Un inaccettabile salto indietro

di Graziano Pestoni

 

L’Ente ospedaliero cantonale (Eoc) fu creato dal Gran Consiglio il 20 dicembre 1982. Esso riunì una decina di istituti non in grado di assicurare una medicina moderna e di qualità, gestiti da fondazioni private, fatta eccezione per l’Ospedale Civico di proprietà della Città di Lugano. A quel tempo per diagnosi e interventi appena complessi ci si doveva recare in Svizzera interna, da cui il diffuso detto “il miglior ospedale ticinese è il treno per Zurigo”.

Molti, tra i meno giovani, hanno dovuto sperimentare queste trasferte, non sempre facili per la distanza dal proprio domicilio, per luogo e persone poco o non conosciute e, non da ultimo, per le difficoltà derivanti dalla lingua. La creazione dell’Eoc nel nostro Cantone, nel campo della medicina ospedaliera, ma anche ambulatoriale, ha rappresentato un cambiamento epocale. Nel sito dell’Eoc si può leggere: “Siamo un ospedale multisito: assicuriamo alla popolazione un’assistenza ospedaliera di qualità a costi adeguati su tutto il territorio cantonale. Vogliamo rimanere il punto di riferimento per la medicina d’urgenza e la medicina intensiva; vogliamo consolidare la nostra leadership nel quadro della medicina somatica acuta e divenire un partner riconosciuto nel campo della riabilitazione specialistica. Investiamo nella formazione, esercitando appieno la nostra responsabilità sociale verso i collaboratori e la collettività. Contribuiamo al progresso delle conoscenze nel campo medico e infermieristico promuovendo una ricerca di elevato valore scientifico… Condividiamo i valori etici propri al servizio pubblico quali l’equità d’accesso alle cure, l’attenzione per le comunità locali e lo scopo non lucrativo”.

In questi anni l’Eoc ha infatti garantito una medicina di qualità, assicurando una presenza in tutti i campi e la formazione del personale sanitario. La presenza di un settore privato eccezionalmente elevato rispetto al resto della Svizzera, pari a quasi il 50% dei posti letto, addossò tuttavia al settore pubblico tutti i rischi, mentre le cliniche private si accaparrarono i casi redditizi. Sorsero pure problemi di doppioni, non volendo il privato essere escluso da taluni settori ritenuti finanziariamente redditizi dal profilo strettamente aziendale, anche se dannosi dal punto di vista dell’offerta ospedaliera complessiva a livello cantonale.

La nuova pianificazione ospedaliera, adottata dal Gran Consiglio il 15 dicembre 2015, in seduta notturna, avrebbe potuto chiarire i rapporti con il privato e rafforzare il ruolo dell’Eoc, come entità centrale atta a garantire anche in futuro una medicina di alto livello alla popolazione ticinese, sottraendola per quanto possibile alle logiche mercantilistiche, sostenute in particolare dall’industria farmaceutica (che fattura in Svizzera i medicinali al doppio dei prezzi praticati all’estero). In realtà non è successo nulla di tutto questo. Complici i cambiamenti intervenuti ai vertici dell’Eoc (nuovo direttore Giorgio Pellanda, in precedenza responsabile di cliniche private) e del Dipartimento della sanità e dalla socialità (nuovo direttore Paolo Beltraminelli, che non ha mai fatto mistero della sua vicinanza con le cliniche private), il Consiglio di amministrazione dell’Eoc e il Consiglio di Stato (all’unanimità?) proposero un incredibile salto indietro nell’organizzazione del settore sanitario, con ridimensionamenti significativi degli ospedali pubblici e la privatizzazione parziale del Civico (Lugano) e della Carità (Locarno).

La pianificazione ospedaliera adottata dal Gran Consiglio significherà la chiusura degli Ospedali di Acquarossa e di Faido: verranno soppressi i reparti di medicina e i servizi di Pronto soccorso; ad Acquarossa verrà eliminato anche il reparto di geriatria. Significa l’indebolimento di diversi ospedali regionali pubblici. A Mendrisio i letti sub-acuti saranno insufficienti; a Bellinzona saranno ridotti i posti letto di medicina. I cittadini saranno chiamati a contribuire con 30 franchi al giorno in caso di ricovero nei reparti “acuti di minore intensità” (Ami). Ma la pianificazione fa ancora peggio: privatizza parzialmente l’Ospedale Civico e totalmente la Carità. Vediamo cosa propone.

Verrà costituita una società anonima denominata NewCo Locarno Salute Sa comprendente l’Ospedale La Carità e la clinica Santa Chiara di Locarno (Csc). Secondo uno studio effettuato dall’Università della Svizzera italiana (agosto 2015) le azioni saranno ripartite in parti uguali tra Eoc e Csc. Il Consiglio di amministrazione sarà formato da 5 persone, ripartite in parti uguali. Il presidente dovrà essere una persona indipendente dai due azionisti e garantire un ruolo di super partes. I due azionisti, dopo un periodo di quattro anni, potranno vendere le azioni secondo il loro piacimento. Il Consiglio di Stato avverte (osservazioni del 18 novembre) che “sarebbe errato considerare questi progetti un attacco al servizio pubblico. La prospettiva di una collaborazione dell’Eoc con le cliniche private… rappresenta un’opportunità del privato verso il pubblico e non viceversa”. Si tratta di un’affermazione che lascia senza parole. Margaret Thatcher quando privatizzava in Gran Bretagna tutto quanto era redditizio aveva perlomeno il pudore di chiamare le cose con il proprio nome. Il nostro Governo vorrebbe far credere che la creazione di una Sa con un ospedale in precedenza di proprietà e gestito dall’Eoc sia un rafforzamento nella sanità pubblica e non uno smembramento e una privatizzazione.

La stessa cosa vale per il Civico di Lugano. Verrebbe creata anche in questo caso una società anonima con il reparto donna-madre-bambino dell’Ospedale Civico e con la clinica Sant’Anna di Sorengo, appartenente al gruppo speculativo Genolier, tristemente famoso in Svizzera per la sua politica aggressiva sia nei confronti del personale sanitario sia verso la concorrenza degli ospedali pubblici.

Nei due casi assistiamo a uno scorporo dall’Eoc, a Locarno di un intero Ospedale, e a Lugano di un importante e fondamentale settore della medicina. Su queste due nuove entità la direzione dell’Eoc non avrà più nessuna competenza. Sarebbe la fine dell’ospedale multisito, che ha garantito il successo e la crescita in qualità della sanità ospedaliera ticinese. Invece di rafforzare la sanità residenziale pubblica, dopo esattamente 33 anni, il Gran Consiglio ha decretato l’inizio della fine dell’Eoc e con esso degli Ospedali pubblici. Con questa decisione si sostituisce un servizio pubblico il cui obiettivo è la soddisfazione dei bisogni dei cittadini, con un servizio privato a scopo di lucro.

Contro questa improvvida decisione è stato lanciato un referendum. Auspico vivamente che la popolazione ticinese sappia dire No a una nuova privatizzazione, che potrà soltanto portare a peggioramenti per i cittadini, come lo dimostrano tutti gli esempi in Svizzera e all’estero.