Quale futuro per la SSR?

di Graziano Pestoni

 

Il 4 marzo il popolo svizzero ha affossato l’iniziativa No Billag che intendeva sopprimere il canone radiotelevisivo, con il 71.6% di NO. In nessun Cantone è stata accolta, nemmeno in Ticino dove la campagna è stata più aspra.

 

Il DATEC e la direzione SSR hanno affermato più volte che questo voto non significava tuttavia mantenere lo statu quo. Ci saranno quindi cambiamenti. Si prospettano tagli. Licenziamenti. La messa in concorrenza della SSR con altre reti. Probabilmente l’aumento dei contributi alle reti private. Più spazi pubblicitari. E forse altro ancora.

 

Il NO all’iniziativa non deve quindi illudere. Non tutti gli oppositori alla soppressione del canone hanno le stesse opinioni sul servizio pubblico. Basti pensare alle posizioni della consigliera federale Doris Leuthard: ha difeso il canone, ma nello stesso tempo, con una determinazione fuori del comune, sta smantellando i servizi postali, liberalizzando i trasporti a lunga distanza, privatizzando le FFS e liberalizzando il settore elettrico. Già dieci anni fa, inoltre, il Consiglio federale avrebbe voluto liberalizzare il mercato radiotelevisivo e non lo ha fatto unicamente perché, a quel momento, ha ritenuto il mercato svizzero troppo esiguo. Ha però costretto la SSR a finanziarsi con la pubblicità e parte del canone è stato accordato alle reti private.

 

Non dimentichiamo nemmeno che il Consiglio federale, sul servizio pubblico, ha posizioni liberiste. Sta privatizzando e liberalizzando tutto quanto. In un documento del 2006 affermava che avrebbe voluto privatizzare: la formazione, la ricerca e la cultura; la vigilanza sui mercati finanziari; la sorveglianza degli impianti nucleari; le telecomunicazioni, le poste e le ferrovie; la sanità. L’attualità di questi tempi dimostra chiaramente che il Consiglio federale sta attuando il proprio programma, a tappe, ma con risolutezza.

 

Dubitiamo quindi che la difesa del servizio pubblico radiotelevisivo e delle condizioni di lavoro dei dipendenti della SSR possa venire da questi ambienti. Per salvare il servizio pubblico radiotelevisivo, è pertanto necessario:

 

  • Primo. Rivedere il sistema di finanziamento. Il canone è una forma burocratica e costosa. Era comprensibile e legittimo fino a quando il contributo non era generalizzato. La radiotelevisione pubblica andrebbe finanziata con la fiscalità, nella stessa misura in cui con la fiscalità si pagano, ad esempio, le strade cantonali e comunali, la formazione e l’esercito.

 

  • Secondo. I giornalisti radiotelevisivi sono qualche volta un po’ arroganti e troppo ligi ai potenti. Contrariamente a quanto si afferma, non tutte le opinioni critiche hanno spazio nei servizi radiotelevisivi. I dibattiti con «tutte le parti» non sono sufficienti a dar voce alle opinioni presenti nel Paese su tematiche importanti. Molti di coloro che si sentono discriminati, hanno combattuto la soppressione del canone, ma nella speranza che la radiotelevisione pubblica faccia un po’ di autocritica.

 

  • Terzo. Da subito va avviato un dibattito sul servizio pubblico. Non solo sulla radiotelevisione. E non solo per svolgere un’attività difensiva. Il malumore che sta suscitando lo smantellamento dei servizi postali e i rischi per il futuro del settore radiotelevisivo pubblico sono premesse favorevoli allo sviluppo di una vasta offensiva anti-liberista sul servizio pubblico. In altri Paesi i cittadini hanno ottenuto non poche ri-nazionalizzazioni o ri-municipalizzazioni. Alcuni esempi: la metropolitana di Londra; le ferrovie in Estonia; l’acqua potabile in Francia, Ungheria, Italia, Germania, Spagna, Svezia; l’energia in Finlandia e Germania. Non ci sono ragioni che vietano di pensare che ciò non sia possibile anche da noi.

 

In conclusione, senza l’abbandono delle politiche liberiste, che intendono cedere tutto al mercato e alla concorrenza, e quindi senza un conseguente riconoscimento del valore del servizio pubblico per la qualità della vita della popolazione, non sarà possibile fermare il degrado e gli smantellamenti in corso in molti settori, nel servizio radiotelevisivo e altrove.

 

 

 

 

Quaderno 15 / aprile 2018