“Benvenuta impresa” a livello cantonale

Cristina Zanini Verdi del Ticino

 

Chi non ricorda gli strabilianti effetti dell’iniziativa? “Benvenuta impresa” organizzata a Chiasso? Lunghe file di imprenditori o aspiranti tali, attratti da condizioni fiscali vantaggiose del Ticino, che facevano la coda davanti alla sala dove era organizzato l’evento informativo.

Di imprese ne sono arrivate tante, gli spazi commerciali sono andati a ruba e Chiasso è stata addirittura pomposamente definita “polo digitale”, ma da allora si vive meglio? Direi proprio di no.

 

Oltre il 50% dei posti di lavoro a Chiasso è occupata da frontalieri mentre la percentuale di persone in assistenza è quattro volte tanto rispetto alla media cantonale. Le imprese di informatica hanno offerto effettivamente posti di lavoro, anche a persone con formazioni elevate, ma a 3’300 franchi lordi al mese. Alle nuove aziende, infatti, non è stato imposto nulla in cambio, nemmeno l’obbligo di versare retribuzioni dignitose.

 

Non solo le nuove arrivate non si sono adeguate ai salari svizzeri ma addirittura quelle “storiche” si sono adeguate ai metodi delle new entry. Basti pensare al call center del Credit Suisse a Chiasso, finiti sulle prime pagine dei giornali: minacce, ricatti, “dimissioni obbligate”. Il degrado delle condizioni salariali e di lavoro ha avuto ripercussioni su tutta la cittadina.

 

Chiasso ormai sembra una città fantasma: sempre meno negozi, meno bar e meno gente. Normale, con certi salari non ci si può certo permettere un piatto del giorno o un caffè a prezzi svizzeri, figuriamoci fare la spesa da noi!

 

Chi vive a Chiasso si è trovato un lavoro altrove per poter sbarcare il lunario, e rientra solo la sera. La spesa, il piatto del giorno o il caffè li consuma dove lavora, non in città. Chiasso non è solo l’emblema di una politica economica sbagliata, basata sulla quantità invece che sulla qualità, ma anche un monito per gli altri centri del cantone. La cittadina di confine ha subito prima questa evoluzione perché è la più vicina all’Italia, ma anche perché non possiede una zona industriale, dove di solito si concentrano il capannoni e i salari indecenti.

 

Continuare privilegiare pochi e a attrarre imprese senza mai porre criteri qualitativi non serve a nulla. Non sono 200 super manager o milionari che possono mantenere in vita questo cantone se la maggioranza della popolazione sta sempre peggio.

 

Ci vogliono salari dignitosi per far vivere la gente, il bonus bebè per un anno non basta. Ci vogliono imprese che siano integrate nel tessuto economico, non megacentri di logistica che ricevono e spediscono all’estero merce grazie a dipendenti pagati una miseria.

 

Ci vuole una politica che rilanci l’occupazione, non solo posti negli asili nido se si vuole evitare che i giovani partano dal Ticino o rinuncino a fare figli. E soprattutto ci vogliono politici che inizino a pensare davvero alla maggioranza dei cittadini, invece che favorire sempre i soliti privilegiati, senza mai chiedere niente in cambio.

 

Il prossimo 29 aprile un bel NO contro questa iniqua Riforma Fiscale!

 

 

 

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