Giù le mani dall'officina!

di Red

 

Intervista a Gianni Frizzo

"Come si può pretendere dalle maestranze un’adesione a questo catastrofico progetto?"

 

Vista dall’esterno, l’attuale «proposta» della FFS sembra soprattutto essere una specie di rivincita, a lungo meditata, per la storica sconfitta da loro patita nel 2008 con il vostro sciopero vittorioso. La vivete anche voi così?

 

Con l’attuale proposta, in totale assenza di trasparenza, si è generata ad arte molta confusione, una situazione ideale per suscitare dunque, nell’opinione pubblica, delle visioni contrastanti. C’è chi la vede proprio, con un gran fondo di verità, come una sorta di rivincita delle FFS; altri invece, la stanno patrocinando (FFS, istituzioni politiche e adepti) come fosse un’opportunità da non perdere, maturata proprio grazie allo sciopero del 2008 e a tutto il lavoro, finora svolto, dalle maestranze e dai loro rappresentanti. Per contro, le maestranze, i loro rappresentanti e il gran numero di persone che, in questi dieci anni, hanno seguito con cuore e scrupolosa attenzione la vicenda, senza mai perdere però la visione critica delle cose, la ravvisano come un’offerta fuorviante se non addirittura ingannevole. Un’offerta non per nulla rispettosa di quanto accaduto in passato, degli accordi sottoscritti, dove il presente, il domani e il futuro delle Officine viene presentato in modo aleatorio, ma già abbastanza delineato per quanto riguarda la prevista «batosta occupazionale» e l’abbandono di ogni velleità di sviluppo industriale, come previsto, per esempio, dalla Convenzione per il Centro di competenze.

 

Non solo nella sostanza, ma diremmo prima di tutto nella forma di tutto quanto capitato nell'ultimo paio d’anni, si ha l’impressione che il comportamento delle FFS, ma anche di molte autorità, abbia avuto soprattutto l’intenzione di riaffermare «chi comanda in questa società», dopo che il vostro sciopero, le vostre proposte e le vostre iniziative avevano rappresentato, sempre per le autorità, qualcosa di difficilmente accettabile: un’iniziativa partita collettivamente dal basso, con uno sciopero vittorioso e con un movimento che alla fine aveva trascinato non solo la popolazione, ma anche le autorità cantonali. Avete anche voi questa impressione?

 

Quella posta, pare una domanda già arricchita, o completata, di un parere più che plausibile!

Occorre però partire dal presupposto che il comportamento delle autorità è, inequivocabilmente, corrispondente allo spazio e al supporto che essi riescono a ottenere dai loro «fiancheggiatori»! Per meglio capire la dinamica della vicenda è necessario anzitutto identificare per bene chi siano queste «autorità politiche» e individuare se vi sono (o vi siano state) delle sostanziali differenze tra le varie rappresentanze istituzionali. Infine, stilare un quinquennale bilancio sul loro agire, sulla loro azione politica nei riguardi delle Officine, cosa è stato detto e sottoscritto e cosa, per contro, (non) è stato fatto e (non) si sta facendo. Scopriremo, per l’appunto, quante difficoltà le maestranze e i loro rappresentanti hanno incontrato nelle relazioni con i poteri istituzionali (non parliamo poi di quelli aziendali), nel far passare le proprie idee, i propri messaggi e le numerose segnalazioni di «declino programmato» che incalzava (e incombe tuttora) sulle Officine.

Sorretti da una buona dose di fiducia e da un profondo senso di giustizia, abbiamo (ahinoi!) creduto che, a livello «politico-istituzionale» il tema Officine (con il supporto non indifferente degli accordi sottoscritti) fosse stato gestito, per l’appunto, fedelmente in linea con i «patti» stabiliti e approvati a tutti i livelli!

 

Per quanto si riesca a capire, la proposta attuale delle FFS sembrerebbe puntare su un dimezzamento del numero degli operai. Secondo voi ci sono delle ragioni «tecniche» che possano, almeno in parte, spiegare questa drastica riduzione?

