Chi controlla il controllore Gobbi?

Martino Colombo Comitato di Berna

 

“Bisogna secondo me agire a monte del problema e non a valle […]. A monte l’unica cosa è dare degli strumenti che non siano così garantisti come lo sono oggi il Concordato e tutte le leggi […]. La Svizzera, il Ticino è pronto a fare un passo del genere?

Sentendo i tifosi e gli addetti […] direi di sì, poi quando mi confronto politicamente... “no, ci vuole la via di diritto, bisogna essere sentiti, bisogna garantire questo e quello, gli agenti privati non possono fare le perquisizioni perché se no si entra nella parte intima delle persone, ci potrebbero essere degli abusi”. Beh, rendiamoci conto che fintanto che infarciamo i garantisti le situazioni saranno queste”.

 

Queste sono le parole pronunciate dal direttore del Dipartimento delle Istituzioni Norman Gobbi lo scorso 23 gennaio a Piazza del Corriere. L’argomento di discussione erano gli avvenimenti del 14 gennaio 2018 alla Valascia di Ambrì.

 

Fin da subito è apparso evidente che, con una tale parzialità tra gli invitati al dibattito, tutti accondiscendenti con la linea di Gobbi e pronti a perdersi in una quantità notevole di imprecisioni e luoghi comuni, nessuno avrebbe potuto (o voluto?) ricordarsi della particolarità del Cantone Ticino. Esclusivamente nel nostro Cantone, infatti, il Concordato intercantonale contro la violenza in occasione di manifestazioni sportive (strumentalmente chiamato Concordato antihooligan) viene applicato anche a manifestazioni di carattere non sportivo (articolo 10d della legge sulla polizia). Per non farsi mancare nulla, proprio in questi ultimi giorni, Gobbi è inoltre tornato alla carica proponendo – per usare un eufemismo – il biglietto nominale per l’accesso, in Ticino, agli eventi sportivi delle leghe maggiori di calcio e hockey. Divieto di zona, obbligo di firma, fermo preventivo e obbligo di identificarsi: tutto ciò applicato anche alle sagre di paese, ai carnevali e soprattutto alle manifestazioni politiche e sindacali.

 

Non è un mistero che a Gobbi non sono gradite le lavoratrici e i lavoratori in lotta per i propri diritti e per il proprio posto di lavoro. Basta infatti, ad esempio, dare uno sguardo ai pensieri espressi sul suo sito internet in occasione dello sciopero dei 34 dipendenti licenziati dalla Navigazione Lago Maggiore nel mese di luglio del 2017. Vi si può trovare una rappresentazione distorta delle dipendenti e dei dipendenti, definiti come esseri non pensanti, incapaci di prendere decisioni in autonomia e abbindolati dai rappresentanti sindacali. Il tutto seguito da un po’ di denigrazione del ruolo stesso dei sindacati, unito ad un ideologico elogio alla pace del lavoro (ovviamente funzionale al padronato) ed al mercato del lavoro in Ticino, per poi concludere con un po’ di (mal)sano astio per la vicina Italia.

 

I diritti e le garanzie che il ministro della Giustizia vorrebbe eliminare sono strumenti che garantiscono la libertà sindacale, di riunione e di associazione. Questi sono alcuni dei diritti fondamentali fissati all’interno della Costituzione federale. Gobbi, seppur si dica molto legato alle tradizioni e particolarità svizzere, sembra non lo sappia.

 

Immaginatevi un operaio edile, un’infermiera o una studentessa, ai quali, in base al Concordato, viene impedito di partecipare ad una manifestazione in difesa del proprio posto di lavoro o di studio perché ritenuti “sospetti” da un agente, senza ulteriori verifiche e senza possibilità di difendersi contro questa decisione. Ora immaginatevi invece l’organizzatore di una manifestazione costretto a controllare l’identità di tutte le persone presenti. Tale scenario sarebbe il paradiso di Adam Sutler!

 

Gobbi, il membro del CdA dell’Ambrì che senza troppi patemi apostrofava Anson Carter, giocatore di hockey afroamericano, imitando il verso di una scimmia, il politico che frequenta personaggi che inneggiano alla supremazia della razza bianca o condannati per aver dato fuoco a giacigli di immigrati indifesi, il padre di famiglia che espelle bambini stranieri dalle scuole negando loro il diritto all’istruzione, il ministro della Giustizia che tace di fronte agli abusi delle forze dell’ordine, sempre più frequenti anche alle nostre latitudini. Gobbi, colui che non perde occasione per attaccare le libertà di tutte le cittadine e i cittadini, le lavoratrici e i lavoratori e limitare gli spazi di aggregazione, di festa, di vita politica. Insomma, gli spazi di libertà.

 

Prendere fermamente posizione ed opporsi a queste misure di orwelliana memoria non è questione di aver “qualcosa da nascondere": è bensì questione di amare la libertà e di lottare per essa ed è questione di difendere i diritti duramente conquistati nel corso dei secoli da chi ci ha preceduto. Si tratta di difendere noi stessi.