L'editoriale
Il prossimo 26 settembre sottoporremo alla discussione e alla decisione di un’assemblea generale, aperta a tutti coloro che si interessano di quanto stiamo facendo come Forum Alternativo, una proposta di documento, che nel frattempo verrà inviato anche a quelle forze alla sinistra del PS, Verdi compresi, che si sono dimostrate interessate ad un discorso di costruzione di un movimento alternativo, perlomeno in vista delle prossime elezioni federali nell’autunno 2019.
Questo documento, che attualmente viene sottoposto ad un’ultima correzione di tipo linguistico, dovrebbe riassumere sia il nucleo centrale della narrazione politica del Forum Alternativo che sette gruppi di proposte concrete sui seguenti temi: lavoro, salute, ambiente, socialità, educazione, rafforzamento del servizio pubblico, politica estera. Avremo sicuramente occasione in futuro di entrare nei dettagli, ma per il momento vediamo di procedere con ordine.
La nostra analisi
Non c’è ormai più dubbio che la controrivoluzione neoliberale iniziata negli anni 80 del secolo scorso ha portato ad una progressiva distruzione delle conquiste sociali raggiunte durante i “30 anni gloriosi”, grazie ad un compromesso, spesso tacito, tra padronato e sindacati: questi ultimi rinunciavano a battersi per un cambiamento del modello strutturale, in compenso ottenevano regolarmente miglioramenti economici e della legislazione sociale.
Una volta rafforzatosi, il potere capitalista, che era uscito indebolito dalla seconda guerra mondiale per la sua connivenza con le forze nazifasciste, ha buttato a mare ogni volontà di compromesso e ha realizzato la sua controrivoluzione neoliberale, che si è poi accelerata con la caduta del muro di Berlino. A livello di psicologia di massa questo evento è servito a diffondere l’ideologia dell’impossibilità di un modello alternativo a quello capitalista, mentre strutturalmente la messa a disposizione di una massa infinita di possibili lavoratori ha via via indebolito la posizione delle masse popolari. L’accelerazione della globalizzazione ha poi generato il predominio del capitale finanziario rispetto a quello industriale.
Tutto ciò ha determinato la diminuzione progressiva dei diritti sociali, l’esplosione del precariato e delle disuguaglianze sociali, la crescente mancanza di prospettiva e di speranza per i giovani, la cui situazione è più difficile e peggiore di quella dei loro genitori. Contemporaneamente assistiamo ad uno sfruttamento sempre più sfrenato dell’ambiente naturale ed ad un restringersi degli spazi democratici, tant’è vero che Angela Merkel ebbe ad osservare che oggigiorno “la democrazia è lo spazio che ci lascia l’economia”.
In questa situazione la sinistra classica, ed in particolare i tradizionali partiti socialdemocratici, si sono in gran parte resi complici delle controriforme neoliberali. Recentemente Corbyn ha magistralmente riassunto la situazione quando ad una riunione dell’Internazionale Socialista ha ammonito: “se continuerete a sostenere le privatizzazioni e le misure di austerità, in gran parte imposte dall’UE, sarete i primi responsabili dello spostamento delle masse popolari verso i movimenti populisti e xenofobi di destra”.
Anche il PSS si inserisce parzialmente in questo desolante panorama, ed è solo grazie alle armi della democrazia diretta e alle spinte dei sindacati e di raggruppamenti della sinistra radicale che si è riusciti ad evitare almeno una parte delle privatizzazioni. Infatti il PSS si è reso responsabile, tra le altre cose, dello smembramento delle PTT e dell’ultima revisione della LAMal, la quale ha portato ad un finanziamento anti-sociale delle prestazioni ospedaliere oltre che al sussidiamento delle cliniche private, cosa che in Ticino costa la bellezza di 130 milioni all’anno alle casse dello stato.
