di Red
Conosciuto con la sigla Amlo, diventerà il nuovo presidente in Messico, dopo avere ottenuto il 53 per cento dei voti alle elezioni presidenziali di domenica, più del doppio del suo più vicino rivale.
I risultati non sono ancora definitivi, ma la distanza dei consensi è tale che gli altri candidati hanno già ammesso la sconfitta e riconosciuto l’elezione di López Obrador, che però non si insedierà prima di dicembre.
Promette lotta alla corruzione, alla casta dominante, aiuti sociali ai contadini, salari equi per i lavoratori, abolizione delle privatizzazioni. I suoi elettori si trovano soprattutto nel sud più povero del Messico, dove la maggioranza della popolazione è indigena e dove l’economia agricola è stata devastata dalle importazioni di prodotti alimentari statunitensi.
Ha scritto un libro su Trump in cui ha espresso posizioni molto dure sul presidente americano – «Trump e i suoi consiglieri parlano dei messicani come Hitler e i nazisti si riferivano agli ebrei, proprio prima di intraprendere l’infame persecuzione e l’abominevole sterminio» – ed è visto dai suoi sostenitori come l’unica persona che potrebbe tenergli testa.
Dopo i colpi di stato filo-americani in Honduras, Brasile e Paraguay e la vittoria della destra reazionaria in Colombia, la vittoria di AMLO, in un paese dell'importanza del Messico apre nuovi scenari di speranza per i popoli dell'America Latina.
Grossa soddisfazione è stata espressa in Europa dalla sinistra radicale, da Mélenchon a Podemos, dalla Linke ai vari PC.