Sindacato SISA
Onde evitare malintesi, va prima di tutto chiarito un punto: il progetto di riforma promosso in questi anni dal DECS (che non riguarda unicamente “La scuola che verrà”) è ben lontano dalle aspettative che nutriamo in quanto studenti.
In primo luogo, a preoccuparci sono numerosi aspetti dello stesso impianto delle riforme in via d’implementazione: l’approccio per competenze previsto dal nuovo Piano di studio rischia fortemente di svuotare di contenuto l’insegnamento obbligatorio e di rafforzare la selezione sociale che vi viene praticata; la possibilità di “adattare gli obiettivi” degli allievi potrebbe provocare un abbandono di coloro che si scontrano con maggiori difficoltà di apprendimento; i nuovi strumenti di valutazione (quale il famigerato “quadro descrittivo delle competenze”) rischiano di indurre un processo di “schedatura negativa” permanente degli studenti ritenuti “problematici”.
In secondo luogo, segnaliamo anche una forte inquietudine relativa al dispositivo di cui è prevista la sperimentazione: il cosiddetto “modello PLR” non fa altro che riprodurre (ed estendere ad altre materie) l’attuale sistema dei “livelli”, mantenendo invariata la discriminazione tra gli allievi; la scelta delle scuole “test” e la durata ridotta della sperimentazione (solo 3 anni invece di 4) rischiano di viziarne i risultati; l’unico criterio sulla cui base avverrà la valutazione della sperimentazione è quello delle “performance” degli studenti, senza considerare le ricadute sul loro benessere psico-fisico, sul condizionamento sociale dei loro risultati scolastici, sul loro rapporto con i saperi e con la cultura in generale; non è infine ancora chiaro quale potrà essere l’effettivo coinvolgimento delle associazioni magistrali e studentesche nel percorso parallelo e successivo alla sperimentazione.
Le garanzie fornite dal DECS su questi ultimi punti, in seguito alle sollecitazioni del Forum delle associazioni della scuola, ci paiono ancora significativamente insufficienti.
Ciò non significa però che il progetto di riforma sia privo di meriti o di proposte positive per la qualità e l’equità dell’istruzione pubblica, anzi. Molti sono i punti a favore della “Scuola che verrà”: primo su tutti, il superamento del modello segregativo e discriminatorio dei “livelli” A e B (unanimemente riconosciuto come uno strumento di selezione sociale degli allievi); l’introduzione di nuove forme didattiche (atelier, laboratori, settimane progetto) che permetteranno di archiviare il predominio dell’insegnamento cattedratico nella scuola ticinese; l’istituzione di vari momenti di studio ad effettivi ridotti (quali gli atelier o i laboratori), in funzione dei quali verrà anche rafforzato il servizio di sostegno pedagogico.
Inoltre, numerose sono state le “correzioni” adottate dal DECS in seguito alla consultazione sul progetto: tra le misure riviste o soppresse figurano il conferimento di maggiore autonomia alle sedi scolastiche (che avrebbe creato maggiori disparità tra gli istituti e portato ad una progressiva intromissione dell’economia privata nella scuola pubblica), la suddivisione in sequenze e blocchi del calendario scolastico (assicurando quindi una maggiore continuità dell’insegnamento) e l’introduzione della cartella dell’allievo nella scuola media (limitando così il rischio di “schedatura negativa” di cui sopra).
In definitiva, “La scuola che verrà” dovrebbe quindi condurre ad un maggior investimento finanziario nella scuola dell’obbligo (che il SISA rivendica fin dalla sua fondazione nel 2003), ad un miglioramento del rapporto numerico tra allievi e docenti (quantomeno in alcuni momenti della settimana) e all’introduzione di nuove modalità didattiche che potranno rendere più interessante e stimolante l’apprendimento in classe.
Sulla base di un’attenta valutazione dei pro e dei contro e del carattere provvisorio della riforma (che dovrà ancora essere discussa e approvata al termine dei 3 anni di “prova”), il SISA ha quindi deciso di sostenere la sperimentazione della “Scuola che verrà” e invita pertanto le elettrici e gli elettori a votare SÌ il prossimo 23 settembre.
Il sindacato ha però altresì stabilito di non aderire al comitato favorevole: se ci troviamo d’accordo nel denunciare le menzogne e le falsificazioni del fronte contrario (auto-elettosi paladino della scuola pubblica dopo aver promosso per anni ogni taglio e ogni tentativo di privatizzazione dell’istruzione), non condividiamo tuttavia i toni entusiastici con cui viene descritta “La scuola che verrà”.
Se la sperimentazione va sostenuta, essa è però ben lungi dall’essere la panacea di tutti i mali della scuola ticinese (e occorrerà vigilare attentamente affinché non ne produca di nuovi).