Chi siamo e che cosa vogliamo

Siamo persone diverse una dall'altra, ognuno con il proprio vissuto, i propri bisogni e propri sogni. Siamo però consapevoli che è possibile realizzare i nostri sogni, i nostri desideri, i nostri ideali solo in una dimensione collettiva.

Vorremmo dunque costruire uno spazio fisico e mentale dove ascoltare, discutere e soprattutto decidere un’alternativa di società. Ci rifiutiamo di rassegnarci al sistema oggi imperante, il cui unico valore di riferimento è il denaro. «La guerra di classe esiste. Ma è la mia classe a condurla, e la sta vincendo» ha affermato Warren Buffett, uno dei dieci uomini più ricchi del mondo.

La rivoluzione neoliberista, la forma moderna della guerra di classe, è forse il volto peggiore del sistema capitalista. È l’epilogo dell’involuzione sociale nella quale la mercificazione di ogni relazione umana ha raggiunto l’apice. Impone la cancellazione della dimensione collettiva riducendo le persone a semplici individui in competizione l’uno con l’altro, una competizione considerata come l'unico motore del progresso sociale. Ma si tratta di un’enorme bufala ideologica strumentale.

Diciamo basta alla logica dei muri e delle contrapposizioni fittizie che servono unicamente a garantire i privilegi di coloro che fanno parte dei centri di potere economici. Frontalieri contro residenti, migranti contro presunti indigeni, lavoratori a tempo pieno contro precari e indipendenti, anziani garantiti contro giovani disoccupati, progresso contro ambiente sono solo alcuni esempi di contrapposizioni costruite ad arte, finalizzate al mantenimento di un sistema economico ingiusto.

Con il crollo del muro di Berlino qualcuno farneticava sulla fine delle ideologie e sulla fine del lavoro. Per quanto riguarda le ideologie, quella liberista è più viva che mai, talmente egemonica da essere diventata pensiero unico, mentre lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo attraverso il lavoro si è perfino accentuato: dalle nostre parti ha semplicemente assunto forme più subdole, in altri paesi si realizza in forme tragiche come le fabbriche-lager, il lavoro dei bambini, le migrazioni di massa, i milioni di disoccupati disposti ad offrirsi per un salario miserabile.

 

A tutto questo vogliamo opporci, costruendo alternative.

 

Siamo di sinistra. Temi come una diversa distribuzione della ricchezza nel mondo, la giustizia sociale, i diritti umani e il rispetto della natura e del territorio devono tornare a imporsi nella società, anche in quella ticinese. Diventeranno centrali solo se sospinti dal basso, da quell'energia propulsiva creata dalla partecipazione diretta e dal coinvolgimento concreto di persone che non intendono delegare ad altri il proprio destino.

Vi sono molti temi da affrontare proponendo soluzioni alternative. Per fare degli esempi, beni comuni quali la sanità, la cultura, le pensioni, i diritti sul lavoro non devono essere mercificati e privatizzati come avviene oggi in Svizzera.

Basta anche alle logiche settarie, dettate dalla pretesa di possedere la verità assoluta, di cui troppo spesso la sinistra ha dato prova. Uniamoci invece di dividerci. Sono le persone la forza principale da mettere in campo.

Vogliamo diventare un soggetto sociale dotato di una reale forza radicata nel territorio, fuori dagli schemi della politica istituzionale che imbavaglia ed esclude. Imbavaglia i cittadini riducendo l’azione politica alla semplice amministrazione, come se si trattasse di amministrare una società anonima quotata in borsa. Esclude dalla possibilità di esprimersi il mondo del lavoro consegnandolo alla brutalità dei rapporti di forza economici.

Riprendiamoci i nostri ideali e il nostro destino. Non affidiamoli ai pifferai del mercato.