La LIA va cambiata!

di Red

 

l dietrofront del Governo e del consigliere Zali rispetto alla Lia non deve sorprendere più di quel tanto. Così funziona la politica in questo Cantone, una politica urlata, sempre più emozionale e irrazionale, incapace di leggere e di interpretare quelli che sono i veri bisogni e le preoccupazioni delle persone comuni, della popolazione e dei salariati.

E così Zali ed il Governo, dopo aver sponsorizzato l’introduzione della Lia senza però avere ponderato e analizzato il quadro giuridico nel suo insieme e le criticità che l’introduzione di questa legge avrebbe sollevato, se ne distanziano oggi senza pudore e senza formulare alcuna autocritica. Ma si sa, ci troviamo oramai ad un anno dalle prossime elezioni cantonali…

 

Eppure qualche riflessione sulla Lia andrebbe fatta soprattutto da parte di coloro che desiderano contrastare le derive del mercato del lavoro. Per parte nostra registriamo che la legge ha senza dubbio avuto degli effetti benefici. Ha infatti permesso di portare alla luce l’esistenza di tutta una serie di realtà aziendali che fino alla sua introduzione agivano nella penombra, ha parzialmente frenato la presenza nel nostro tessuto produttivo di aziende che operano non rispettando il quadro legale e che calpestano i diritti dei lavoratori. Fattori questi certamente positivi che vanno ascritti all’introduzione di questa legge, e che imporrebbero oggi una riflessione seria e ponderata evitando prese di posizioni precipitate che annullerebbero in un sol colpo gli effetti positivi di questa legge.

 

Una riflessione ad ampio raggio che potrebbe permettere di introdurre alcuni correttivi puntuali per migliorare l’impatto della Lia stessa. Pensiamo ad esempio alla realtà dei piccoli artigiani locali (che ricordiamolo sono dei lavoratori e dei salariati, spesso giovani, che hanno conosciuto una precarizzazione dal loro impiego a seguito delle conseguenze dei processi di esternalizzazione da parte delle imprese, e che per lo svolgimento dei lavori dipendono proprio da quelle imprese presso le quali erano precedentemente impiegati) che non avendo una vera e propria struttura aziendale ed amministrativa sono stati oggettivamente messi in difficoltà dall’introduzione di una legge , la Lia, cucita su misura per tutelare gli interessi delle grandi aziende artigianali locali.

 

Sarebbe quindi più sensato evitare prese di posizioni politiche affrettate, e affrontare una riflessione a tutto tondo per analizzare gli aspetti positivi, le criticità della Lia, la sua compatibilità con il quadro legale (pensiamo ad esempio alla legge sul mercato interno che probabilmente non risponde più alle logiche di un mercato del lavoro frantumato, e che pertanto andrebbe adattata al contesto attuale) per apportare i correttivi che si impongono senza disperdere e buttare al macero gli effetti benefici che la Lia ha comportato.

 

Ma la Lia ha anche permesso di smascherare le contraddizioni interne al padronato, a cominciare dai rappresentati delle grandi aziende artigianali che oggi sono in prima linea a difendere la Lia ma che sono completamente silenti rispetto alla necessità di rafforzare i diritti dei lavoratori e di modificare in modo drastico il modo di fare impresa che imporrebbe di contenere in modo netto il ricorso alla manodopera interinale e di vietare la presenza del subappalto sui cantieri. Perchè è semplicemente illusorio pensare di contrastare i gravissimi abusi che affliggono il nostro mercato del lavoro senza modificare in modo netto i processi produttivi e senza rafforzare la legislazione sul lavoro ed i diritti dei salariati che oggi vengono quotidianamente calpestati. Perchè sia detto senza ipocrisia, gli imprenditori locali presenti nel ramo artigianale hanno grosse responsabilità rispetto alla presenza del dumping salariale, degli abusi e di pratiche meschine ed odiose quali il taglieggiamento dei salari che proprio nell’artigianato ticinese si stanno diffondendo a macchia d’olio.