La messa è stata cantata, le elezioni cantonali sono passate. Nonostante una campagna estremamente piatta e noiosa, dai contenuti più pubblicitari che politici, la prima sorpresa è stata l’alta partecipazione. Mentre nelle settimane precedenti a Lucerna e a Zurigo solo un terzo dell’elettorato si era scomodato, in Ticino siamo a due terzi e soprattutto in aumento rispetto a quattro anni fa. L’insistenza quasi spasmodica dei nostri media sul derby liberal-leghista spiega probabilmente in gran parte questo fatto. Che dire dei risultati?
La Destra non ha sfondato: come nel resto della Svizzera, anche da noi l’UDC, anche se a livello molto più basso, sembra marciare sul posto. Nonostante le contorsioni del loro Consigliere di Stato e gli ammiccamenti filo-leghisti di buona parte della dirigenza, il PPD non è riuscito a bloccare il suo declino storicamente oramai annunciato, anzi. L’apparente riscossa liberale è dovuta più al succitato ambiente da derby sportivo che non all’acume tattico (si fa per dire) di Rocco Cattaneo e consorti.
Brusca, ed in parte sorprendente, la frenata dei verdi: il filo-leghismo di Sergio Savoia per fortuna non è stato pagante. Ci potrebbero quindi essere le condizioni per far rientrare il movimento verde ticinese nell’ambito progressista.
Prima di arrivare alla sinistra, vediamo la Lega, anche perché in parte qui i destini si incrociano. In tutta l’Europa, difatti, dalla Finlandia all’Italia, il populismo di destra cresce quando la sinistra non è più in grado di rappresentare l’alternativa per le classi meno abbienti. E questa alternativa per essere vincente deve essere trasmessa anche con un pizzico di populismo di sinistra: come stanno facendo Syriza in Grecia o Podemos in Spagna. Qui da noi a farla da padrone, naturalmente, è il tema della deregolamentazione selvaggia del mercato del lavoro, legata alla libera circolazione delle persone e alla fondamentale inefficacia di misure di accompagnamento estremamente blande. Le posizioni confusamente filo-EU del PSS e gli atteggiamenti sempre filo-governativi del PS ticinese, spiegano la sconfitta socialista. C’è da sperare che ora il PS faccia finalmente quell’analisi e quell’esame di coscienza, che non ha fatto quattro anni fa, quando ha semplicemente voltato pagina, dopo aver perso un quarto dell’elettorato alle Cantonali e regalato alle Federali, per imperizia politica e strategica, due seggi praticamente già fatti (uno al Nazionale, uno agli Stati), alle forze di destra.
La vittoria, pur relativa, della lista MPS-PC, nonostante la secessione del POP, dimostra quanto stiamo dicendo da un po’ di tempo, e cioè che se la si smettesse di dividersi in tanti rivoli e si creasse un unico movimento della sinistra radicale, questo potrebbe avere un notevole spazio politico. Anche in un paese come il nostro, dove più della metà della classe lavoratrice non ha il diritto di voto.