La deriva centripeta

Marco Noi I Verdi del Ticino

 

Da ormai diverso tempo il principio dell’edificazione centripeta, ovvero della densificazione, viene considerato un imperativo nella pianificazione del territorio.

È utile ricordare che questo principio è stato introdotto qualche anno fa nella Legge federale sulla pianificazione del territorio (LPT) per evitare la proliferazione diffusa dell’edificazione allo scopo di salvaguardare le basi naturali della vita (acqua, suolo, aria, boschi, biodiversità, resilienza, …).

 

La LPT, pur avendo l’intenzione di proteggere la natura che ci nutre (aria, acqua e cibo), possiede una grossa pecca: non definisce una soglia di carico massimo, ovvero, un limite oltre il quale l’edificazione complessiva deteriora in maniera irreparabile gli ecosistemi che governano i cicli di acqua, aria, suolo, boschi, … Questa grande mancanza, legittima chi non vuole vedere il senso profondo della legge, a pensare che basta edificare verso l’alto, densificando l’edificato, per essere “sostenibili”.

 

Quello del “carico massimo” è un concetto semplice ed intuitivo. Se ho un campo da calcio coltivato a orto con accanto un edificio con persone che vivono di questo orto, non posso pensare di poter alzare l’edificio all’infinito, poiché la produttività del campo e la sua capacità di metabolizzare gli scarti non è infinita, ma permette di nutrire e riassorbire scarti fino ad una certa soglia. Spesso si usa l’analogia con il carico massimo di una nave, oltre il quale la nave affonda. Questa limitatezza delle potenzialità della natura, fanno sì che l’indice di sfruttamento di un terreno sia limitato.

 

Malgrado ciò, noi assistiamo all’esasperazione del concetto di “centripetismo”, di densificazione e sfruttamenti degli indici, senza una minima riflessione sul limite oltre al quale il sistema crea deformazioni, degrada o addirittura collassa. L’innalzamento dell’indice di sfruttamento (fratello siamese dell’innalzamento della produttività) si erge a nuovo idolo della pianificazione (ma non solo!), fregiandosi nel contempo in maniera subdola del marchio di sostenibilità, di qualità ecologica e sociale.

 

Basta ascoltare la retorica politica, che condisce progetti pantagruelici con termini come “socialmente” ed “ecologicamente” sostenibili, ad “alto valore aggiunto”, “grande qualità di vita” e via dicendo, semplicemente per imbonire l’opinione pubblica.

 

È bene ricordarsi che in un sistema con risorse finite il valore che viene aggiunto di qua viene semplicemente tolto di là (vedi indice di Gini, creditori e debitori). Si aggiunge al centro, si toglie in periferia (vedi centri e valli). Si aggiunge sopra, si toglie sotto (vedi settore primario e settore terziario oppure padronato e dipendenti).

 

È interessante poi che nessun politico ricorda che la LPT con l’art. 1 cpv.2c, proprio per evitare la deriva centripeta, si premura di “promuovere la vita sociale, economica e culturale nelle singole parti del Paese e decentralizzare adeguatamente l'insediamento e l'economia”. Ma si sa, quando ci sono in giro le rendite di posizione i buoni propositi vanno a farsi benedire.