“Il lupo perde il peso ma non il vizio”

di Eolo Vive

 

Chi se lo ricorda Norman Gobbi, non ancora Consigliere di Stato e poco prima dell’elezione a presidente del Gran Consiglio, ululare al giocatore Alston Carter per il suo colore della pelle, sfottendolo con «l’è scià il negro»?

 

O ve lo ricordate in prima pagina sul giornalino della domenica, davanti a una frontiera di filo spinato, con un’uniforme simil-fascista e cane lupo tedesco? «A difesa dei propri confini», recitava il titolo. Oppure, tanto da dissipare ogni dubbio, quel Super Norman accanto alla frase «boia chi molla», apparso nel suddetto foglio e poi modificato la settimana dopo in un più consono «mola mia»? O quello che si risentiva ma poi si vedeva costretto al rimborso di un franchetto per essere stato accostato a una foto di Goering in divisa, in un famoso adesivo?

 

Ebbene se avevamo davvero ancora dei dubbi in merito alle sue, neppure troppo celate, simpatie, basterebbe vedere la sua candida reazione mentre rivendica la sua presenza alla cerimonia della P-26 (organizzazione paramilitare, segreta e armata per – eventualmente – difendersi da un attacco comunista proveniente da est). Insomma qualcosa simile a una squadraccia non certo democratica, golpista e un poco terrorista (proprio lui che il mantra della sicurezza per difenderci dal terrorismo islamico la ripete in ogni situazione possibile).

 

Oppure basterebbe riprendere l’opuscolo, uscito qualche anno fa e consultabile sul blog frecciaspezzata.noblogs.org dal titolo «L’era del cinghiale nero», che ne ripercorre le gesta, gli intrallazzi e i danari pubblici sperperati da quell’associazione, per lo meno ambigua e da lui presieduta, che risponde al nome di «Terra Insubre». Associazione ufficiale, con un suo servizio d’ordine chiamato Lupi delle alpi e del Ticino – il cui un simbolo richiama quello degli Hammer Skin – che lavora in campo «culturale», promuovendo la regione Insubria (territorio comune tra Italia e Svizzera) e sussidiata pure da alcuni fondi cantonali (Swisslos e altri). Associazione però dalle «strane» amicizie nel campo identitario e neofascista (ad esempio il movimento eco nazionale per l’Insubria Domà Nunch) della vicina penisola, che partecipa pure con banchetti informativi a festival che inneggiano alla razza bianca, che invita personaggi come Georg Klotz, militante del Comitato per la liberazione del Sudtirolo e già militante delle Wermacht, e che ha promosso ad esempio l’università d’estate con noti esponenti di gruppi neofascisti e neonazisti (come Gabriele Adinolfi, già fondatore del gruppo eversivo Terza Posizione e già condannato per banda armata e attività sovversiva), di cui uno svoltosi sul San Gottardo.

 

D’altronde sono sulla stessa linea anche le affermazioni fatte recentemente a Piazza del Corriere («viviamo in uno Stato di diritto che concede troppe libertà […] e bisogna scegliere tra libertà e sicurezza») per rendersi conto della caratura del personaggio. Uomo politico sicuramente determinato e ambizioso, che in questi anni ha trasformato il suo aspetto, modificandone il linguaggio, la dialettica, il portamento e l’immagine, che non ha paura di rischiare e con una tendenza a spararle più alte possibili (ad esempio la proposta del muro e dei militari a Chiasso ben prima «dell’urgenza» migranti) per ottenere almeno la metà di quello che «propone» (sempre a Chiasso ha ottenuto una frontiera setacciata continuamente, respingimenti continui, la segregazione tra non bianchi e bianchi e ulteriori mezzi e uomini per presidiare il confine e i dintorni).

 

Ma pure personaggio meschino, vendicativo che, ad esempio, nella recente operazione Valascia, non guarda in faccia a nessuno e osa – indisturbato – là dove nessuno aveva mai provato. Di fatto un chiaro tentativo d’intimidazione e di creare paura che coinvolge pure i famigliari dei fermati: bambini, mamme, papà, sorelle e fratelli, spettatori sbigottiti e spaventati di una costosa operazione di polizia, all’alba di un mercoledì 14 marzo, in 17 case ticinesi. A ben due mesi dai fatti della Valascia, Gobbi ha cercato (riuscendoci solo in parte, vista la reazione solidale della gente e la pronta ricostruzione dei fatti che smontavano la versione «ufficiale») la sua personale vendetta, montando una situazione di disinformazione e di confusione ben orchestrata, nella quale i tifosi bianco blu si sono trovati a passare come responsabili dei disordini di quel giorno. E mentre ancora nessun tifoso del Losanna è ad oggi stato fermato e nonostante il comunicato di polizia iniziale parlasse di «azione congiunta», dalla parte bianco blu sono quasi 30 (17 ticinesi e almeno una decina in Svizzera interna) le persone che dovranno affrontare con ogni probabilità un processo e la cui diffida – retaggio delle nuove leggi anti-hooligans, condanna o meno – sarà molto probabilmente imposta dalla Lega o dalla polizia stessa.

