di Gianluca Carini
Il 25 giugno sarà il primo anniversario dello sciopero di noi marinai del Lago Maggiore. Non sono qui per ripercorrere quello che successe in quei 20 giorni.
Sappiamo tutti come si sono svolti i fatti e quali sono stati i motivi per cui abbiamo portato avanti la nostra causa con cosi tanta forza e determinazione.
Vorrei invece approfittare di questa occasione per mettere in evidenza alcuni aspetti che la nostra vicenda ha portato alla luce.
Innanzitutto, il lato umano di questa storia che ha avuto un’impatto fondamentale sull’evolversi di quanto accaduto. Siamo riusciti a dimostrare che le persone oggi, non sono come pecore, non sono tutte sottomesse e costrette solo ad eseguire ordini. Per fortuna, c’è ancora chi come noi possiede una dignità, ha ancora coraggio e, se queste virtù riusciamo a tirarle fuori, nulla risulta impossibile.
Con questo sciopero abbiamo riportato al centro dell`attenzione la persona. La sua situazione rispetto a quello che è il mondo del lavoro attuale. Oggi quando sentiamo parlare di lavoro, sentiamo solo parlare di: riduzione dei costi, corsa al risparmio, digitalizzazione, flessibilità, profitto, know how…. Tanti bei paroloni che riempiono la bocca a coloro che credono di saperne più di noi, a coloro che hanno in mano il nostro destino professionale. E’ raro sentir parlare di persone.
Quasi mai è dato modo alla persona di dire quello che pensa, di esprimere la propria opinione, le proprie idee, di partecipare da protagonista ai continui cambiamenti che il mondo del lavoro ci impone. Sentiamo parlare di noi lavoratori solo quando il lavoro non ce l’abbiamo più. Quando siamo licenziati, quando ormai è troppo tardi.
Ed è per questo che noi, marinai del Lago Maggiore, ci siamo ribellati.
Perché nessuno, ha avuto la dignità ed il coraggio di affrontarci e comunicarci quello che stava succedendo. Nessuno ha pensato a come sarebbe cambiata la vita di 34 famiglie in maniera cosi improvvisa e drammatica. In un attimo, tutto quello che si è costruito, ci è crollato addosso.
Quindi, se non avessimo alzato la voce, ne da una parte ne dall’altra del lago si sarebbero interessati a noi. Invece, grazie alla dignità e al coraggio dimostrato, siamo riusciti a ribaltare la situazione e ad avere la garanzia, almeno per quest’ anno, di lavorare alle stesse condizioni precedenti.
Una promessa che, ovviamente, dovrà essere mantenuta e che verificheremo al momento opportuno. Ma, per riuscire in questa impresa, si è dovuti far capo a quel senso di comunità che purtroppo, nella società moderna, và sempre più scomparendo. Ed è per questo che saremo sempre grati a tutte quelle persone che si sono unite a noi in quei giorni. Che ci hanno sostenuto e incoraggiato con dimostrazioni di ogni genere. E’ stato un grande esempio di solidarietà umana.
Una solidarietà che spaventa chi, al contrario, vuole far si che tutto venga messo a tacere e si dimentichi in fretta. E’ solo rimanendo uniti che si è forti. E’ solo rimanendo compatti che si arriva alla meta. Come negli sport di squadra. Le squadre vincenti sono quelle che difendono tutte assieme e attaccano tutte assieme. Unite, compatte. Non lasciando nessun spazio all’avversario.
Da soli, care colleghe e colleghi, non si và da nessuna parte. E se c’è ancora qualcuno, che pensa di essere al sicuro, che crede che il suo posto di lavoro sia inattaccabile e, semmai, avesse qualche problema, pensare di risolverlo da solo, si sbaglia di grosso. L’ho pensavo anch’io. Anche io pensavo che non sarebbe mai toccato a me. In Navigazione hanno lavorato intere generazioni: nonno, figlio, nipote. Ho sempre vissuto con dispiacere e ingenuo disinteresse tutte le notizie che quotidianamente leggevo sui giornali: 50 posti di lavoro cancellati qui, 100 soppressi là, 200 entro la fine del mese da quest’altra parte e…... Fino a quella mattina. Non avrei mai creduto potesse toccare a me. Eppure è successo. Dobbiamo rimanere uniti.
Abbiamo bisogno di qualcuno che ci accompagni e ci stia vicino nel far sentire la nostra voce. Qualcuno che ci indichi la strada giusta da percorrere, che ci stimoli ad andare avanti, a non mollare. Ne abbiamo bisogno perché non vengano cancellati i diritti conquistati con sacrificio e fatica da chi ci ha preceduto.
Abbiamo bisogno di un’organizzazione sindacale forte, decisa, organizzata. Un sindacato che non ceda alle lusinghe della politica, di quella politica che invece di proteggere e sostenere quei 34 sui cittadini durante lo sciopero, li ha criticati in maniera vile e codarda. Vergogna!!!
Vogliamo un sindacato al servizio del lavoratore, un sindacato che lo ascolti e che si confronti apertamente con lui. Per usare una citazione di un collega, desideriamo un sindacato che navighi con noi sulla stessa barca e segua la stessa rotta. Durante la nostra vertenza ci sono stati anche momenti di forte discussione, di dibattiti molto accesi con le organizzazioni sindacali ma sempre leali e costruttivi e questo non ha fatto altro che consolidare la nostra unione e renderci più forti.
Noi, colleghe e colleghi, abbiamo bisogno del sindacato e il sindacato ha bisogno di noi . Cosi potremo essere vincenti, in questo mondo del lavoro che sempre più è in crisi e che crede di risolvere i problemi e mascherare le proprie responsabilità, nascondendosi dietro parole come riorganizzazione, ristrutturazione….. Loro le chiamano cosi. Ma per noi significano licenziamenti, futuro incerto.
Per questo, dobbiamo avere la dignità e il coraggio di dire ogni tanto no. Tutti insieme, uniti. Senza mezzi termini. No. Forte e chiaro. Non abbiate paura, perchè è adesso che dobbiamo fare qualcosa. Smettiamola di lamentarci e facciamo qualcosa, ora. O, sarà troppo tardi. Senno’, care colleghe e colleghi, cosa lasceremo in eredità ai nostri figli, che futuro potremo sperare per loro.