Qualche riflessione sull’autogestione...

di Bruno Brughera

 

Molti parlano in modo assolutamente negativo e denigratorio appena si pronunciano le parole Macello, Molinari, autogestione...perché reagiscono così d’impulso, così emotivamente non è dato a sapere. Eppure in 22 anni di esistenza qualcosa l’esperienza dell’autogestione avrebbe potuto e dovuto lasciare nell’opinione pubblica.

Siamo veramente in pochi a soffermarci sul reale contributo profuso tra alti e bassi dal CSOA.

 

Di cose e persone nefaste attorno a noi, nel mondo c’è ne sono eccome. Ma qui in Ticino, a corrente alternata, in prossimità di elezioni e di interessi immobiliari, i Molinari improvvisamente vengono citati e messi sotto la luce dei proiettori quasi sempre come capro espiatorio.

 

Esistono solo in negativo e quando li fanno esistere, è come se fosse caduta l’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso! Come se la situazione fosse talmente insostenibile da urgere ai ripari per proteggere beni e collettività! Dapprima amministratori che non sanno come affrontare l’argomento, provocano, lanciano il sasso sapendo bene che con la complicità di media compiacenti e per nulla intenzionati ad approfondire e interpellare la controparte, stimolano frotte di cittadini eruditi a inveire e chiedere a gran voce: basta riprendiamoci il nostro spazio! Poi intervengono esponenti politici a dar man forte con considerazioni e soluzioni.

 

Ma quanti sanno cosa ha prodotto l’esperienza autogestita? Ho avuto modo di riflettere in assemblea su questa problematica, sono emerse considerazioni che fanno trasparire anche un senso di delusione e amarezza per come non ci sia mai stato un riconoscimento. Un riconoscimento che è il punto di partenza per qualsiasi discussione e dialogo!

 

L’impegno e energie profuse per mantenere in vita una realtà in condizioni precarie è notevole. La documentazione, gli scritti, gli incontri e le serate di dibattito e informazione, nel corso degli anni, è oserei dire, monumentale... gli sforzi per mantenere una soglia di vigilanza e impegno civico e sociale anche per tematiche internazionali vanno riconosciuti.

 

Eppure se si parla dei Molinari ci si ricorda solo di episodi, di sporadici e rari eventi per certi versi deplorevoli che hanno coinvolto singoli e che solo nella dimensione di gruppo si sono permessi di compiere certe azioni.

 

Ma dei messaggi, delle problematiche, chi si ricorda, chi ne ha sentito parlare? Quando mai è stata data la possibilità di un confronto dialettico? Se scendono in piazza, ci sono subito le forze dell’ordine! Già l’ordine a noi svizzeri tanto caro, quel l’idea di pulizia di quel senso di pulito e asettico che ci sta sempre più soffocando e opprimendo con telecamere e grande fratello che deve tenere tutto sotto controllo per un artificiale senso di sicurezza... il non conoscere, il diverso crea dubbi e paure che rendono gli individui e le autorità stesse impermeabili! Essere impermeabili significa non voler conoscere e nemmeno farsi contaminare. Significa anche non dialogare e non cercare una relazione da cui può nascere un riconoscimento.

 

Riconoscere l’altro è il primo vero passo verso il riconoscimento dell’autogestione. Un riconoscimento che recentemente è avvenuto per bocca di un uomo che ha segnato la storia di Lugano. Ma questo passo lo devono fare in primis i municipali e i consiglieri comunali e le forze politiche per poi avviare una discussione a livello cantonale. Si perché qui si tratta di una realtà che va oltre i confini luganesi, si tratta di cosa d’importanza cantonale.

 

Indire un concorso di architettura senza considerare un inquilino che da anni è portatore di valori e aspetti che vorrebbero calare nel progetto, è solo un atteggiamento arrogante che disprezza realtà che non vogliono conformarsi a modelli preconfezionati.

 

Con una parola, quello che assistiamo negli ultimi anni a Lugano è una politica e un’amministrazione che nel resto del cantone definirebbero da Sbröia!