Provazioni e diktat padronali

di Red

 

A pochi giorni dallo sciopero indetto dagli edili il prossimo 15 ottobre a Bellinzona pubblichiamo il contributo di Dario Cadenazzi, responsabile di Unia Ticino per il settore dell'edilizia, che risponde ad una presa di posizione del direttore cantonale degli impresari che auspica la flessibilizzazione delle condizioni d'impiego.

La Società Svizzera degli Impresari Costruttori sta portando un duro attacco al contenuto del Contratto collettivo di settore e ha minacciato di interrompere le trattative con le organizzazioni sindacali.

 

 

 

 

Dario Cadenazzi

Sindacato Unia

 

 

Il rinnovo del Contratto nazionale mantello dell’edilizia ha conosciuto nella giornata di mercoledì la diciassettesima (!!) tornata di trattativa. Una vera “via crucis” che ha tuttavia mostrato negli ultimi mesi il vero volto degli impresari costruttori. Seguendo i dettami del presidente nazionale Gianluca Lardi (peraltro mai presente alle trattative) che reputa l’attuale contratto “ancorato nel passato”, la delegazione padronale ha presentato un proposta su più punti, introdotta da una logica vincolante di “prendere o lasciare”.

 

Un’attitudine che stride parecchio con il tanto esaltato “partenariato sociale” o con la serietà che dovrebbe foderare l’attitudine alle trattative tra i firmatari di un contratto che riguarda più di 80'000 lavoratori in questo paese.

 

Ma è il contenuto della proposta che indigna i lavoratori: con slancio ideologico, nelle intenzioni padronali si vuole portare la flessibilità a 300 ore annuali, scaricando i rischi aziendali sulle spalle dei lavoratori, si intende poter declassare lavoratori con decenni di esperienza in caso di cambio d’impresa, si vuole cancellare la possibilità di interruzione dei lavori in caso di intemperie che pregiudicano la salute, arrivando addirittura a proporre la possibilità di derogare sui minimi salariali in caso di stages fino a 4 mesi.

 

In un contesto di aperto degrado sui cantieri, fatto di esplosione dei ritmi di lavoro, di termini di consegna inaccettabili e di sottocosto strutturale a minare ogni parvenza di concorrenza leale, è pacifico intendere dove porterebbe la tanto agognata flessibilità proposta dalla parte padronale: ad una giungla ancora peggiore di quella odierna, con lavoratori impegnati “su chiamata”, dumping sulle classi salariali e ancora maggiori difficoltà di controllo.

 

Smentire la tesi portata dal direttore della Società svizzera impresari costruttori Ssic Sezione Ticino Nicola Bagnovini in un contributo (apparso mercoledì 3 ottobre su LaRegione), secondo la quale una maggiore flessibilità andrebbe a favore degli impieghi fissi è esercizio che non dovrebbe spettare solo alla parte sindacale, ma anche a quelle imprese serie che in un contesto difficile vorrebbero semplicemente regole chiare e uguali per tutti, a favorire una concorrenza sana.

 

Il roboante comunicato stampa della parte padronale che titola “i sindacati abbandonano i pensionati PEAN” non è che l’ultima delle provocazioni atte a dividere i lavoratori: una bugia colossale nella misura in cui proprio sul pensionamento anticipato le parti sono arrivate ad una sintesi calibrata e condivisa.

 

Ma il pacchetto rivendicativo proposto ai sindacati nella formula del diktat è da prendere o lasciare, poco importa se sugli aumenti salariali le parti non sono lontane o se le rivendicazioni sindacali sono state “congelate” a favorire il dialogo e una soluzione a beneficio di tutti. O flessibilità o niente.

 

Provocazioni e prove di forza cui il sindacato e i lavoratori non possono che reagire manifestando il loro dissenso e respingendo al mittente l’accusa di non essere costruttivi. Altro che maggiore flessibilità!