La riforma tributaria e la logica del baratto

Anna Biscossa Partito Socialista

 

Credo sia ragionevole per tutti affermare con convinzione che, in una democrazia diretta come la nostra, sia un sacrosanto diritto delle cittadine e dei cittadini potersi esprimere, in votazione popolare, su un unico oggetto per volta, chiaro e ben definito.

E non per caso il Tribunale federale si è espresso con grande chiarezza nel merito, vietando che oggetti diversi, sui quali il popolo può essere chiamato a esprimersi, siano giuridicamente vincolati tra loro. Coerentemente con ciò, il 29 aprile saremo chiamati ad esprimerci solo sulla parte fiscale della riforma definita in modo furbetto «sociale e fiscale».

 

Spiace quindi, nella discussione in atto su questo tema, sentire che la politica, dal Consiglio di Stato al Parlamento e alle associazioni coinvolte, faccia di tutto per buttare fumo negli occhi agli elettori, creando un legame inscindibile tra l’aspetto fiscale e quello sociale di questo pacchetto, sapendo bene che tale legame non esiste a livello giuridico.

 

Certo, può esistere a livello politico. Ma che si tratti solo di un legame politico va spiegato e detto con chiarezza e correttezza agli elettori. L’augurio quindi è che, da qui in avanti, sia gli organi d’informazione, sia i politici coinvolti abbiano l’onestà e la correttezza di ricordare pubblicamente che il popolo è chiamato ad esprimersi solo sulla riforma fiscale.

 

Nel merito, invece, ritengo questo legame politico inventato ad arte, una scelta grave e pericolosa per il corretto funzionamento della democrazia. E cerco di spiegare il perché. Adottando come nostra la logica dello scambio e del baratto politico, infatti, non potremmo più dire che una certa proposta politica è sbagliata, fatta male, inutile, dannosa, eccetera perché, per poter portare a casa il suo alter ego virtuoso (cioè una proposta utile, condivisa da tutti, capace di raccogliere consensi su molti fronti), saremmo costretti ad accettare entrambe le proposte, seguendo il motto «o mangi la minestra o salti la finestra».

 

Ma questo non è un buon motto in politica, perché in realtà questa logica priva le cittadine e i cittadini del diritto di concepire ed esprimere il proprio voto in modo libero e autonomo, avendo la possibilità di formulare il proprio parere su ogni singolo tema, l’uno separato dall’altro, in sede di votazione popolare. Per questo motivo, questo modo di fare politica è sbagliato, pericoloso per la democrazia diretta, e non solo, e va fermato sul nascere perché permette di creare lacci, legacci e vincoli politici fortissimi tra temi e proposte politiche profondamente diverse tra loro, in modo tale da impedire, concretamente, la libertà di espressione e di decisione dei cittadini e della politica su un singolo tema per volta.

 

Per tutto quanto precede, non posso che invitare i lettori a valutare quindi la proposta sulla quale saremo chiamati a votare il 29 aprile per quello che è, cioè una riforma fiscale che favorisce le grandi imprese e i cittadini più facoltosi, a cui sono riservate due misure che provocano minori entrate per ben 47.9 milioni di franchi, attraverso lo sgravio dell’imposta sul capitale delle imprese (21.2 milioni) e quello dell’imposta sulla sostanza delle persone particolarmente ricche (26.7 milioni). E non bastano certo le risicate misure a favore delle aziende start up (con un importo di soli 1.9 milioni di franchi) a trasformare questa riforma in una proposta virtuosa! Con essa, infatti, si premiano in modo sfacciato le aziende che vivono sulle rendite di posizione (e che non hanno certamente portato in questi anni al ceto medio il benessere promesso, anzi ne hanno peggiorato in molti casi l’esistenza!) e non invece quelle piccole e medie imprese innovative e produttive che rappresentano il nostro tessuto economico più interessante e la nostra scommessa per il futuro.

 

Né può essere dimenticato che, in un Paese come il nostro in cui, per fortuna, si ha anche l’obiettivo di utilizzare le risorse disponibili in modo corretto, convogliare le risorse (e stiamo parlando di poco meno di 60 milioni di franchi!) verso un progetto ritenuto sbagliato perfino da molti dei sostenitori di questa riforma (parte del PS, OCST, VPOD, varie associazioni, ecc.), vuol dire concretamente privare la società dei mezzi necessari per rispondere poi ai veri bisogni delle cittadine e dei cittadini.

 

Traducendo tutto ciò in soldoni, questo significa, infatti, privare le casse pubbliche di decine di milioni di franchi che mancheranno poi per i bisogni della popolazione e delle piccole e medie imprese. E che questi bisogni esistano, siano in continua crescita e abbiano bisogno di interventi urgenti credo (e spero!) sia ben evidente a tutti. In tal senso la logica dello scambio e del baratto non è davvero accettabile!

 

Del resto questi bisogni sono cresciuti recentemente, in parte anche «grazie» alle scelte fatte dal Parlamento negli ultimi tre anni, scelte che, per permettere di risanare le finanze del Cantone, hanno tagliato gli aiuti sociali diretti ai nostri concittadini su prestazioni assolutamente necessarie per ben 50 milioni di franchi: sussidi per i premi di cassa malati, assegni per i figli, assistenza.

 

Per tutti questi motivi votare convintamente no a questo pastrocchio è proprio necessario.

 

 

 

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