Un giorno fermi sul Lago Maggiore

di Françoise Gehring

 

Navigazione: si riparte dalla volontà di dialogare, incrociando le dita.

Astensione dal lavoro martedì 3 luglio sul bacino svizzero del lago Maggiore, dove sono circolate unicamente le prime corse di linea del mattino e le ultime serali, garantendo in questo modo il collegamento per i pendolari del Gambarogno.

Durante il resto della giornata i battelli sono rimasti fermi. La SNL ha voluto garantire parzialmente il servizio facendo capo al personale di Lugano. Lottare per le condizioni salariali non è un lusso, ma un dovere in un Cantone dove la pressione al ribasso sui salari è pane quotidiano e dove il mercato del lavoro è confrontato spesso con una malsana concorrenza.

 

Coprono le prime corse che garantiscono il servizio per i pendolari. Ore 08.35: i telefoni dei sindacalisti cominciano a scottare. Si comunica lo sciopero di un giorno - nei contenuti e nelle modalità - alla direzione SNL e ai rappresentanti del Cantone. «Uno sciopero - ricorda Angelo Stroppini, sindacalista del SEV e a capo delle trattative per l’elaborazione del CCL - deciso dai dipendenti ex NLM. Dopo aver valutato in assemblea i risultati delle trattative in corso per il loro CCL, hanno infatti constatato che i loro salari dovranno subire forti adeguamenti al ribasso dal primo gennaio dell’anno prossimo. Detto in altre parole, una storia di dumping, se possibile ancora più grave dal momento che l’azienda beneficia di importanti sussidi cantonali». Valutazione condivisa pienamente dal segretario cantonale di UNIA Enrico Borelli e dal sindacalista dell’OCST, Lorenzo Jelmini. I tre sindacalisti hanno sottolineato senza peli sulla lingua che la situazione di stallo attuale è dovuta all’intransigenza del datore di lavoro, ossia SNL.

 

Che i salari sarebbero stati lo scoglio più arduo da superare nell’ambito delle trattative per il CCL, i dipendenti ex NLM lo sapevano benissimo. Per questo erano e sono pronti a negoziare anche questa sensibile componente. Una scelta dettata dalla consapevolezza che qualche sacrificio era inevitabile nel quadro di una trattativa che si sapeva estremamente difficile già un anno fa. E i fatti lo hanno confermato. «Con la controparte, la delegazione sindacale si è incontrata quattro volte. E in tutte le occasioni - racconta Stroppini - ci siamo sentiti ribadire che dal 1° gennaio 2019 i salari sarebbero stati quelli previsti dalla scala salariale del Regolamento aziendale SNL. Riduzioni quantificabili attorno al 15% e oltre.

 

Uno scenario inaccettabile considerato che questa azienda beneficia, grazie allo sciopero dello scorso anno, di importanti sostegni finanziari da parte del Cantone». Siamo di fronte ad una forma di dumping salariale inequivocabile. Per i sindacati combattere le pratiche dei salari al ribasso, è un dovere. A cominciare dal fatto che il lavoro ha un valore. Un grande valore e non può essere svilito.

 

«L’ostinazione della direzione SNL - ha aggiunto Angelo Stroppini - è ancor meno comprensibile alla luce del business plan presentato in più occasioni e in cui era stata individuata come via praticabile un adeguamento salariale del 5% dei salari SNL per tutti i dipendenti dei due laghi calcolato su 32 unità lavorative attive sul bacino svizzero del Lago Maggiore e non 17, che corrisponde all’attuale forza lavoro sul lago Maggiore».

 

Il salario è e resta una componente essenziale nel rapporto di lavoro. Perché non si vive di pacche sulle spalle o di raccomandazioni paternaliste da parte soprattutto di chi un salario - buono - ce l’ha e non viene messo in discussione. La fine del mese arriva per tutti, certo. Ma per chi ha un salario inadeguato e una famiglia da mantenere, può fare male. Dietro ogni lavoratore spesso c’è infatti una famiglia.

 

Prima di entrare in discussione sul resto del CCL è perciò imprescindibile trovare un accordo. «In questo momento - hanno precisato Stroppini, Borelli e Jelmini - i dipendenti ex NLM sono chiamati a lavorare con la garanzia di meno giorni di libero e meno salario»!

 

Di fronte a questa situazione di stallo oggettivo, le maestranze hanno dunque deciso di difendere i loro salari con la stessa determinazione con cui si sono applicati a far partire il nuovo Consorzio, ritrovandosi poi a lavorare con una pianificazione del tempo di lavoro disagevole a causa della mancanza di personale.

