Trumpland, Luca Celada - Manifesto libri

di Franco Cavalli

 

Scheletri e fantasmi dell’America nazional-populista. Luca Celada, giornalista e documentarista, è stato per oltre 20 anni corrispondente della RAI da Los Angeles. Scrive attualmente regolarmente per il Manifesto ed i nostri Quaderni ne hanno già pubblicato due contributi. In questo libro snello di poco più di 125 pagine, egli cerca di dare risposta ad una domanda che quasi tutti si fanno: “come mai questo energumeno ha potuto arrivare alla Casa Bianca?”.

A questa domanda cerca di dare una risposta facendo contemporaneamente un bilancio dopo un anno dall’inizio dell’era Trump.

 

Luca Celada lo fa rispolverando precedenti paranoie xenofobe o addirittura eugenetiche sull’immigrazione nella storia americana, a cominciare dal Chinese Exclusion Act, che nel 1882 sbarrava la strada agli immigrati cinesi dopo averli sfruttati per costruire la ferrovia transcontinentale, o di simili provvedimenti contro italiani, irlandesi ed est-europei.

 

Nel suo instant book Celada insiste parecchio sul fatto che la presidenza Trump si ricollega a tutto un filone legato a istinti primari ancora molto diffusi a livello popolare e che rappresenta quindi un revival del suprematismo originario che scorre ancora profondo nelle vene del paese. Non per niente questo rigurgito avviene dopo la deludente, imperfetta ma da molti razzisti bianchi odiata presidenza di Barack Obama ed è quindi l’espressione di quella tensione fra l’illuminismo progressista, che sta alla base dell’Unione, e quegli istinti retrivi, retaggio integralista dei profughi religiosi, che avevano permeato le colonie nel Nuovo Mondo.

 

Luca Celada insiste molto nella sua narrazione sull’importanza delle fake news, dell’offuscamento sistematico di date e di fatti. E già nel primo capitolo cita in proposito ciò che scriveva Hannah Arendt in “Le origini del totalitarismo”, quando sottolineava che “il soggetto ideale del potere totalitario non è il nazista convinto o il devoto comunista, ma la gente per cui la distinzione tra fatti e finzione, fra vero e falso, ha cessato di esistere”.

 

Purtroppo questa presidenza non è solo inimmaginabile, come l’aveva definita il New York Times, ma è soprattutto pericolosa, tenuto conto che Donald Trump può accedere senza nessun controllo o ritegno all’arsenale nucleare di gran lunga più grande del mondo. Non per niente Noam Chomsky ha ripetutamente detto che in questo momento il Partito Repubblicano è l’organizzazione più pericolosa del pianeta.

 

Nel libro viene spesso sottolineato come, nonostante gli aspetti molto volte folkloristici, bisogna evitare di pensare che questa presidenza sia solo un’anomalia o qualcosa di facilmente riparabile, in quanto dietro al nazional-populismo trumpiano si nascondono le manovre del capitale finanziario, che intravvede qui l’opportunità di abrogare definitivamente quel poco che resta del New Deal. E questo appetito cannibalico dell’1% che domina gli Stati Uniti non si placherà neanche dopo l’incredibile Tax Plan di Trump (regalo ai miliardari di vari logaritmi superiore ai 52 milioni regalati da Vitta ai nostri super-ricchi), tant’è vero che l’abisso fra Wall Street e la massa dei cittadini statunitensi diventa sempre più drammatico. Ed una delle conseguenze di questa esplosione delle disuguaglianze, è il fatto quasi incredibile che gli Stati Uniti negli ultimi due anni sono stati uno dei soli 5 paesi (gli altri sono Afghanistan, Somalia, Siria e Yemen!) dove l’aspettativa di vita è diminuita.

 

La questione fondamentale posta dal libro, a cui però non c’è una chiara risposta, è se le componenti sane della società americana, in particolare le sinistre antirazziste, sindacali, le minoranze, gli immigrati, i giovani galvanizzati da Bernie Sanders, o il rinato movimento femminista avranno la forza di reagire e di riportare il paese più potente del mondo su una strada che possa evitare la catastrofe. Se ciò potrà avvenire in modo pacifico o se sarà piuttosto necessaria una svolta conflittuale, che avrebbe già potuto esserci durante la presidenza Obama, rimane la domanda angosciosa senza risposta, che bisogna però porsi chiaramente in questo momento.

 

 

 

 

 

Quaderno 17 / Settembre 2018