Pochi mesi prima di venir assassinata da un governo a conduzione social-democratica di destra, Rosa Luxemburg ebbe un’affermazione profetica, dicendo che a breve scadenza ci sarebbe stato «il socialismo o le barbarie». Infatti pochi anni dopo la sconfitta della rivoluzione socialista in Germania ci fu il trionfo del nazifascismo, che oltre ai campi di sterminio avrebbe provocato i 70 milioni di morti della seconda guerra mondiale. Nazifascismo che, non dimentichiamolo mai, rappresenta la versione violenta di quel capitalismo «moderato» che aveva già provocato i 20 milioni di morti del primo conflitto mondiale.
La rinascita dell’umanità iniziò con l’eroica resistenza dell’Unione Sovietica, che pagò con oltre 27 milioni di morti, e la vittoria di Stalingrado che aprì la porta alla sconfitta finale della bestia fascista, da cui ebbero inizio i «30 anni gloriosi» caratterizzati soprattutto dallo sviluppo straordinario dello stato sociale, accettato dal grande capitale, anche per evitare che «arrivasse baffone», cioè Stalin. Poi con Thatcher e Reagan e la loro contro-rivoluzione neoliberale iniziò un nuovo periodo di regressione dell’umanità, sfociato in un’esplosione delle disuguaglianze sociali, ciò che nei paesi sviluppati sta provocando diffuse sofferenze in gran parte della popolazione, salvo a quel 5% rappresentato dai grandi managers e dai super ricchi. Dall’incapacità della Sinistra di governo (vedi Editoriale del nostro ultimo numero) di offrire un’alternativa a questa evoluzione è nato quello spostamento di buona parte degli strati popolari verso posizioni xenofobe e di estrema destra, un’evoluzione che grava come una spada di Damocle su tutta l’Europa. A questo proposito vale forse la pena ricordare che l’unico movimento di sinistra che seppe sconfiggere politicamente la crescita nazifascista fu il Fronte Popolare in Francia: forse potremmo trarne ancora oggi qualche lezione sulla strategia da seguire.
Ma allarghiamo un attimo il discorso, a quella che Papa Francesco ha già definito come l’inizio della Terza Guerra Mondiale, cioè in questo momento la lotta contro il fondamentalismo islamico e
soprattutto al Califfato. Lasciamo da parte gli stereotipi razzisti che vedono nell’Islam necessariamente un movimento violento. Anche perché se facessimo un paragone con il Cristianesimo,
quest’ultimo ne uscirebbe con la ossa rotte: dalle Crociate ai massacri coloniali in America Latina e in Africa (gestiti come Guerra Santa!), fino al recentissimo conflitto in Irlanda del Nord.
Poco utile ci sembra anche il tentativo intellettualoide di ricercare il dialogo con «l’islam moderato». Chiediamoci invece piuttosto come mai le masse mussulmane, che 40 anni fa scendevano in
piazza per domandare la nazionalizzazione del petrolio e una qualche forma di socialismo, ora sono vittime del radicalismo reazionario. Saper rispondere a questa domanda vuol dire capire in gran
parte cosa sta succedendo. E proviamoci allora. L’Occidente, con una serie di colpi di stato prima e di guerre di conquista poi (dall’Iraq alla Libia) ha annientato le speranze di miglioramento
sociale delle masse arabe, alle quali, per dirla un po’ semplicemente, non resta ormai più che sperare nelle Vergini in paradiso! L’Occidente poi, oltre a essere responsabile della tragedia
palestinese, ha armato dapprima in funzione antisovietica addirittura Bin Laden, dando così origine al movimento della Jihad, che sta ora travolgendo, dopo il disastro sociale post-sovietico,
anche le repubbliche centro asiatiche, dove l’Islam era sempre stato estremamente moderato. Sarebbe forse ora che anche la nostra RSI, invece di limitarsi a commenti idioti sul non problema del
burkini, dedichi alcune trasmissioni a chiarire i retroscena di questa situazione. Ma naturalmente è molto più facile dichiarare gli altri in blocco come terroristi, dimenticando che negli ultimi
anni nei paesi islamici più di 10'000 donne e bambini sono stati uccisi «per sbaglio» come danni collaterali dai droni americani. E allora si potrebbe non solo chiedersi chi ha generato il
terrorismo, ma addirittura chi debba essere oggi classificato con questo termine. E anche a questo proposito, la barbarie è oramai vicina.