Ospedale Cantonale Universitario: una necessità?

di Equo

 

L’apposita commissione sanitaria del Gran Consiglio ha firmato i due rapporti l’8 novembre, arriverà quindi presto nel plenum l’iniziativa parlamentare di Simone Ghisla (PPD), firmata da altri 37 Gran Consiglieri, che chiede l’istituzione di un ospedale cantonale universitario di riferimento con sede unica e gestito dall’EOC.

Di primo acchito potrebbe sembrare una proposta interessante, anche pensando al NO popolare del giugno 2016 contro collaborazioni pubblico-privato nella sanità.

 

Un primo dubbio però non può non nascere vedendo che il secondo firmatario è il Dr. Franco Denti, non solo presidente dell’Ordine del Medici del Canton Ticino (che si è sempre opposto a ogni rafforzamento strutturale dell’EOC), ma egli stesso noto avversario acerrimo della sanità pubblica.

 

Quale giustificazione principale gli iniziativisti affermano che con la struttura attuale si arrischia di perdere i mandati sulla medicina altamente specializzata (MAS) attribuiti dalla Conferenza dei Direttori Sanitari Cantonali.

Ma già questa è meno di una mezza verità: a parte il fatto che tutta l’operazione MAS è ormai praticamente agonizzante, per garantire i mandati al Ticino basterebbe che le cliniche private (per loro interessi economici) la smettessero di mandare pazienti nei centri d’Oltralpe e che l’EOC si facesse riconoscere ufficialmente e giuridicamente dalle istanze federali come ospedale unico, anche se multisito.

 

Ma i dubbi sulle ragioni degli iniziativisti aumentano quando si vede che secondo loro questo ospedale cantonale dovrebbe essere definito attraverso l’attribuzione NON esclusiva di tutti i gruppi di prestazioni multidisciplinari e complesse.

E qui casca l’asino, perché se queste prestazioni molto più importanti dei mandati MAS (!) potranno andare anche ai privati, allora la struttura di questo cosiddetto ospedale cantonale universitario non potrebbe che risultarne fortemente indebolita.

 

Ma c’è di più: se questo ospedale cantonale dovesse corrispondere a una nuova struttura, tutti i calcoli ci dicono che bisognerebbe mettere sul tavolo per realizzarla almeno un miliardo di franchi.

Con i chiari di luna che corrono, chi potrebbe sostenere questa spesa? Ma anche ammesso che questo investimento possa diventare possibile, ciò significherebbe automaticamente un indebolimento progressivo e molto importante dei restanti tre ospedali regionali (probabilmente Mendrisio, Bellinzona e Locarno), che arrischierebbero di fare poi una fine simile a quella dei nosocomi di Faido e di Acquarossa.

E ad approfittarne sarebbero allora sia le cliniche private che i molti centri medici, che stanno ormai sorgendo come funghi in tutto il cantone, verso cui affluirebbe tutta quella grande mole di pazienti «non super complessi» che giustamente desiderano una cura di prossimità.

 

Alcuni anni fa 5 professori (Marone, Mombelli, Noseda, Moccetti, Cavalli) in una perizia avevano sostenuto che la soluzione migliore sia tecnicamente che finanziariamente consisteva nel rafforzamento della struttura multiuso dell’EOC da una parte e dall’altra nella concentrazione di tutte le super specialità negli ospedali di Bellinzona e di Lugano, che tra due o tre anni diventeranno ancora più vicini con l’apertura della galleria del Ceneri. Questo tipo di concentrazione, assolutamente necessario, avrebbe mantenuto però contemporaneamente anche le cure di prossimità.

Per raggiungere questo scopo, essi ritenevano necessario strutturare tutto l’EOC sulla base del modello dello IOSI e del Neurocentro, che garantiscono sia la centralizzazione dei casi difficili che la cura di prossimità nei vari ospedali regionali.

 

Purtroppo per intanto l’EOC si è fermato a metà del guado, anche se la costituzione ormai in corso della Facoltà di medicina non potrà che facilitare questo necessario processo di concentrazione, richiedendo però anche il mantenimento di ospedali regionali di ottima qualità, visto che si vuole privilegiare lo studio della medicina generale.

Tutto ciò sembra però sfuggire agli iniziativisti: è solo questione di superficialità o si perseguono secondi fini?

 

Quaderno13 / 7 dicembre 2017