L’iniziativa “contro l’immigrazione di massa” è stata lanciata per ragioni di marketing politico. Lo avevano ammesso sin da subito alcuni esponenti della stessa UDC e ancora qualche settimana fa un ex Consigliere nazionale UDC ticinese ha ammesso che i dirigenti del partito sapevano del carattere inapplicabile del testo. Il senso di tutto ciò? Dire in seguito: “gli altri non rispettano la volontà popolare” e continuare a sfruttare la concorrenza tra lavoratori tenendo sotto pressione i salari di tutti. Agli industriali dell’UDC conviene. Se si passano mesi interi a discutere di contingenti e di immigrazione, si eviterà di parlare di buste paga e di chi impone la concorrenza al ribasso tra lavoratori. L’utilizzo padronale del tema dell’immigrazione, indipendentemente da livelli di contingenti o altre finte misure, è sempre stato così: che tu sia migrante o residente l’importante è non regolamentare i contratti con livelli salariali decenti. Lo si è visto nel dibattito.
Ad esempio per l’UDC i permessi di corta durata, quelli di 9 mesi, dove succede di tutto in materia di abusi padronali e sfruttamento, devono essere mantenuti “completamente liberalizzati”. Ovvero: niente obblighi per il padronato. L’inganno rimane intatto dal lancio dell’iniziativa fino alla sua messa in atto. Le decisioni approvate dal Parlamento, previste quando si raggiunge un livello di disoccupazione elevato, non offrono risposte al problema dei salari da fame. Lo sfruttamento può continuare. Le agenzie di lavoro interinale e le aziende come la tristemente celebre Bravofly continueranno le loro pratiche alimentando precariato e bassi salari. Anzi, saranno pure premiate in futuro con regali fiscali a pioggia se il popolo si farà ingannare approvando la Riforma III dell’imposizione delle imprese. Come vuole la destra padronale.