 

È da svariati anni che le maestranze denunciano regolarmente, sia a livello politico che aziendale, i problemi inerenti il mancato rispetto degli accordi e quelli di natura strutturale, manifestatisi alle Officine. Problematiche che hanno provocato, dal 2013, delle importanti perdite d’attività (circa il 30% in meno di ore annue di produzione) e altrettante gravi perdite occupazionali (meno 120 unità). Uno stato di cose che stavano, inequivocabilmente, a segnalare la concretizzazione dello scenario del «declino programmato», messo in evidenza dallo studio della SUPSI. Fatti prontamente segnalati e documentati dalle maestranze. Sciaguratamente però, dai risultati fin qui riscontrati, i rappresentanti delle nostre istituzioni politiche sono stati distratti o indaffarati in ben altre faccende, convinti inoltre (mettendolo nero su bianco), che il tema, sebbene li preoccupasse, non era di loro competenza in quanto, le Officine, sono proprietà delle FFS.

Detto questo, non vi sono dunque, ragioni tecniche, o d’altro genere operativo, plausibili per poter giustificare la continua e pianificata – a breve, medio e lungo termine (fino al 2026) – emorragia d’attività e di personale e, quindi, accettare ciò che ci stanno propugnando sia a livello politico che aziendale, compresa la dislocazione delle Officine. Per soppesare il grado di affidabilità, va solo ricordato come, sistematicamente per anni, le FFS hanno veicolato il messaggio che i treni Flirt-Tilo non potevano, per ragioni tecniche, raggiungere le Officine. Notizia materialmente smentita nel 2016, con il sopraggiungere alle OBe di questi elettrotreni senza dover, tra l’altro, effettuare alcun accorgimento tecnico.

Si pone dunque l’interrogativo: ci troviamo tra le mani un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? Evidentemente dipende molto dalla sete che si ha, dalla necessità di «liquidi» da dover ingerire o piuttosto dall’ingordigia. In sostanza, a parte le allegorie, quello che può cambiare sostanzialmente la visione delle cose sono, per esempio, le fondate attese che si sono consolidate nel corso degli anni e, soprattutto, le priorità degli interessi in gioco. Per dirla in modo franco: non possiamo assolutamente permetterci che abbiano il sopravvento coloro che (le FFS in stretta collaborazione con le istituzioni locali) stanno affinando, da un decennio, la strategia per attuare lo sgombero delle Officine; vuoi per dei biechi interessi immobiliari o per altri motivi non per nulla consoni con lo sviluppo industriale e occupazionale. Citando i più significativi, primo tentativo propinato nel 2008, respinto con lo sciopero, manovra ritentata nel 2012/2013, con lo studio «AREA» (con il supporto d’illustri politici nostrani), riproposta poi nel 2016, mediante il racconto allegorico «Visioni e apparizioni in Ticino» (prefazione di A. Meyer) seguita puntualmente, ai giorni nostri, dall’attuale «Prospettiva generale Ticino».

 

Cantone e città vagheggiano, sul sedime delle attuali officine, un ennesimo tecnopolo o parco industriale, a seconda delle edizioni usate, per cui investirebbero somme molto rilevanti. D’altra parte le FFS (vedi cosa hanno fatto alla stazione centrale di Zurigo) sono noti per essere dei feroci speculatori edilizi. Cosa ne pensate di tutta questa proposta alquanto confusa?

 

Anzitutto, di fronte al più che giustificato dubbio generato da un progetto palesemente aleatorio e dunque confuso, non si può far altro che applicare ciò che la saggezza e il buon senso ci detta inequivocabilmente di fare: respingere al mittente, senza incertezza alcuna, quanto ci viene propugnato in tutte le sue componenti.

Ciò che andava e occorre fare per le Officine è già ampiamente documentato, sottoscritto e approvato a tutti i livelli (istituzionali compresi). Non vi è dunque alcun ragionevole motivo per deviare da questo rigoroso vincolo progettuale e, soprattutto, morale! Il «parco tecnologico» esiste già (le Officine) bisogna solo farlo partire e crescere come stabilito dagli accordi, tutto il resto compare semplicemente (in assenza del nulla!) come uno «specchietto per le allodole»!

 

Che possibilità concrete vedete di raggiungere almeno parte degli obiettivi accettati dall’assemblea popolare del 16 dicembre? E che possibilità c’è di dire: sì al cambio di localizzazione ma no al taglio di personale?

 

Come traspare già in alcune precedenti risposte, il tema centrale non è spostiamo l’Officina rivendicando più personale, ma piuttosto quello d’essere in sintonia con gli accordi presi, e sottoscritti in passato, inerenti l’Officina attuale e lo stretto rapporto, che essa inequivocabilmente ha, con il progetto di Centro di competenze. Oggi non siamo solo di fronte alla disastrosa incognita occupazionale che si delineerà con il prospettato «stabilimento industriale» (2026?) ma, di fatto, dalle poche, ma inequivocabili, indicazioni avute (budget 2018-2023), dal punto di vista dell’occupazione, non possiamo che temere, fin da subito, il peggio anche per le attuali Officine. Come si può quindi, a queste condizioni, pretendere un’adesione delle maestranze a questo catastrofico progetto?

