ILLIBERTÀ DI STAMPA

di Ivan Miozzari

 

La difesa della reputazione è sempre nel diritto di chi vede la propria onorabilità messa in discussione. La Clinica Sant’Anna ritiene di essere stata diffamata dal lavoro giornalistico del Caffè. 

L’inchiesta del settimanale si è protratta per tre mesi. Ha messo in discussione la capacità della struttura di effettuare interventi chirurgici nel rispetto della sicurezza dei pazienti.

I giornalisti della testata si sono spinti oltre il limite del diritto di informazione. Hanno attribuito una corresponsabilità della dirigenza al grave incidente operatorio in cui la vittima del dr. Rey ha subito un danno irreparabile. Insinuando il sospetto di scarse procedure di sicurezza in sala operatoria e dell’impiego di personale operante non formato per i compiti richiesti, il Caffè, nella sua narrazione, ha collegato tali carenze a precise scelte di risparmio. C’è stato dunque un grave danno di immagine causato dal settimanale.

 

Questo l’impianto accusatorio promosso dal procuratore pubblico Perugini nel Decreto di accusa.

 

Per stabilire se realmente vi sia stata diffamazione occorre innanzitutto provare che il Caffè abbia pubblicato informazioni infondate e asserzioni indebite.

 

La difesa ha passato in rassegna tutte le pubblicazioni in questione mettendole in relazione con le accuse. E con la ricostruzione del contesto e le prove documentali ha offerto un quadro abbastanza limpido. I giornalisti del Caffè hanno fatto il loro lavoro coscientemente rispettando il codice deontologico.

 

Hanno fatto informazione portando alla luce accertate disfunzioni nella pratica della Clinica, provando le carenze nella sicurezza, interrogandosi sui motivi che hanno portato il personale, la direzione e i vertici della Clinica a non segnalare il grave errore medico, così come stabilisce la Legge sanitaria. Si sono chiesti, i cronisti, perché il Consiglio di Amministrazione del Sant’Anna abbia coperto il medico così a lungo, permettendogli di mentire alla paziente e di nascondere i fatti alla giustizia. Perché abbiano mentito nell’ispezione cantonale, prima dell’errore medico, riguardo alle procedure di sicurezza. Persino le deposizioni del personale della clinica, nell’ambito dell’inchiesta su Rey, confermano le asserzioni dei giornalisti.

 

A conti fatti il Caffè ha fatto il suo dovere verso l’interesse pubblico.

Si vedrà se il giudice Quadri arriverà alle stesse conclusioni.

 

Qualunque esse siano il messaggio del marchio dell’industria della salute è chiaro e forte: giornalisti siete avvisati.

 

Come può il procuratore pubblico non aver capito che questa causa è soprattutto una leva contro la libertà dell’indagine giornalistica e dell’informazione al pubblico di fatti di interesse chiaramente generale, non è dato di sapere. Al processo il PP non c’era. C’era però il suo “strano” Decreto di accusa.

 

Strano, o perlomeno curioso rinvenirvi frasi estrapolate dagli articoli e dal loro contesto e presentati in maniera parziale. Si potrebbe pensare che siano tesi a mettere in cattiva luce l’accusato. Strano, per chi ritiene che anche nella prospettiva dell’accusa, la verità dovrebbe essere il fine ultimo del procedimento. Prendete Photoshop e modificate un immagine che vi ritrae con qualcuno, cancellando la presenza indesiderata e magari anche lo sfondo. Quell’immagine non è più rappresentativa della realtà al momento dello scatto. Mostra solo ciò che è stato scelto di rendere visibile. Ecco il decreto di accusa assomiglia molto a ad un album di foto ritoccate. Racconta qualcosa di diverso dalla realtà. Qualcuno potrebbe pensare che anche la giustizia non sia totalmente indipendente dai poteri forti, o quantomeno che per la Procura il diritto di informazione non sia prioritario rispetto alla protezione di un marchio commerciale.

 

Non esiste democrazia se non c’è informazione libera. Qui sta il punto. La pressione della politica e dell’economia sui cui poggia anche l’informazione, che margine di libertà lascia al giornalista? Che peso hanno i rischi di procedimenti giudiziari sul libero esercizio di questa funzione civica?

 

Questa causa ha tutta l’aria di un tentativo di intimidazione che purtroppo potrebbe avere successo indipendentemente dall’esito del processo.

 

 

 

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