“L’oppressione non è riformabile”. Intervista a Jean Ziegler

di Red

 

A 84 anni, Jean Ziegler sembra infaticabile. Il sociologo, già professore all’università di Ginevra e consigliere nazionale del Partito socialista, ex-relatore speciale sul diritto all’alimentazione per il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, torna a rivolgersi ai giovani con un nuovo libro pubblicato quest’estate presso le edizioni Seuil.

Dopo La fame nel mondo spiegata a mio figlio (1999), è ora il momento di Le capitalisme expliqué à ma petite-fille, en espérant qu’elle en verra la fin (Il capitalismo spiegato a mia nipote, sperando che ne vedrà la fine).

 

 

Eterno ottimista che non risparmia uscite sorprendenti, Ziegler si è messo a disposizione dei giornalisti del quotidiano ginevrino Le Courrier per una lunga intervista, nella quale sono discussi i temi trattati nella sua ultima opera. “Non ero troppo d’accordo con il sottotitolo,” ha confidato ai suoi intervistatori, “perché spero di vederne la fine con i miei occhi.” Perché per Ziegler, non si può scendere a compromessi con il capitalismo, bisogna “distruggerlo”.

 

Vi proponiamo quindi una traduzione di questa ricca intervista, nella quale Ziegler illustra diverse idee con le quali siamo in sintonia. In ragione della sua lunghezza, abbiamo deciso di dividere il testo in tre parti che saranno pubblicate a scadenza settimanale. Buona lettura!

 

 

 

Intervista a cura di Christophe Koessler, per Le Courrier.

 

 

Perché ha deciso di consacrare un libro al capitalismo in questo momento preciso?

O distruggiamo il capitalismo adesso, oppure sarà lui che ci annienterà. È una corsa contro il tempo. Distrugge il pianeta: più di 50 000 specie animali sono scomparse nel corso degli ultimi venticinque anni. La biodiversità si riduce a una velocità incredibile. Le falde freatiche sono inquinate. L’ottobre scorso, l’Organizzazione mondiale della sanità ci informava che il 62% dei casi di cancro nei paesi industrializzati sono causati o dalla contaminazione dell’ambiente, o dall’alimentazione industriale.

Nel terzo mondo, la Terza guerra mondiale è iniziata da lungo tempo; si contano a decine di milioni le vittime di epidemie, dell’acqua inquinata e delle guerre regionali. Il capitalismo uccide una grande porzione dell’umanità ogni anno e distrugge l’ambiente. Al ritmo attuale, avremo bisogno di cinque pianeti per vivere fino al 2050. La situazione è urgente. Il mio libro si vuole come un arma per l’insurrezione delle coscienze e per liberarsi dall’alienazione.

 

Come definisce il capitalismo?

Il capitalismo è un modo di produzione e una forma di organizzazione sociale specifica, dominata da una classe determinata, storicamente definibile: la borghesia. È il regno del capitale sulla volontà umana. È l’accumulazione del plusvalore da parte dei detentori di capitali. La proprietà privata dei mezzi di produzione implica il fatto che il lavoratore deve vendere la sua forza lavoro al proprietario, che in cambio gli dà un salario. Estrae così il plus-valore: la differenza tra i costi indotti dalla produzione (salario, macchine, materie prime) e i guadagni realizzati dal proprietario sul mercato al momento della vendita. Questa differenza è intascata dal capitalismo, non è redistribuita.

Questo capitale ha tendenza alla monopolizzazione, alla multinazionalizzazione e alla massimizzazione del profitto, i tre vettori del suo sviluppo, tramite l’uso della forza, la concorrenza e l’eliminazione.

 

Perché rivolgersi ai giovani in particolare?

Molti di loro sono profondamente preoccupati. Accettano sempre meno le gerarchie, il sapere rivelato e l’autorità. Questo rappresenta un enorme progresso. Allo stesso tempo, si trovano senza riferimenti in questi società mediatica di una superficialità totale.

Quello che gli serviamo come spiegazione del mondo, e quindi della loro vita e del loro destino, non ha senso. Sono confrontati all’orrore di un mondo senza significato. È la cosa peggiore che possa esister. Non capire perché si è qui, a cosa serve la storia, a cosa serve la propria vita. Sanno bene di essere dotati di una coscienza della propria identità, una coscienza consustanziale, che è alienata dal capitalismo. Questo coscienza che dice: “Io sono l’altro, l’altro è me.” Ogni essere umano, quali che siano le sue concezioni etiche o religiose, la sua età o il colore della sua pelle, quando vede un bambino sofferente davanti a sé, è portato a condividere questa sofferenza.

Le pratiche collettive e individuali che derivano da questa coscienza sono la solidarietà, la reciprocità e la complementarietà. Ora, il giovane è confrontato a un mondo dove si fa della solidarietà un delitto (il riferimento è al movimento di solidarietà con i migranti, che è attualmente criminalizzato nella Francia di Macron, ndr). Gli diciamo che conta solo la concorrenza. I giovani capiscono bene che c’è qualcosa che non va. E cercano…

 

Che cosa la colpisce di più del capitalismo contemporaneo?

