Officine, la prospettiva che mi fa dire «non ci sto»

di Gianni Frizzo

 

Evidentemente l’offuscata «silhouette» del «miraggio» dell’Officina più moderna d’Europa (ci assicurano che non viene quindi trasferito l’attuale tornio ininterrottamente in uso dal 1886), profilata all’orizzonte dalle FFS e colorita, dalle istituzioni politiche, da splendenti e pregiati (120 milioni di franchi) colori, vuole ottenere quale effetto sull’opinione pubblica, l’azzeramento della memoria sui fatti autentici.

 

L’intenzione quindi di far perdere di vista quello che doveva concretamente essere, da 10 anni a questa parte, quanto di concreto e plausibile si era progettato per il futuro delle Officine di Bellinzona e dei dipendenti.

 

Un discorso che deve quindi, urgentemente, tornare ad essere incentrato sulla sostanza da raggiungere mediante gli ingredienti descritti e avvalorati dagli accordi sottoscritti, antecedenti l’autunno/inverno 2016 («visioni e apparizioni in Ticino» e «prospettiva generale Ticino»), piuttosto che sul dove (tema anch’esso importante d’analizzare a fondo). Un ricettario (vademecum) ideale sul come rendere concreto l’avanguardistico sviluppo industriale avente quale preciso fulcro le Officine di Bellinzona (OBe), al proposito di veda lo studio di fattibilità Centro di competenze (CdC) della BDO.

 

Un reale e più che necessario recupero della «bussola» per tutti quelli che non vogliono, loro malgrado, finire schierati con FFS e istituzioni politiche, oramai fuori rotta, superbamente decisi ad azzerare (più che a ignorare), quanto pattuito dal 7 marzo 2008 in poi. Tutta una sequela di fatti, negoziati, assegnazione di mandati, approvazione di progetti, sottoscrizione di accordi e convenzioni, stipulati per degli obiettivi di sviluppo per le OBe che non troviamo (intenzionalmente negletti?) riprodotti dalla prospettiva delineata ora dall’alleanza costituitasi tra azienda (FFS) e istituzioni locali (Cantone e Città di Bellinzona).

 

Aspetti che vanno quindi ben oltre l’ubicazione! Una connessione logica di avvenimenti (dal 2008 in poi) che hanno e dovevano inequivocabilmente e definitivamente mettere al riparo le Officine da progetti di smantellamento, da nuovi ultimatum e da minacce di dislocazione (vedi cronaca del 2 agosto 2018: l’uomo del monte che non finisce mai di stupire per simpatia e umiltà!

 

Piani d’azione che dovevano piuttosto contribuire a incrementare l’occupazione (non ridurla del 75%), mediante la diversificazione delle attività - FFS (passeggeri, merci e infrastruttura) e inserimento sul mercato privato – accordando una governance adatta a tale scopo (maggior autonomia decisionale), come troviamo ben descritto negli accordi approvati in questi due lustri: come, per esempio, negli atti formali del Centro di competenze.

 

Il diktat attuale, esibito dalle FFS e (diciamo) tollerato dalle istituzioni politiche: «O si accetta, senza condizioni e in tempi stretti (da che pulpito: sono ben più di 5 anni che aspettiamo che FFS onorino gli accordi!), questo (aggiungo: ipotetico e nebuloso) progetto, oppure vi sarà la dislocazione dal Ticino», oltre che essere stato posto in modo arrogante e minaccioso, risulta quantomeno fuorviante. Un modo d’agire (strategia) per ingannare la realtà dei fatti, non affatto in linea coi patti sottoscritti e tantomeno rispettoso nei riguardi delle maestranze, dei loro rappresentanti e delle cittadine e dei cittadini che hanno sostenuto e continueranno a sostenere la causa delle Officine (attività e occupazione), come dimostrato dallo sciopero del 2008 in poi (per esempio sottoscrivendo l’iniziativa popolare e riponendo piena credibilità al progetto CdC).

 

Persone attente e subito pronte a condannare quanto si è messo (o si sta mettendo) vergognosamente e subdolamente in scena con l’ignobile intento di minare la stabilità delle OBe, dei suoi dipendenti e rispettivi familiari, come fatto mediante l’allegorico racconto «visioni e apparizioni in Ticino» (autunno 2016), o con l’accordo «prospettiva generale Ticino» (dicembre 2016), la dichiarazioni di intenti (dicembre 2017) o, dulcis in fundo, con i messaggi ora al vaglio dei legislativi (Parlamento e Consiglio comunale), che pongono, se accettati, il sigillo definitivo sullo «sfratto» delle OBe dallo storico sito senza una plausibile e oggettiva motivazione dimostrabile coi fatti: rendendo per esempio pubblici, anche per le OBe, i risultati dell’analisi dei 27 criteri di valutazione come fatto parzialmente (vista l’assenza di dettagli) per Giornico, Lodrino e Arbedo Castione.

 

L’ubicazione non deve assolutamente essere (come si vuole far credere) un pretesto per concedere definitivamente alle FFS la libertà di non rispettare quanto prospettato mediante gli accordi sottoscritti. Bisogna essere coscienti che così facendo si partecipa formalmente a decretare il via libera allo scenario del declino programmato (che volevamo scongiurare con l’accettazione del progetto del CdC), consapevoli che, oltre allo “sfratto” dall’attuale sito, si sottoscrive pure l’adesione per la cancellazione, alle OBe, del 75% dei posti di lavoro, la completa dipendenza alla divisione viaggiatori (precluso quindi il mercato merci e privato, ecc.) e lo stralcio definitivo degli impegni sottoscritti (sviluppo delle attività e dei posti di lavoro alle OBe) inerenti il CdC per la mobilità sostenibile.

 

Ecco, in sintesi, anche il perché della nostra decisione di riattivare l’iniziativa popolare, anche se il suo “funerale”, secondo le nostre lodevoli istituzioni politiche, doveva già essere (poiché degnamente supplito da vincolanti progetti), celebrato da tempo (vedasi il messaggio Consiglio di Stato del 18 febbraio 2014).

 

Molto ci sarebbe ancora da dire e scrivere, a questo punto però, per ovvie ragioni di spazio, mi fermo ponendo la seguente domanda: alle attuali condizioni, chi di voi sarà coerentemente pronto ad alzare la mano per dire di sì a quest’aleatoria prospettiva presentata dall’equipe FFS Cantone e Città? Io di sicuro non ho alcun dubbio nel dire no, non ci sto!