Le tre ghinee

di Manuela Cattaneo

 

“Guardate il lato buono di ogni giornata, trattate bene i vostri mariti e approfittate delle vostre vite”. Erano questi i consigli alle giovani spose degli indiani Hopi in Colorado. Un’immagine rassicurante dei rapporti uomo donna, che mi spinge a riflettere e scartabellare sui ripiani delle librerie alla ricerca di “vecchi” libri.

 

E alla vigilia della grande manifestazione del 22 settembre, in ricordo dello sciopero generale delle donne del 14 giugno 1991, contro ogni ingiustizia salariale, di diritto, di trattamento, riporto un breve excursus di letture. Possono essere letture di compagnia per questi giorni di fine estate. Ma ci potrebbero anche servire per continuare la tradizione femminile della riflessione, e soprattutto quella dell’azione. Abbiamo lottato tanto, e lo hanno fatto per noi tante, diverse donne nella storia.

In Le tre ghinee , scritto tra il 1937 e il 1938, Virginia Woolf scrive della guerra e della stretta relazione fra essa e il patriarcato. Si chiama fuori, lei “figlia di uomini colti”e chiama fuori tutte le donne che sono comunque sempre state “estranee” e marginalizzate da questo sistema di potere maschile e dai processi decisionali che lo determinano. Da fuori, non siamo in causa, ignoriamo e ne siamo ignorate. Da questa posizione, conclude la Woolf, possiamo rifondare una società nuova con un nuovo paradigma di azione contro la guerra e per la libertà. “L’unico modo in cui possiamo aiutarvi a difendere la cultura e la libertà di pensiero è difendendo la nostra cultura e la nostra libertà di pensiero”.1

 

In un interessante articolo del 1979, La ‘società delle estranee’, Rossana Rossanda ritorna su questo testo storico del femminismo e del pacifismo. E lo fa richiamando una posizione invece militante, e soprattutto cosciente, dell’essere donna; “O il potere viene spezzato oppure gridargli ‘sei ridicolo, non ci sei, non ti vedo’, non è più che l’indispettito colpo di spillo d’una signora inglese infelice”. 2

La difficoltà che le donne vivono nel ritrovare, una volta “uscite” nella società, la loro immagine e non il loro stereotipo sociale, nel ricostruire una geografia della loro storia e non una proiezione manicheista del loro essere, è ancora vivamente presente. “Al fondo di tutti i tentativi universalizzanti dell’illuminismo razionalista … rimane il sospetto che per noi qualcosa non funzioni, che la self-made woman sia alquanto improbabile, che siamo un pochino meno eguali degli altri”.3

 

E da questa mancata condizione, o mancato riconoscimento, nascono i diversi tentativi dei movimenti femministi per un’analisi finalmente non di parte della condizione femminile. Con il rischio sempre presente di essere messe all’angolo. “Ma quando anche il pensiero femminile arriva ad emanciparsi dal suo destino di subordinazione e diventa libera attività e fine a se stesso, esso non trova in sé la sua ragione di essere e gode di una finta libertà. Perché essere donna piuttosto che uomo è indifferente ai fini di quello che conta per il pensiero, dimostrare il vero e decidere il giusto.”4 .

 

Così il pensiero femminile diventa pensiero “superfluo”, distaccato dal corpo di cui si è liberato per diventare pensiero libero. Ma è qui che “quando il pensiero smette di pensarsi, dal suo lato femminile, innocente e superfluo, esso si vive come un urlo trattenuto per paura in un silenzio ormai insopportabile”. 5

 

Ed è Clarice Lispector in La passione secondo G.H . che ne rimanda la potente immagine: “Tutto si riassumeva ferocemente nel non cacciare mai il primo urlo – un primo grido scatena tutti gli altri, il primo grido, nascendo, scatena la vita … . Se urlassi scatenerei l’esistenza – l’esistenza di che? L’esistenza del mondo”.6

 

Per la dolce “società delle estranee” della Woolf, dice Rossana Rossanda che “le iscrizioni sono chiuse. Alle donne bisogna dirlo. Devono, anche se non ne hanno voglia, spellarsi le mani e demolirsi il cervello rispondendo anche loro a tutte, ma proprio tutte le domande. … Perché una cosa è certa: che per cambiare idee e cose e poteri occorre esservi vitalmente costretti. Non è un part time job . Non si fa nell’altra metà della propria vita”.7

 

 

 

1. Virginia Woolf, Le tre ghinee, (trad. italiana di Adriana Bottini), La Tartaruga, 1975

2. “La società delle estranee” in: Rossana Rossanda, Anche per me, Feltrinelli, 1987

3. Abba, Ferri, Lazzaretto, Medi, Motta, La coscienza di sfruttata, Mazzotta 1977

4. Fischer, Franco, Longobardi, et al, La differenza sessuale; da scoprire e da produrre, in DIOTIMA, La Tartaruga, 1987

5. Ibid

6. Clarice Lispector, La passione secondo G.H., Feltrinelli, 1991

7. Rossana Rossanda, Anche per me, Feltrinelli, 1987

 

 

 

 

 

Quaderno 17 / Settembre 2018