 

Ed è proprio nel settore «sport e tempo libero» – in modo particolare nell’hockey su ghiaccio – nel quale Normanlosmilzo si concede parecchie «soddisfazioni». Sarà il suo «attaccamento» al territorio, lui nato a Quinto e fiero delle sue origini valligiane (anche se ormai sembrerebbe che frequenti maggiormente i salotti per bene e le riunioni segrete della massoneria), o il suo immacolato passato in quel della valle, dove i «più vecchi» se lo ricordano giovanotto bamboccione, (già) razzistello, a commentare arrogante nei bar del paese prima e dopo le partite, o chissà ancora il fatto che la Curva Sud non gli ha mai voluto particolarmente bene (e si chiedeva pure il perché il furbetto), rifiutandosi di condividere riunioni e incontri con tale personaggio dall’huhuhu facile, ma sta di fatto che con impegno e dedizione, moschetto e olietto sta riuscendo a creare un certo clima di tensione e intimidazione.

 

Addirittura, lui che asserisce come magistratura e polizia siano indipendenti, si permette di suggerire i compiti del futuro procuratore generale e non contento delle già pesanti leggi anti-hooligans, della sua estensione in ambito di manifestazioni extra sportive (carnevale, cortei di piazza: unico Cantone in Svizzera ad adottarla), del concordato (lamentandosi di «Basilea la ribelle» che non l’ha accettato per pressione della propria tifoseria) – per inciso tutte leggi che permettono fermi preventivi e diffide che un qualsiasi poliziotto o «securino» privato possono comminarti senza più dovere passare da un giudice –, o la legge che vieta il travisamento del volto (chiamato anche legge anti-burka perché non solo è discriminatoria e razzista ma anche islamofoba).

 

Ecco che all’orizzonte incombono nuove proposte di leggi che permetteranno a un poliziotto di procedere a un fermo di 24h, di installare un microchip o un microfono in casa o in macchina, senza che questo venga definito da un giudice, fino ad arrivare all’ultima boutade del biglietto nominale. Questo nonostante il fatto che gli episodi di violenza attorno agli stadi svizzeri sono costantemente in diminuzione, che la «criminalità» in Ticino si è nettamente abbassata e che questo cantone con un poliziotto ogni 357 abitanti, telecamere ovunque e una frontiera completamente blindata, rimane territorio all’avanguardia per i metodi repressivi e di controllo.

 

Solo chiacchiere e distintivo? Chissà, ma intanto in tutti questi anni ha potuto operare nella quasi completa tranquillità, forte di un appoggio popolare e di una quasi inesistente opposizione sul fronte delle «sinistre».

 

E la lista delle malefatte è lunga: dall’espulsione dei bimbi ecuadoriani, a quella dei giovani Yasin e Arlind, all’eliminazione della commissione immigrazione in governo, al posizionamento di uomini e donne a lui vicini e fedeli in ogni ambito tra uffici, cadreghe e cadreghini, allo sperpero di grandi quantità di denaro pubblico (alla voce rimborsi per bevande e cibo il suo dipartimento è nettamente il più costoso con più di 20’000.– spesi a fronte di 5’000.– come tetto massimo!), alla sua onnipresenza mediatica, quasi sempre senza contraddittorio (dalla polenta e cazöla, alla sicurezza sulle strade), alla diffusione di razzismo e paure costanti, alle sue proibizioni securitarie (dagli estenuanti controlli sui permessi, alle vendette personali sul rilascio dei permessi, al casellario giudiziario per frontalieri), fino all’ultimo incontro con il suprematista bianco, avvenuto nel salotto buono della Lugano di Marco Borradori, quell’Attilio Fontana da Varès recentemente eletto in Lombardia e che ammoniva sui pericoli dell’invasione straniera.

 

Penso possa bastare. Si delinea un ritratto di vizi assai perversi e non privi di conseguenze, «in una logica del gioco dove la sola regola è esser scaltro, niente scrupoli o rispetto, perché gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili».

 

E, come lui, chiaramente molti altri. Ovunque. Un passato che a volte ritorna e un presente tutto da ridefinire. Era il 15 marzo 1938, ottant’anni fa, quando l’Austria accolse le truppe naziste di Hitler tra la folla festante di Heldenplatz a Vienna.

 

Restare umani, restare degni.

 

 

 

Quaderno 15 / aprile 2018