Difendere i lavoratori. Oltre il «cretinismo parlamentare»

di Enrico Borelli

 

Come sappiamo negli ultimi 20 anni il mercato del lavoro ha subito profonde e radicali trasformazioni che ne hanno mutato le condizioni quadro.

 

Si è passati da contratti e impieghi stabili, che fornivano ai lavoratori una percezione di sicurezza, a forme di lavoro sempre più precarie e flessibili caratterizzate dai tempi parziali, dal lavoro su chiamata a quello interinale, che gettano le persone in uno stato di profonda incertezza anche rispetto alle possibili traiettorie di vita.

 

Questa situazione non ha solo conseguenze negative nell’immediato, con l’affermarsi sulla scena di una generazione che fatica ad arrivare alla fine del mese, ma purtroppo produrrà pesanti ricadute negative anche nei prossimi decenni. Andrà infatti ripensato completamente tutto il sistema del welfare concepito in un contesto in cui si affermava la logica fordista che oggi non esiste più.

 

Come può infatti l’attuale sistema garantire un minimo di prospettiva e sicurezza ai giovani che oggi a seguito di un lavoro sempre più precario e spezzettato presentano vuoti contributivi a livello pensionistico?

 

Complice l’assenza di una legislazione del lavoro che tuteli i diritti dei salariati e che per i lavoratori risulta essere tra le più inadeguate d’Europa, la situazione si è fatta oggi davvero molto critica.

 

L’ultima frontiera di questo degrado è rappresentata dal proliferare anche alle nostre latitudini del lavoro gratuito!

Lavoro gratuito che si declina in diversi modi: ore non retribuite, ore straordinarie non pagate, impieghi camuffati da stages, per non parlare del taglieggiamento dei salari subìto da un numero crescente di persone. Un degrado dilagante che mina la coesione sociale.

 

La nostra società si sviluppa attorno al lavoro salariato e pertanto il lavoro non può essere scollegato dai diritti perché così facendo si incrina quella sorta di «contratto sociale» che aveva permesso il rafforzamento dei diritti e la costruzione di uno stato sociale negli scorsi decenni!

Ma la brutale messa in concorrenza dei lavoratori da parte di un padronato sempre più agguerrito mina anche la solidarietà e la coesione dei salariati e favorisce l’ascesa delle destre populiste e xenofobe, che sono riuscite a distogliere l’attenzione dalla vera causa dei problemi (un conflitto capitale-lavoro sempre più duro collegato allo sviluppo delle politiche neoliberali affermatesi a partire dagli anni ’80), e che con una campagna martellante hanno individuato nei migranti in generale e nei frontalieri in particolare, i responsabili dell’imbarbarimento del mercato del lavoro.

 

Un quadro che però non è aderente alla realtà. I lavoratori, tutti i lavoratori, indipendentemente dal loro statuto, subiscono infatti le conseguenze di politiche imposte dal padronato e dai governi e non sono certamente all’origine di questo disastro.

 

Ma questo degrado generale delle condizioni di impiego e questa offensiva senza precedenti promossa contro i diritti dei lavoratori è stato possibile per colpa della resa della Sinistra che non muove più la propria azione politica partendo dall’analisi del conflitto capitale e lavoro abdicando così rispetto ai propri principi.

Una Sinistra tra l’altro ripiegata entro logiche istituzionali che si trova sempre più invischiata nelle gestione delle controriforme, a immagine di quello che è avvenuto ad esempio alla Posta o nelle Ferrovie.

Una Sinistra che quindi fatica a parlare al cuore delle persone e che non riesce da tempo a suscitare attenzione, emozioni e entusiasmo.

 

E così i salariati, come evidenziato da una recente ricerca pubblicata a livello nazionale, abbracciano le organizzazioni politiche di destra.

 

Noi pensiamo che la ricostruzione della Sinistra e del movimento sindacale, e la lotta nei confronti del precariato, passino anche dalla formulazione di proposte incisive, radicali (pensiamo ad esempio all’abolizione delle agenzie interinali) che evidenzino le contraddizioni di un sistema capitalista e che sappiano suscitare attenzione e interesse da parte della popolazione.

 

Ma per fare questo, pensiamo, ci vuole anche una pratica politica diversa, che abbandoni finalmente le logiche del «cretinismo parlamentare» anteponendovi una forte presenza nella società e sui luoghi di lavoro.

 

È questa la via da seguire ed è per questo che ci siamo lanciati nella costruzione di un forte «fronte alternativo» che coniughi iniziative e riflessioni politiche con la costruzione di una presenza nella società.