Elezioni in Baviera e in Belgio: dei segnali per la sinistra ticinese

di Red

 

Quello appena trascorso è stato un fine settimana di elezioni in Baviera e in Belgio. Le prime sono state presentate dalla nostra stampa come un esame per il governo di Angela Merkel, mentre le seconde sono semplicemente passate sotto silenzio. Malgrado queste semplificazioni e queste censure, entrambe forniscono delle indicazioni di cui la sinistra ticinese deve urgentemente tener conto.

 

Cominciamo dalla Baviera, dove i socialdemocratici della SPD, che governano a livello federale in coalizione con il centrodestra di Angela Merkel (quasi senza interruzioni dal 2005), hanno vissuto l’ennesima batosta storica. Dal 20% delle ultime elezioni nel 2013, risultato che ne faceva la seconda forza politica di Baviera, sono scesi addirittura al 9,5%, scivolando al quinto posto, dietro alla CSU, ai Verdi (il cui risultato è stato inversamente proporzionale a quello della SPD), al partito dei Freie Wähler e all’estrema destra dell’AfD. Nei giorni precedenti al voto era stata ventilata pure la possibilità di un’alleanza organica tra la SPD e i conservatori della CSU: lo spaesamento ideologico vissuto dai vertici socialdemocratici è dunque non solo evidente, ma anche e soprattutto preoccupante, visto che riecheggia delle scelte prese dalla SPD all’inizio degli anni ’30 e che favorirono l’ascesa di Hitler.

 

Dal Belgio, invece, arrivano segnali più incoraggianti. Le elezioni comunali e provinciali sono state infatti teatro del grande balzo in avanti del Partito del lavoro del Belgio (PTB/PVDA). Questa formazione della nuova sinistra alternativa, fieramente comunista, ha ottenuto dei risultati spettacolari in tutte le località in cui ha presentato delle candidate e dei candidati. In Vallonia, in particolare, il risultato è stato impressionante: nel parlamento comunale di Charleroi, ad esempio, il PTB ha quasi decuplicato (sì, decuplicato!) i suoi seggi, passando da 1 a 9. A livello nazionale, il partito ha più che triplicato i suoi seggi dalle ultime elezioni, avvenute nel 2012. In parallelo a questa crescita del PTB si è assistito al crollo del Partito socialista, certo meno spettacolare di quello vissuto dalla SPD in Baviera ma comunque marcato e significativo. Continua quindi la parabola negativa del PS belga, in crisi di consensi da quando si è accodato alle posizioni centriste degli altri partiti socialdemocratici europei.

 

 

Con le elezioni cantonali e federali alle porte, la sinistra ticinese non può permettersi di continuare con la politica dello struzzo e ignorare così gli ennesimi segnali inequivocabili e preoccupanti che arrivano dal resto d’Europa. Accodarsi alle logiche di quello che gli anglosassoni chiamano il “centro liberale” non è pagante. Cospirare con i partiti borghesi per mantenere uno status quo che scontenta le classi popolari e il ceto medio sempre più precarizzato è addirittura suicidario. Anziché rinnegare i propri ideali elaborando ricatti come la RFFA, i vertici socialisti dovrebbero dare corpo a quell’alternativa che queste classi chiedono a gran voce.

 

Se il referendum sulla RFFA e le elezioni cantonali dovessero confermare che il PS non è più in grado di incarnare questa alternativa, allora qualcun altro dovrà scendere in campo per far rinascere la sinistra e fermare l’avanzata della destra neoliberale e populista.