L’attuale straordinaria creazione di ricchezze è accaparrata da una piccolissima oligarchia, in particolare quella che detiene il capitale finanziario. Secondo il rapporto della Banca mondiale per il 2017, le cinquecento più grandi società transcontinentali private, banche comprese, controllano più del 52% del prodotto mondiale lordo. E sfuggono ad ogni controllo, che sia statale, interstatale, sociale e sindacale! Non hanno che una strategia: la massimizzazione del profitto nel tempo più breve possibile, indipendentemente dai costi umani. Ogni idea d’interesse generale o di bene comune è assente. Queste imprese detengono più potere di qualunque imperatore, re o papa della Storia.

Tutto ciò porta a una monopolizzazione della ricchezza. L’anno scorso, gli otto miliardari più ricchi detenevano la stessa fortuna di 3,6 miliardi di persone sul pianeta. In questi ultimi cinque anni, i super-ricchi (le persone che detengono più di 10 miliardi di dollari ciascuna) hanno visto le loro fortune crescere del 21%, mentre le risorse dei più poveri, cioè la metà più povera dell’umanità, sono diminuite del 18%. Ogni cinque secondi un bambino di meno di 10 anni muore di fame o delle sue conseguenze immediate. Due miliardi di essere umani non hanno un accesso regolare all’acqua potabile.

Il capitalismo crea quindi un ordine che cannibalizza il mondo, una dittatura delle oligarchie del capitalismo finanziario globalizzato.

 

Certe persone vedono in questo “ordine” un prezzo da pagare per i “benefici” del capitalismo, il dinamismo e la creatività che favorirebbe…

Quest’ordine omicida è assurdo. Per la prima volta nella storia, non c’è più una “mancanza oggettiva”. Marx credeva che questa mancanza, vale a dire il disequilibrio tra i bisogni insopprimibili e i beni disponibili per soddisfarli, avrebbero continuato ad esister per diverse generazioni a venire. Oggi è tuttavia vinto. L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) ci indica che l’agricoltura attuale potrebbe sfamare normalmente senza problemi 12 miliardi di esseri umani, vale a dire quasi il doppio della popolazione mondiale. Ciò significa che ogni bambino che muore a causa delle fame è assassinato. Non c’è alcuna fatalità.

 

Perché piuttosto non riformare il capitalismo per renderlo più “umano”?

I sistemi di oppressione non sono riformabili. Si pensi per esempio a quelli che hanno preceduto il capitalismo. La schiavitù è durata per 355 anni. Quarantun milioni di persone sono state deportate. Allora era inimmaginabile di concepire un miglioramento della schiavitù. O si accetta l’uguaglianza tra gli uomini, o se ne considerano certi come delle mercanzie. La schiavitù doveva sparire e la cosa ha richiesto molto tempo. Gli antischiavisti erano descritti come dei romantici che rovinavano l’economia delle colonie.

Allo stesso modo, gli insorti della Rivoluzione francese non avrebbero potuto accordarsi con il re per avere meno feudalità, meno schiavitù. E la dominazione maschile, può essere riformata? No, la donna deve essere uguale all’uomo. Il capitalismo a sua volta non è riformabile: o l’estrazione del plusvalore continua, e le oligarchie sfuggono a ogni forma di controllo collettivo, e distruggono il pianeta, o si instaura il regno del bene comune.

 

Eppure, a sinistra molti credono al riformismo. Ciò ha funzionato relativamente bene in Europa dopo il 1945…

Sì, perché ci sono degli arcipelaghi, degli isolotti di benessere materiale, come la Svizzera. L’oligarchia deruba a tal punto i paesi del terzo mondo che può permettersi di concedere qualche elemosina. Alcuni sono risparmiati provvisoriamente. Ma abbiamo a che fare con una dittatura mondiale, alle oligarchie del capitale finanziario mondializzato. È una tirannia feroce e universale che dev’essere spezzata. L’oligarchia non permetterà delle riforme che cambino seriamente lo stato delle cose. Questi signori hanno bisogno di schiavi. Ma l’alienazione è talmente ancorata in noi… Molte persone vedono il capitalismo come un ordine naturale.

 

Lei non potrebbe essere considerato un utopista?

Culliamo tutti un’utopia. Una delle cose che detesto di più, però, è che mi si tratti d’idealista. Io sono un materialista dialettico. La storia delle rivoluzioni ci insegna che l’“utopia”, il desiderio di vivere qualcosa di completamente diverso, progredisce poco a poco nelle coscienze. Sappiamo con chiarezza cosa non vogliamo: la fame, la guerra e i mercanti d’armi. Sappiamo anche quello che vogliamo, quali sono i nostri valori. L’unico mistero è l’incarnazione: a quali condizioni l’idea di giustizia che portiamo in noi diventa una forza materiale? Quando si produrrà? Nel corso della mia esistenza, o quella di Zohra, mia nipote? E in che modo? Quale sarà il conflitto finale che il capitalismo non sarà più in grado di gestire?

 

 

 

 

 

 

Fonte: Le Courrier, 21 giugno 2018

Trad. it.: Damiano Bardelli