Di fronte ai successi della sinistra radicale in buona parte dell’Europa (da Mélenchon a Corbyn), è evidente che anche in Svizzera diventa urgente ricostruire un movimento alternativo rosso-verde, che possa ridare speranza alle nuove generazioni e portare ad una rinascita delle prospettive socialiste. Della situazione ticinese abbiamo spesso parlato in questi Quaderni e non ci ripetiamo. Ricordiamo qui solo, a mo’ di esempio, il recente comportamento di buona parte dell’establishment del PS a sostegno dei 52 milioni regalati ai superricchi.
La nostra prospettiva
Sin dall’inizio abbiamo ripetuto che non ci interessava fondare l’ennesimo partitino che possa raccogliere 1-2% del voto alle elezioni cantonali: contribuiremmo solo ad un ulteriore frazionamento del fronte progressista e l’esperienza italiana rappresenta un ammonimento che non può essere ignorato.
Abbiamo sempre sostenuto che il rilancio di una sinistra combattiva deve partire al di fuori delle aule del parlamento, confrontandosi con i problemi giornalieri in un paese, nel quale la precarietà, l’aumento dei casi in assistenza, la povertà evidente o nascosta e l’ingiustizia sociale sono indici in costante crescita. Stiamo quindi preparando iniziative concrete (sportelli giuridici, sportelli sanitari, etc.) ed anche in futuro non rifuggiremo da azioni dimostrative, come fu quella da noi organizzata con l’occupazione di Adecco.
Sappiamo però che oggigiorno non si va da nessuna parte senza una presenza crescente nei media e quindi nell’opinione pubblica e che ciò passa spesso per uno scontro elettorale, possibilmente vittorioso. Avendo rinunciato, anche per la decisione antidemocratica del Gran Consiglio di non permettere congiunzioni tra le liste, a scendere in campo a livello cantonale, abbiamo pensato di concentrarci sulle Federali di ottobre 2019. In questo senso abbiamo iniziato colloqui con tutte quelle forze, compresi i Verdi, che potrebbero essere interessate ad una lista comune, che per evitare il tranello del voto utile, potrebbe poi avere una congiunzione tecnica con quella del PS. Così facendo, secondo noi, si dovrebbe strappare perlomeno un seggio alla destra, seggio che potrebbe essere decisivo per la costituzione di un gruppo di sinistra radicale a Berna. Se ciò non fosse realizzabile, andrebbe a rafforzare l’opposizione al governo aderendo al gruppo dei Verdi.
Come base di discussione per una simile alleanza, il documento che sottoporremo all’assemblea generale del 26 settembre contiene una serie di proposte concrete. Ne citeremo solo alcune: abolizione del lavoro interinale, generalizzazione dei contratti collettivi, misure coercitive per difendere territorio e ambiente, cassa malati unica con premi proporzionali al reddito e alla sostanza, abolizione dei sussidi alle cliniche private, rafforzamento dell’AVS grazie a prelievi sulle grandi fortune e sulle transazioni, reddito di cittadinanza che includa il riconoscimento economico del lavoro domestico e di care, parità di diritti nelle coppie eterosessuali ed omosessuali, misure concrete per rafforzare il servizio pubblico, opposizione ad ogni forma di integrazione all’UE, lotta all’imperialismo. Nel definire queste proposte siamo partiti dai bisogni degli strati popolari, tenendo presente la possibilità di sviluppare nuove forme di mutualismo e di gestione cooperativa dell’economia, anche in base ai principi dell’autogestione.
I prossimi passi verranno decisi dall’assemblea generale del 26 settembre: è pensabile però che nel tardo autunno si organizzi una convention pubblica a cui possano partecipare tutte quelle forze politiche interessate alla nostra proposta. È evidente che questa implica anche un ulteriore rafforzamento della struttura del Forum Alternativo: non escludiamo quindi di dovere fare a breve scadenza il passo verso una nostra trasformazione in un movimento politico strutturato.
Quaderno 17 / Settembre 2018