senza dimenticare le numerose esortazioni del direttor Caratti e dei suoi giornalisti e gli scritti di Bertoli.
Qualcosa quindi si muove soprattutto per incoraggiare chi, ai proclami leghisti, preferisce contrapporre soluzioni ragionevoli e condivise, chi preferisce costruire ponti al posto dei muri, chi organizza spazi di convivenza civile piuttosto che scagliarsi contro potenziali nemici.
Ed alcune voci autorevoli hanno cominciato a denunciare le contraddizioni dei populisti che una volta arrivati al potere (quello stesso che continuano a denigrare la domenica) agiscono in modo contrario alle promesse, disorientando anche i propri aderenti. (radar, cultura, moltiplicatore, tassa rifiuti, ecc.).
Ma fa bene anche il direttore della Regione quando insiste nello spronare la parte più sensibile del Paese a non defilarsi e a non aver paura degli squallidi “sberleffi” del Mattino. E a proporre quindi “visioni alternative, diverse, illuminanti per un’opinione pubblica sempre più disorientata”.
La prossima campagna elettorale potrebbe essere un’occasione. La speranza è che i candidati più autorevoli la sappiano cogliere.
di Giancarlo Nava