Frontalieri e dumping salariale

... da "Quaderno10"

 

I ticinesi vogliono interventi decisi contro le derive del mercato del lavoro.

 

Ne discutiamo con Giangiorgio Gargantini, responsabile della sezione sottoceneri del sindacato UNiA.

 

Il voto ticinese sulle iniziative, “Prima i nostri”, “Basta dumping” e relativi controprogetti, è stato analizzato dall’Osservatorio della vita politica regionale che ha recentemente pubblicato uno studio in merito.

 

Dallo studio emerge la diversità del profilo dei votanti. Diametralmente opposti a livello di contenuti, i due testi hanno ottenuto consensi soprattutto tra chi ha una bassa scolarità, si definisce scontento della propria situazione economica e di quella del Cantone. All’opposto chi le ha rifiutate è maggiormente formato, inserito nel mondo del lavoro e possiede posizioni professionali stabili che giudica positivamente. Chi è più in difficoltà ha sostenuto le iniziative. La proposta della Destra ha però prevalso rispetto a quella di Sinistra. Come leggi questo dato?

 

Credo che per capire questo voto si debba rimettere in questione il tuo primo postulato: le due iniziative non sono da considerarsi come “diametralmente opposte a livello di contenuti”, ma devono piuttosto essere lette entrambe come “espressione” di una volontà di intervenire in modo deciso contro le derive del mercato del lavoro in Ticino. Considerandole sotto questo punto di vista, esse risultano non dissimili a livello di obiettivi. Quindi risulta non solo comprensibile ma addirittura logico che chi si definisce “scontento della propria situazione economica e di quella del Cantone” abbia sostenuto entrambe le iniziative, mentre chi al contrario è “inserito nel mondo del lavoro e possiede posizioni professionali stabili” abbia maggioritariamente rifiutato entrambe le iniziative. La discriminante della formazione è a mio avviso direttamente legata alla situazione economica e lavorativa e quindi soltanto indirettamente con il sostegno o il rifiuto di questa o quella iniziativa. In questo senso, il sostegno espresso per le due iniziative è un sostegno di classe in opposizione ad una maggioranza borghese PLRT-PPD che invece difende lo status-quo. Poi, non scopriamo oggi che una parte della tradizionale base elettorale della sinistra si sia spostata su posizioni difese dalla destra che alcuni (a torto) considerano “sociale”, e questo spiega la divisione tra chi ha sostenuto l’iniziativa MPS e chi invece ha creduto nelle vuote promesse di “prima i nostri”!

 

Sono stati soprattutto i voti di PPD e PLRT a bocciare l’iniziativa “Basta dumping” e a fare pendere la bilancia verso il controprogetto. Circa la metà dell’elettorato di Lega e UDC ha comunque votato a favore dell’iniziativa. La domanda di misure di vigilanza del mercato del lavoro è dunque ben radicata e trasversale?

 

La lettura classista del voto che ho fatto in precedenza si conferma nella realtà di un blocco PPD-PLRT che ha sostenuto entrambi i controprogetti. E necessario però soffermarci un attimo sulla natura stessa del “controprogetto” che è per essenza, espressione dello status-quo borghese, una sorta di “arma di riduzione di massa” del potenziale impatto di questa o quella iniziativa. Entrambe le iniziative volevano intervenire contro le maggiori deformazioni presenti sul nostro mercato del lavoro e quindi il blocco borghese ha evidentemente difeso entrambi i controprogetti. A questa prima analisi aggiungiamo un altro aspetto incontestabile: oggi le risposte della destra (in questo caso, “prima i nostri”) hanno più sostengo che quelle presentate e difese dalla sinistra (“basta dumping”!) e quindi questo blocco PPD-PLRT ha influito maggiormente quando si è scontrato con l’iniziativa “di sinistra” rispetto a quello che ha potuto fare contro quella “di destra”. Rispondo quindi sì alla tua interrogazione: la domanda di misure di vigilanza del mercato del lavoro è oggi largamente condivisa, ed è anzi maggioritaria rispetto a quella che difende lo status-quo. Ma la divisione tra chi crede che si debba intervenire direttamente a difesa dei diritti (basta dumping, ma anche salario minimo ad esempio) e chi invece vuole semplicemente chiudere le frontiere fa si che questa seconda soluzione goda oggi, purtroppo, di maggiore sostegno. Quindi la battaglia che deve oggi portare avanti il sindacato non è più soltanto quella di chiedere nuove misure di sorveglianza, ma piuttosto quella di difendere determinate misure piuttosto che altre, che in realtà non sono soluzioni e hanno unicamente scopi elettoralistici.

 

Durante la campagna era stato promesso il potenziamento dei controlli tramite un sensibile aumento del numero degli ispettori grazie al controprogetto all’iniziativa “Basta dumping”. Dei 24 nuovi ispettori annunciati sinora, ne sono stati concessi 9…

 

In effetti, il sindacato ha fortemente denunciato questa situazione assolutamente inaccettabile. Contrariamente alle promesse fatte ai cittadini durante la campagna di votazione, si sta chiaramente andando verso una soluzione minimalista, assolutamente insufficiente per fronteggiare le illegalità di varia natura che si registrano nel mercato del lavoro cantonale. Stigmatizziamo questo modo di agire che, oltre a ledere la volontà popolare, è indicatore di una scarsa volontà di combattere il fenomeno del dumping e le conseguenti distorsioni del mercato del lavoro e le tensioni sociali ad esso connesse.

 

Lo studio ha messo in evidenza l’impatto della percezione dell’afflusso dei frontalieri. Ne risulta che complessivamente l’80,9% dei votanti condivide abbastanza o molto l’idea secondo cui “la quota attuale dei frontalieri riduce il benessere di chi vive in Ticino”. Contemporaneamente, l’83% dei votanti indica di essere molto o abbastanza d’accordo con l’opinione secondo cui i frontalieri danno un contributo importante all’economia cantonale. Come interpretare queste cifre? Sono forse contraddittorie?

 

Queste cifre possono risultare contraddittorie solo ad una lettura superficiale. Al contrario, è assolutamente legittimo considerare che la presenza di lavoratori frontalieri dia un contributo importante, direi anzi essenziale, all’economia locale e nello stesso tempo considerare che il loro numero oggi abbia un impatto negativo sul benessere generale. Questo, evidentemente, non per colpa dei lavoratori stessi ma per responsabilità di quella parte di padronato che sfrutta la presenza di questa forza lavoro che può sopravvivere con un reddito più basso e quindi può essere maggiormente sfruttata con dumping e altre forme di mobbing sociale ed economico. Questa posizione non è quindi solo legittima ma è giustificata, ed è d’altronde quella difesa dal sindacato! Le due cifre citate più in alto (80.9% e 83%) significano che più del 60% della popolazione condivide questa analisi, e in questo senso si conferma ancora una volta la lettura precedente di una maggioranza della popolazione che vuole intervenire per modificare la situazione di drammatico squilibrio venutasi a creare sul mercato del lavoro ticinese. A noi convincere della bontà delle nostre soluzioni, a fronte di altre che vanno solo a rinforzare ulteriormente le politiche padronali mettendo i lavoratori gli uni contro gli altri!