Smentiti i dirigenti dell'USS. La base sindacale non sostiene la RFFA

di Red

 

Giungono segnali confortanti dal fronte sindacale le cui organizzazioni si sono riunite negli scorsi giorni per prendere posizione sulla RFFA approvata dal Parlamento federale. Unia e Vpod, con una chiarissima maggioranza, hanno detto no alla riforma.

I delegati dell'Unione sindacale svizzera si sono schierati a maggioranza per la libertà di voto. Vengono così chiaramente sconfessati i vertici dell'Unione sindacale, a cominciare da Paul Rechsteiner e Daniel Lampart e quei sindacalisti che in Parlamento si erano spesi con decisione sostenendo questo progetto di stampo neoliberale.

 

Il segnale che giunge dalle assise sindacali è importante ed evidenzia come la base si opponga chiaramente a nuovi massicci sgravi fiscali per le aziende, che priverebbero lo Stato di enormi risorse (almeno 3 miliardi) mettendo in ginocchio il servizio pubblico e le politiche sociali.

 

Su questo terreno non possono essere accettati improbabili baratti. La posta in gioco è infatti troppo elevata e le conseguenze di simili politiche sono davvero devastanti per i salariati e la popolazione.

 

Per accrescere le possibilità di accettazione della riforma la maggioranza delle forze borghesi aveva infatti accettato dei meccanismi di finanziamento supplementare dell'AVS (peraltro pagati in buona parte ancora dai lavoratori). Ma i delegati sindacali, contrariamente ad alcuni loro dirigenti che sembrano aver smarrito la "bussola", hanno lucidamente analizzato il progetto e lo hanno giustamente bocciato!

 

Sulla decisione hanno certamente pesato due fattori: da un lato l'imponente mobilitazione che lo scorso sabato ha visto sfilare oltre 20'000 persone per le vie di Berna a difesa della parità salariale. Una mobilitazione che deve ora permettere a tutto il movimento di passare all'offensiva. Dall'altro il lacerante dibattito che aveva contrassegnato il sostegno dei vertici sindacali nazionali alla Riforma 2020. Un progetto molto controverso, che ricordiamolo, prevedeva l'aumento dell'età di pensionamento delle donne a 65 anni, e che aveva conosciuto una fortissima opposizione della base sindacale.

 

L'opposizione espressa a RFFA dal movimento sindacale evidenzia una censura rispetto al Partito socialista svizzero che ha malauguratamente accettato la riforma fortemente voluta dal suo presidente Levrat e dall'insieme del gruppo dirigente. Una pressa di posizione quella del PSS, che segue quella avuta sulla Riforma 2020, e che evidenzia il carattere social liberale di un partito ingabbiato nelle logiche degli equilibri di Palazzo e che si allontana sempre più dalla difesa degli interessi materiali dei lavoratori.

 

Sarà interessante capire come si posizionerà il PS a livello cantonale. La maggioranza del partito aveva infatti sostenuto il referendum contro la riforma fisco-sociale proposta da Vitta. Una riforma che segue la stessa identica logica della RFFA, contro la quale ci eravamo battuti sfiorando di un soffio la vittoria sfuggita per meno di 200 voti. Una sconfitta dal sapore amore da ascrivere al Consigliere di Stato socialista e al suo gruppo parlamentare che aveva sostenuto l'inciucio proposto dal Governo.

 

Ci auguriamo vivamente che il PS si batta attivamente contro la RFFA. Sarebbe l'unico modo per evidenziare un minimo di coerenza politica e per preparare le prossime future battaglie contro i nuovi sgravi fiscali annunciati sul piano cantonale da Vitta e soci. Ma l'assordante silenzio dei socialisti ticinesi su un dossier molto importante quale la RFFA da un lato sorprende e dall'altro preoccupa....