di Franco Cavalli, fondatore IOSI
In un editoriale altisonante (“Cardiocentro: perché cambiare se funziona?”, CdT 6.6.2018) Fabio Pontiggia afferma che ormai il cittadino comune non capisce più le ragioni dell’attuale polemica tra EOC e Cardiocentro Ticino (CCT).
Osservazione giusta, anche se le opinioni della gente sono molto più variegate di quanto implichi l’editoriale.
Ma ancora più sicuro è che il resto della Svizzera sta scuotendo la testa per questa situazione tipicamente cantonticinese, dove si cerca di influenzare con feste popolari la soluzione di un problema squisitamente tecnico.
Già nel titolo dell’editoriale Pontiggia sostiene che non ci sarebbe ragione alcuna per cambiare qualcosa che funziona, se non un atteggiamento puramente giuridico-formale da parte di EOC e del Consiglio di Stato. Affermazione sorprendente, quando lo stesso Pontiggia ha molte volte nel passato affermato che anche quando qualcosa funziona, bisogna sempre porre molta attenzione ad adattarsi alle nuove situazioni, se non si vuole arrischiare di trovarsi poi con strutture non più consone a nuove condizioni quadro.
Sul perché l’integrazione del CCT in EOC sia veramente necessaria nel nuovo paesaggio che si sta disegnando per le infrastrutture sanitarie ticinesi, ritornerò in seguito.
Mi permetto però di partire dall’inizio, anche perché su quanto accadde nel 1995 si propagano leggende metropolitane che parlano di presunte ingiunzioni ed addirittura di un ultimatum con “il coltello alla gola” da parte di EOC. I fatti sono ben diversi ed è forse per questo che il Cardiocentro ha disdetto la partecipazione ad un dibattito a Teleticino previsto per martedì 12 giugno ed al quale, oltre al sottoscritto, avrebbe partecipato anche Fabio Rezzonico, a quel tempo Presidente del CdA di EOC e che quindi ha tutt’ora a disposizione tutti i documenti relativi.
Contrariamente a quanto spesso sostenuto, l’EOC in quegli anni aveva deciso di creare un Cardiocentro, ma di fronte alla solita e violenta diatriba tra Bellinzona e Lugano, per evitare che come era capitato qualche anno prima per la radioterapia si arrivasse nuovamente ad un referendum, sia il Consiglio di Stato che EOC decisero una pausa di riflessione. A quel momento il Dr. Zwick, paziente di Tiziano Moccetti, mise sul tavolo 30 milioni, purché il Cardiocentro lo si facesse a Lugano, ma con il suo espresso desiderio che poi dopo 25 anni ritornasse in seno a EOC, che proprio perciò mise gratuitamente a disposizione il terreno. Così fu stipulato sia nell’atto di Fondazione del CCT che nella Convenzione con EOC. E, come già dicevano i Romani, i patti vanno rispettati, se non vogliamo trasformarci in una repubblica delle banane.
Nel frattempo le strutture ospedaliere ticinesi, che prima della nascita di EOC (1982) erano in larga parte poco più che medievali, hanno fatto un enorme salto di qualità, ciò che viene spesso sottovalutato. Così EOC non è soltanto diventato in pratica un ospedale unico, ma multisito (così da garantire anche le cure di prossimità), ma può oggi grazie alla sua qualità rappresentare il fulcro della Facoltà di Biomedicina dell’USI, che è in piena fase di realizzazione.
Ai non addetti ai lavori ricordo che la medicina è l’unico settore universitario retto da dettami federali. Anche a volerlo sarebbe quindi impossibile creare una facoltà di medicina di serie B, che non verrebbe mai riconosciuta dalle istanze competenti. Questo progetto quindi non solo è una grande sfida per tutto il Ticino, ma soprattutto garantirà uno sviluppo ottimale delle nostre strutture ospedaliere nei decenni a venire.
Proprio perciò l’EOC sta progettando un investimento miliardario per rafforzare ed aggiornare le sue strutture: in quest’ambito è prevista, come è stato pubblicato recentemente, la creazione di un dipartimento che includerebbe, oltre al Cardiocentro, anche la chirurgia dei vasi e quella toracica, quest’ultima oggi dislocata a Bellinzona. Come in tutti gli altri ospedali universitari, quindi, la chirurgia del cuore e quella dei polmoni si troverebbero così unite sotto lo stesso tetto: un’ovvietà per ogni esperto in strutture ospedaliere moderne. Anche perché non bisogna dimenticare, come invece fanno molti sostenitori di un’autonomia assoluta del CCT, che già ora ma soprattutto in futuro la medicina è e sarà essenzialmente interdisciplinare, non solo per l’evoluzione delle conoscenze scientifiche, ma anche per la crescente polimorbidità di una popolazione sempre più anziana.
Queste sono le ragioni principali che dovrebbero convincere tutti, responsabili dei CCT compresi, dell’evidente opportunità che rappresenterà, non solo per la medicina ticinese in generale, ma anche per lo stesso Cardiocentro, l’integrazione di quest’ultimo nell’EOC.
Ho sempre ammirato e sostenuto le realizzazioni di Tiziano Moccetti e, come fondatore dello IOSI, posso capire che per lui non sia facile “fare un passo indietro”. Ma proprio pensando all’esempio dello IOSI, a cui tutti riconoscono una traiettoria di eccellenza simile a quella del CCT (e superiore per quanto riguarda la ricerca) posso tranquillamente affermare che per le ragioni sin qui esposte riterrei un grosso sbaglio se qualcuno oggi volesse renderlo indipendente ed isolato dal resto dell’EOC. Non c’è dubbio che così facendo lo IOSI ne uscirebbe chiaramente indebolito.
Certo, fa molto piacere vedere quanta affezione di ex pazienti circondi il CCT: ma sapendo come è facile suscitare la riconoscenza dei pazienti, ritengo che si debbano evitare certi eccessi. Ricordo un fatto simile, anche se molto più ridotto, capitato già diversi anni fa. Per una ragione particolare di tipo personale, l’oncologia pediatrica si sviluppò dapprima all’Ospedale di Locarno e raggiunse un ottimo livello. Quindi “funzionava”, per tornare al titolo di Pontiggia. Quando però a Bellinzona si crearono le condizioni soggettive ed oggettive ideali per avere molte sinergie sia con lo IOSI che con il polo pediatrico in via di realizzazione, l’EOC decise di trasferirvi l’oncologia pediatrica.
Anche allora ci furono resistenze, si lanciò una petizione che, se non vado errato, raccolse più di 10'000 firme. Avvenuto il trasferimento, mai più nessuno ne ha parlato, perché il nuovo centro funzionava ancora meglio.
Io sono sicuro che lo stesso capiterà con il Cardiocentro, proprio perché gli investimenti previsti da EOC in questo settore e lo sviluppo tumultuoso della nuova Facoltà di medicina ne garantiscono il successo. E, last but not least, anche se in tutto questo dibattito si tende a dimenticarlo, in Svizzera le strutture universitarie sono solo pubbliche ed in Ticino due anni fa quasi il 60% dei votanti decise che EOC non doveva immischiarsi con entità private.