Sarebbe stata una richiesta d’entrata in materia sorretta da ben altre credenziali, se ci fosse stato presentato un concreto progetto (piano industriale), fedelmente in linea con gli impegni assunti dal 2008 in poi, al punto tale, da considerare gli spazi attuali palesemente insufficienti per far posto a una nuova concreta realtà industriale con delle attività – provenienti dal mercato interno (FFS), esterno (privato) e dal Centro di competenze – che assicuravano un livello occupazionale nettamente superiore rispetto a oggi e di quello vergognosamente prospettato del 2026 dalla «dichiarazione di intenti» (meno 200 unità rispetto al 2017 e 340 rispetto il 2013), «partorita» tra FFS, Municipio cittadino e Repubblica del Cantone Ticino, per mezzo del programma di lavoro «Prospettiva generale Ticino»!

Ecco quindi più che giustificate le richieste approvate dall’assemblea dell’Associazione e popolare del 16 dicembre scorso che, in sintesi, esigono dalle FFS e dalle istituzioni politiche locali (Gran Consiglio e Consiglio di Stato) il rientro immediato in linea con gli accordi sottoscritti e di fare in modo che l’iniziativa per un polo tecnologico, depositata il 1° aprile 2008, sia posta, a breve termine, in votazione popolare. Dovremmo dunque attivarci, attraverso tutti i modi (possibili e non), affinché ciò sia scrupolosamente rispettato, in modo che s’inneschi in materia, un democratico e trasparente dibattito, politico e pubblico, finora negletto!

 

Sembrerebbe a questo punto difficile far rinascere l’appoggio popolare del 2008. Retrospettivamente e autocriticamente pensate di non aver forse fatto abbastanza per trascinare con voi altre forze sindacali e popolari, negli ultimi anni?

 

Può anche darsi che da parte nostra non si sia fatto a sufficienza, ma non dobbiamo nemmeno ignorare la «disattenzione» manifestata a tutti i livelli istituzionali (e non solo), attorno alla causa delle Officine.

Le maestranze, dal 2008 in poi, si sono date da fare affinché le Officine fossero messe al sicuro da possibili piani riorganizzativi mirati a indebolirne, con il tempo, la struttura organizzativa e occupazionale (evitarne quindi il declino programmato). Ne sono l’esempio: l’iniziativa popolare per un polo tecnologico (15'000 firme raccolte), depositato il 1° aprile 2008; gli impegni stabiliti in Tavola rotonda e, più recentemente, in Piattaforma (entrambe mediate da F. Steinegger); gli accordi sottoscritti, come il Memorandum (1.3.2013) o la Convenzione inerente il Centro di competenze (12.11.2013). 

Con ciò, ci si era persuasi d’aver gettato delle fondamenta solide su cui costruire il futuro delle Officine, si trattava poi solamente di fare in modo, con il necessario supporto istituzionale, di materializzare quanto fin qui prodotto con lealtà, impegno e tanta fatica!

Siamo comunque più che convinti che vi sia ancora margine per respingere questo nuovo «sopruso» che si sta perpetrando ai danni delle Officine, degli odierni e futuri collaboratori, basterebbe solo che si coagulassero (come nel 2008) tutti gli «indignati», sorretti da onestà intellettuale e uno spiccato senso di responsabilità e giustizia sociale, che hanno creduto, e confidano ancora, nella difesa del «bene comune», quali sono le Officine. In assenza di ciò, non vi è solo il timore, ma la certezza – visto il rafforzamento della strategia FFS grazie all’incomprensibile posizione assunta dalle istituzioni politiche comunali e cantonali – che la risposta alla prima domanda (inizio intervista) sia più che scontata: sì, le FFS si prenderanno la rivincita del 2008 con tanto di interessi!

Un epilogo questo che dobbiamo assolutamente impedire, oltre che per il nostro senso di giustizia, anche per rispetto dei nostri predecessori e, soprattutto, per il bene delle attuali e future generazioni.

 

Giù le mani dall’Officina! Resistere, resistere, resistere!

 

 

 

Quaderno 14 / 16 febbraio 2018