Salari, il Ticino la lanterna rossa, si conferma la disparità tra uomo e donna, frontalieri e stranieri meno retribuiti

di Red

 

La rilevazione della struttura dei salari recentemente pubblicata dall’Ufficio federale di statistica delinea un quadro opaco e preoccupante, ed evidenzia diverse criticità che meritano di essere evidenziate.

 

Il Ticino è la regione della Svizzera con i salari più bassi, le donne vengono retribuite molto meno rispetto ai colleghi uomini, frontalieri e stranieri hanno paghe inferiori. È questo il quadro che emerge dall’analisi dei salari riferita al 2016.

 

In Ticino il salario mensile mediano si attesta a franchi 5'563 contro i 6'502 del dato nazionale. Una differenza che sfiora i 1'000 franchi al mese, che posiziona il nostro Cantone all’ultimo posto della classifica nazionale e che conferma come nella nostra regione quello del salario sia un problema acuto, che coinvolge purtroppo l’insieme dei lavoratori.

 

Il Ticino è oramai diventato una sorta di «zona franca» rispetto alle altre regioni del paese nella quale i salariati vengono messi in concorrenza tra di loro e subiscono tutti la pressione sui salari.

 

Questa situazione è da ascrivere all’assenza di un minimo salariale legale, del fatto che interi rami professionali siano sprovvisti di copertura contrattuale, di salari fissati dal Governo nei diversi contratti normali di lavoro ad un livello indecoroso, di una spietata messa in concorrenza dei lavoratori da parte di un padronato sempre più avido, dell’esistenza addirittura di Contratti collettivi siglati dalle organizzazioni sindacali purtroppo in linea con quelli dei contratti normali.

 

Patetico il tentativo da parte di alcuni media di celare quella che è la reale situazione e di disorientare le persone per il semplice fatto che rispetto al 2014 il gap nei confronti delle altre regioni si sia ridotto dello 0.2%, briciole! Se il Corriere del Ticino, nella sua edizione titolava a tutta pagina "In Ticino la crescita delle paghe più alta" la situazione è purtroppo ben diversa e ci parla di un Cantone oramai nella morsa diffusa del dumping.

 

Per uscire da questo pantano si impone un deciso cambio di paradigma perchè grazie alle politiche del Governo oramai si è sdoganata l’idea che nel nostro Cantone si possono retribuire salari di 3'000 franchi al mese. Un salario che non permette di arrivare alla fine del mese e che scarica sulla collettività, chiamata ad erogare prestazioni sociali le conseguenze di questa situazione.

 

Bisogna ora introdurre un vero salario minimo legale ma la classe politica è chiamata ad operare anche una seria riflessione sul tessuto economico locale e sul tipo di aziende su cui puntare per il futuro. Se si vuole combattere la povertà e dare una prospettiva alle future generazioni, non c`è più spazio per l’esitenza di un’economia sussidiata e per quelle aziende che scelgono il Ticino puntando solo sulla leva dei bassi salari, che impediscono di arrivare alla fine del mese e che sfruttano così i lavoratori.

 

Le donne nel 2016 continuano a vivere una situazione davvero scandalosa. A 20 anni dall’introduzione della legge sulla parità salariale i loro salari sono nettamente inferiori rispetto a quello dei colleghi uomini. La differenza si attesta al 14.6% nel settore privato e al 12.5% in quello pubblico. Una situazione da Medioevo, una vera vergogna che ben evidenzia come l’economia tutta non sia in grado di autoregolarsi. Per contrastare queste dinamiche, per rispettare il quadro legale oltre che la dignità delle salariate e i loro diritti, bisognerebbe introdurre seri e minuziosi controlli all’interno delle aziende oltre che applicare le giuste sanzioni che si imporrebbero.

 

Ma la politica latita, il parlamento federale fa melina, e il padronato ancora peggio. A dir poco sconcertanti per non dire altro, le dichiarazioni rilasciate nelle scorse settimane dal presidente nazionale della Società impresari costruttori. Un messaggio chiaro ai parlamentari del blocco borghese che nelle prossime settimane e mesi affronteranno la discussione sulla parità salariale in seno al Parlamento nazionale. Quello della parità salariale si configura come un vero e proprio tema di società che deve indurre tutti coloro che hanno a cuore la lotta alle ingiustizie a scendere sul terreno della mobilitazione sociale.

 

E hanno ragione tutti coloro che sostengono che per porre fine a questa vergogna sia tempo ed ora di indire uno sciopero nazionale delle donne, sul modello di quello andato in scena nell’oramai lontano 1991.

 

Terzo e ultimo aspetto sul quale ci soffermiamo in questo breve contributo è la situazione che coinvolge i frontalieri e più in generale gli stranieri. Questi ultimi sono retribuiti in media circa 1'000 franchi in meno rispetto ai loro colleghi svizzeri. Interessante però notare un dato: gli stranieri che assumono un ruolo dirigenziale all’interno delle aziende, come ad esempio i manager, sono pagati più degli svizzeri!!

 

Due pesi e due misure questa la logica del capitale. Mentre gli operai vengono sfruttati e «messi in croce» perché i padroni li mettono in concorrenza con i residenti, retribuendoli meno, complice l’assenza di un salario minimo legale o di contratti collettivi, gli stessi padroni spalancano le porte ai manager stanieri pagandoli a peso d’oro!!

 

Così va il mercato, così funziona il capitalismo. Un altro esempio che ci fa capire come sia urgente modificare alla radice il sistema, un sistema che provoca diseguaglianze inaccettabile e favorisce il più bieco sfruttamento.