Meno diritti per tutti

di Chiara Landi ... da Quaderno 11

 

La politica migratoria e la discriminazione classista: 


 

tolgono ai migranti per togliere a tutti.

 

 Giuseppe è un operaio edile.

In Svizzera dal 2010, è arrivato dalla Calabria per lavorare duro e per assicurare a sua moglie e ai suoi due figli quella tranquillità economica che non avevano mai osato sperare. Dopo una vita da precario pensava di avercela fatta; credeva di essersi «sistemato».

 

Purtroppo ha dovuto presto ricredersi: prima contratti di durata determinata a catena, poi salari a singhiozzo e infine un brutto infortunio sul lavoro che, oltre a ridurlo male, ha dato il pretesto al suo datore di lavoro per lasciarlo a casa.

Quindi è approdato in disoccupazione, ma dopo appena qualche mese, è stato convocato dall’Ufficio regionale di collocamento per una serie di interrogatori allo scopo di indagare sul suo privato e sulle sue relazioni: gli hanno addirittura chiesto i tabulati telefonici per verificare quante volte chiamasse la moglie e i figli in Italia.

 

Il tutto per provare che il suo centro degli interessi non era in Svizzera e negargli quindi il diritto alla disoccupazione.

 

Come se non bastasse è stato segnalato all’Ufficio della migrazione che prontamente ha aperto un procedimento di accertamento, con conseguente decisione di revoca del permesso di soggiorno.

Giuseppe non ha più diritto al permesso di soggiorno perché ha una moglie e due figli che non vivono in Svizzera con lui.

Questa la motivazione ufficiale, che ha colpito e colpisce sempre più lavoratori stranieri, derivata da una prassi imposta da qualche anno dal dipartimento delle Istituzioni.

Una prassi allineata con una politica chiara che incardina la gestione della migrazione agli interessi dell’economia.

 

E i lavoratori stranieri, fondamentali nelle fasi di crescita economica, diventano così il capro espiatorio di tutte le difficoltà congiunturali nei momenti di crisi. Da motore dell’espansione si trasformano in una minaccia per il benessere della popolazione.

 

L’approccio restrittivo che si è imposto sottende provvedimenti escludenti nei confronti dei migranti, con lo scopo di fare pressione sulla popolazione straniera affinché rinunci alle prestazioni cui ha pieno diritto, rendendola estremamente vulnerabile sia da un punto di vista economico che sociale.

Lo smantellamento e la negazione dei diritti favorisce la messa in concorrenza dei lavoratori, attraverso un ricatto incrociato che colpisce tutti: lavoratori autoctoni, stranieri della vecchia ondata migratoria e nuova generazione di lavoratori migranti, costretti ad accettare la loro condizione di sfruttati, divenendo, come manodopera a basso costo, lo strumento per favorire la diffusione del precariato e del dumping salariale.

 

Chi non si adegua deve essere eliminato, chi non è produttivo va cacciato: persone come scarti di produzione. In questo modo la pratica di dominio economico e sociale reitera una condizione di asimmetria del potere a vantaggio dell’accumulazione del capi- tale, mirando all’esclusione sociale delle fasce più deboli e povere. Queste politiche hanno un duplice effetto: da una parte determinano una condizione di instabilità e fragilità economica della classe operaia e dall’altro sfruttano quello stesso sentimento di fragilità attraverso una narrazione che criminalizza lo straniero, trasformando nell’immaginario collettivo i diritti sociali, economici e civili in privilegi che devono essere distribuiti sulla base di un merito derivante dal grado di ubbidienza, invisibilità e disponibilità a essere sfruttati.

Dopo aver precarizzato il mondo del lavoro, si precarizzano gli statuti di soggiorno, esacerbando la messa in concorrenza tra lavoratori per la conservazione della propria posizione, infrangendo tutte le dinamiche di solidarietà all’interno della classe operaia e scatenando l’odio sociale.

 

Assecondando questa dinamica si legittima inconsapevolmente il progetto di smantellamento dello stato sociale, poiché è pacifico che i provvedimenti restrittivi adottati con il pretesto di escludere i lavoratori stranieri da determinati diritti, preparano il terreno per un futuro attacco ai diritti sociali di tutti i cittadini, svizzeri e stranieri.

 

I migranti, infatti, rappresentando la parte più debole della popolazione, fungono da cavie per l’attuazione di pratiche classiste di esclusione economica e sociale. Per troppo tempo questo tipo di approccio non è stato messo in discussione e si è preferito assumere un atteggiamento accomodante volto a evitare lo scontro diretto tra due visioni del mondo e dell’economia, manifestamente in antitesi.

Oggi però non si può più tacere dinnanzi al ricatto di una certa parte politica, né si deve più assistere in silenzio allo smantellamento sistematico di tutti quei diritti conquistati in anni di lotte operaie e popolari.

 

Per questa ragione alcune forze politiche, sociali e culturali di questo Cantone si sono coalizzate per dar vita a un fronte unitario che promuova un nuovo approccio alla politica migratoria come politica dei diritti.

Con la nascita del Comitato unitario per una nuova politica migratoria in Svizzera si vuole finalmente dar voce a coloro i quali credono che si possano finalmente gettare le basi per un Paese accogliente, solidale e responsabile nei confronti della popolazione che lo abita.

Il Manifesto presentato e sostenuto dal Comitato si propone l’obiettivo di tracciare un percorso per l’impostazione di una nuova politica migratoria, indicando come pilastri sui quali fondare questa nuova politica, la parità di trattamento, il divieto di sfruttamento e i diritti all’insediamento, al lavoro, alla casa, alla famiglia, all’istruzione e alla salute.

 

«Pensano di poterci domare. Vogliono farci tacere mentre subiamo il loro ricatto. Pensano di poterci nascondere, come si faceva un tempo con i bambini negli armadi.

Ma noi non taceremo. E lotteremo per costringerli a vederci, e finalmente riconoscerci» (Giuseppe).

 

Per contatti e informazioni:

https://nuovapoliticamigratoria.wordpress.com/


mail: comitatopoliticamigratoria@ gmail.com