Edilizia: le proposte padronali sono offese alla dignità dei lavoratori

di Dario Cadenazzi responsabile sett. Edilizia - Unia Ticino

 

Nel 2002 grazie al coraggio di migliaia di lavoratori del settore, dopo anni di trattative e un imponente sciopero nazionale, scioperi regionali e mobilitazioni, abbiamo ottenuto il pensionamento anticipato.

Un successo fondamentale che permette ai lavoratori di raggiungere a 60 anni il meritato pensionamento, una vittoria storica del movimento sindacale, la più grande degli ultimi 20 anni.

 

Nel 2015 una nuova importante mobilitazione ha permesso di difendere il prepensionamento da una crisi finanziaria che ne metteva in pericolo l’esistenza stessa. Ora il prepensionamento edile presenta ancora delle difficoltà finanziarie.

Tre i motivi di fondo: da una parte il baby-boom degli anni ’60 investe anche il settore e –da qui al 2024- si prevede un aumento dei lavoratori che beneficeranno del meritato prepensionamento.

 

D’altro canto, il sistema di prepensionamento è un sistema di successo e il tasso di lavoratori che restano nel settore fino ai 60 anni è aumentato: i dati di riferimento utilizzati ancora nel 2015 sono stati rivisti e la certezza di andare “sottocopertura”, ovvero di non avere abbastanza mezzi per garantire le future rendite, è garantita.

 

Non da ultimo va detto che il tentennare della SSIC nel trovare una soluzione qualche anno fa e nuovamente quest’anno, non fa che dilatare i tempi e allargare il problema. Il problema non è il medesimo del 2015: bastano alcuni interventi anche temporanei (come già fatto una prima volta nel 2008) per garantire un futuro ad un sistema di successo.

 

Ovviamente per il padronato il tema diventa politico e le parole del presidente SSIC Lardi lo dimostrano: “i lavoratori in prepensionamento guadagnano troppo rispetto alla pensione ordinaria”.

 

Una presa di posizione scandalosa così come le ricette previste per rispondere alla problematica: una revisione strutturale –di fatto un attacco frontale- che prevede tagli alle rendite tra il 20 e il 30% o l’innalzamento dell’età di prepensionamento a 62 anni.

 

I lavoratori si sono espressi in modo inequivocabile: età di pensionamento e rendita non si toccano!

 

E’ però d’attualità anche la discussione relativa al rinnovo del Contratto nazionale mantello dell’edilizia, un contratto di riferimento per circa 80'000 lavoratori, costruito con decenni di mobilitazioni e con la fatica di migliaia di lavoratori organizzati sindacalmente. Un contratto che però la SSIC definisce “rigido, superato”. Un “retaggio del passato” che dovremmo avere il coraggio di lasciare indietro, come dice il presidente SSIC Lardi. Che propone una ricetta molto semplice: aumentare la flessibilità.

 

FLESSIBILITÀ. Forse il termine più abusato degli ultimi decenni, come se i lavoratori non conoscessero già, cosa è la flessibilità. La flessibilità del portafoglio, sempre più sgonfio di fronte al potere d’acquisto che crolla e agli aumenti fermi al palo da quattro anni, la flessibilità della schiena in cantiere e delle ore a disposizione, la flessibilità nel cambiare date alle vacanze, nel lavorare la notte e il sabato se necessario. La flessibilità nell’addormentarsi la sera sul divano, senza nemmeno la forza di passare qualche ora spensierata in famiglia.

 

NO. La flessibilità dei padroni è un’altra cosa ed è già proiettata in una nuova dimensione, verso una nuova frontiera. Una flessibilità dettata da rivendicazioni contrattuali chiare, ovvero poter lavorare fino a 50 ore la settimana, oppure di poter declassare i lavoratori nelle qualifiche –fosse mai che esperienza e formazione contassero qualcosa-, oppure ancora poter pagare meno i lavoratori anziani (si, avete capito bene), che non rendono come un giovane e “bisogna tenerne conto”.

 

Non sono proposte padronali. Sono offese alla dignità dei lavoratori. Vanno combattute in modo duro, vigoroso e organizzato. Per chi tutti i giorni si spacca la schiena sui cantieri, per chi sui cantieri è morto in passato, per il futuro di un settore che qualcuno sta disintegrando in una giungla ormai fatta di subappalti, dumping salariale, ritmi di lavoro esplosi.

 

Per questo motivo invitiamo tutti a partecipare alla giornata di mobilitazione organizzata SABATO 23 GIUGNO 2018 a Zurigo!