 

«Ne avremmo fatto volentieri a meno, ma con questa misura di lotta - hanno detto alcuni marinai - speriamo di fare sbloccare la situazione di stallo venutasi a creare in questi mesi, che sono tanti e che pesano». Si perché vivere sulla propria pelle l’incertezza lavorativa, è un’esperienza che mette a dura prova e che logora. Prova ne è che numerosi dipendenti dell’ex NLM hanno cambiato professione. I marinai, che amano il loro lavoro e che conoscono molto bene il territorio in cui operano da anni, chiedono insomma di poter continuare a svolgere la loro professione con condizioni contrattuali e salariali garantite da un Contratto collettivo di lavoro.

 

E poi c’è la questione della dignità. È un discorso chiaramente generale che tocca tutte le categorie professionali. Lo ha detto Enrico Borelli in modo molto chiaro, parlando in conferenza stampa di un «mercato del lavoro che fa rabbrividire». Un mercato del lavoro capace con un colpo di spugna, di cancellare posti di lavoro, diritti e dignità. Emblematico il caso dell’OVS, l’azienda di vestiti che licenzia centinaia di persone senza uno straccio di piano sociale, in barba al rispetto delle più elementari norme del diritto.

 

Una delegazione di commesse licenziate ha voluto portare la propria solidarietà ai marinai, dimostrando il grande valore del coraggio e della dignità. Perché la dignità ognuno di noi la deve prima di tutto a se stesso. Diventa elemento di lotta sociale quando si esprime a livello collettivo. Ecco perché tutti coloro che lottano per i loro diritti vanno rispettati. Coralmente. Pienamente, e non vilipesi come purtroppo accade da parte di chi legge la realtà filtrata dalle lenti del pregiudizio o da una mancata conoscenza della situazione. «Solo oggi possiamo capire che cosa significhi rimanere senza prospettive di lavoro. Ci ritroviamo quindi sulla stessa barca e speriamo di rimanere a galla». Sono le parole rivolte ai marinai da una delle commesse licenziate, bruscamente trascinate nell’incertezza dal loro datore di lavoro.

 

Ed ecco un’altra parola chiave: solidarietà. Per poter navigare con un minimo di serenità, la solidarietà tra lavoratori e lavoratrici è fondamentale. I marinai che hanno vissuto lo storico sciopero del 2017 lo sanno benissimo ed è questo spirito che ne ha fatto un gruppo solido e coeso, al di là delle diverse sensibilità individuali e delle storie personali. «Questo spirito, che fa onore a questi marinai, si è espresso anche ieri con i colleghi di Lugano, chiamati a rimpiazzarli per le corse non servite. La ripresa del servizio - fa notare Stroppini - si è svolta con grande compostezza e senza nessuna vena polemica e conflittuale. Responsabilità e sensibilità hanno prevalso su tutto».

 

Ora però si tratta di riprendere il dialogo su quanto c’è da costruire nel 2019. Di questo si tratta. Perché se l’accordo raggiunto con il Cantone e la Città di Locarno ha dato delle garanzie per il 2018, tutto il resto è da negoziare. E il 2019 arriva a stretto giro di boa.

 

 

IN SILENZIO

 

Marinai, sindacalisti/e e giornalisti/e: tutti in piedi, in silenzio. Un momento di raccoglimento per le ennesime morti sul lavoro: proprio il giorno prima dello sciopero, un operaio di 25 anni (Carlo) e il suo collega di 36 anni (Oscar) sono morti, schiacciati da un cassero. Altre vite spezzate. Tante. Troppe. Che lasciano sgomenti, perché morire di lavoro e per certo una delle cose più terribili.

 

E ricordare i numeri in queste circostanze può sembrare cinico. Ma devono far riflettere, comunque. Ogni anno la Suva registra 9000 infortuni sul lavoro per caduta dall’alto. In 280 casi la vittima riporta danni permanenti, mentre in 22 l’esito è fatale. Sempre in base alle cifre della SUVA, ogni anno circa 250 000 persone sono vittime di un infortunio sul lavoro. Si tratta di un lavoratore su cinque del settore edile, di uno su quattro tra coloro che lavorano ai ponteggi e di uno su tre nel settore dei lavori forestali.

 

 

 

 

 

Articoli ripresi su gentile concessione della redazione di contatto.sev