Cardiocentro, ovvero i colpi di coda della casta luganese

di RedQ

 

I lettori non ce ne vorranno, se ci ripetiamo: siamo stati i primi a sottolineare che la battaglia per impedire il rientro, come previsto da tutte le convenzioni sottoscritte, del Cardiocentro nell’EOC nel corso del 2020, sarebbe diventata la “madre di tutte le battaglie” tra la sanità pubblica e quella privata in Ticino.

Non è che ce ne facciamo un vanto particolare, anche perché era molto facile prevederlo, considerando le forze economiche e politiche che sostengono il Cardiocentro quale “esempio della sanità privata da contrapporre al servizio pubblico”. E queste forze vanno dal gruppo Borradori all’UDC, da Giorgio Giudici alla destra liberale, dalla Redazione del CdT (anche se su questo punto la Proprietà sembra non essere proprio d’accordo…) alla destra PPD. In pratica quindi tutta l’oligarchia politico-economica che conta….

 

A questa casta era molto bruciata la sconfitta patita nella votazione popolare del giugno 2016, quando con la revisione della legge sull’EOC si pensava di aprire la porta alla creazione di società anonime, tra pubblico e privato, di cui quella tra EOC e Fondazione Cardiocentro avrebbe dovuto essere l’esempio paradigmatico. Ma di questo, durante il dibattito che precedette la votazione, non se ne parlò, anche perché si voleva preparare il terreno passando l’acqua bassa: sin d’allora noi identificammo nel Cardiocentro la “preda preferita” di questa revisione della legge e non sicuramente una possibile società anonima tra Ospedale di Locarno e la Clinica Santa Chiara, come invece si cercò di farci credere.

 

Ma il responso delle urne fu chiaro e per molti sorprendente: quasi 2 ticinesi su 3 dissero no a questa manovra di privatizzazione dell’EOC.

 

 

 

Iniziativa popolare, ovvero si tenta la rivincita

 

Non ritorneremo, perché ne abbiamo ampiamente discusso nei numeri precedenti, sugli antefatti: dagli accordi chiarissimi e volontari, che come compenso del diritto di superficie su cui costruire il Cardiocentro prevedevano l’integrazione della struttura entro il 2020 in EOC, al tentativo pacchiano di destabilizzare le strutture decisionali dell’Ente Ospedaliero, l’unico organo che potrebbe legalmente rinunciare agli accordi presi.

 

E ci riferiamo qui al fatto che da anni il Cardiocentro aveva preparato il tutto, facendo dimissionare Paolo Sanvido (prima legato alle loro strutture), per poi dopo averlo fatto eleggere in Gran Consiglio, spingerlo alla nomina di Presidente del Consiglio di amministrazione di EOC. Purtroppo per il Cardiocentro Paolo Sanvido, dopo aver preso atto di tutti gli aspetti del problema, si è schierato con molto coraggio a favore del rispetto dei patti convenuti, diventando così ora anche per ammissione dei vari capoccia del Cardiocentro, il loro nemico numero uno.

 

Con il lancio ora dell’iniziativa popolare (nel frattempo la raccolta firme è riuscita), che grazie ad una modifica della legge su EOC prevedrebbe la gestione “in assoluta autonomia” del Cardiocentro attraverso una nuova Fondazione, in cui naturalmente loro avrebbero la maggioranza dei seggi, la casta luganese che gestisce il Cardiocentro ha chiaramente due obbiettivi.

 

Da una parte tenta la rivincita contro la sconfitta di due anni fa: se si riuscisse a fare accettare questa “eccezione”, non ci sarebbe ormai nessun argomento razionale per impedire che il modello venga applicato anche ad altre realtà, come per esempio alla clinica Sant’Anna o alla Clinica Moncucco, che stanno entrambe scalpitando per poter partecipare al progetto della Facoltà di Biomedicina.

 

Il secondo obbiettivo a livello politico (su quelli più importanti, cioè i motivi economici, torneremo dopo) non è tanto di arrivare ad una votazione popolare, che potrebbero facilmente perdere, ma piuttosto di fare pressione sul nuovo Gran Consiglio che uscirà dalle elezioni dell’aprile 2019, quando entro sei mesi dovrà poi nominare il nuovo Consiglio d’amministrazione di EOC. La speranza per loro è quella di riuscire finalmente ad avere una maggioranza di membri che siano “amici del Cardiocentro”.

 

 

 

I veri motivi di un progetto che rasenta la follia

 

Marx ci ha insegnato che i discorsi ideologici servono quasi sempre a nascondere, totalmente o in grande misura, i veri obiettivi, cioè quelli economici. In questo caso abbiamo il nepotismo e le entrate finanziarie della famiglia Moccetti, gli interessi economici del presidente della Fondazione Cardiocentro Giorgio Giudici, gli interessi economici di diversi giuristi ben conosciuti che si portano a casa bei gruzzoletti per vari servizi resi. Il tutto sostenuto dall’ex- Consigliere di Stato Gigio Pedrazzini, che a suo tempo aveva “dimenticato”, quale membro del Consiglio di fondazione del Cardiocentro, di informare il Consiglio di stato dei finanziamenti ricevuti dal Cardiocentro a fronte di una richiesta milionaria di sussidi e su cui esiste un rapporto ormai dimenticato della Commissione di gestione del Gran Consiglio.

 

Senza dimenticare i vari intrallazzi, ultimamente ben documentati dal Caffè della Domenica, a proposito del progetto di un centro di ricerca al Mizar, nel quale un Cardiocentro apparentemente in difficoltà finanziarie, dovrebbe essere coinvolto per svariati milioni.

 

E mentre l’establishment del Cardiocentro giustifica il tutto con la presunta necessità di salvaguardare “una grande eccellenza”, senza mai dimostrare nemmeno minimamente perché questa verrebbe persa entrando in EOC, diversi esperti parlano di un progetto che, vista la facoltà di medicina in piena costruzione e di cui EOC rappresenta il nucleo fondamentale, rasenta la follia.

 

Anche i non esperti possono difatti capire facilmente che se, con l’esempio di quanto domanda l’iniziativa popolare lanciata dal Cardiocentro, in futuro tutta una serie di cliniche e di centri o istituti dell’EOC venissero gestiti indipendentemente e da Fondazioni diverse, ciò renderebbe la situazione assolutamente ingestibile e non sarebbe neanche più lontanamente possibile parlare di un ospedale universitario. E questo a fronte di un EOC che ha proposto a Cardiocentro di potenziare la sua struttura, includendola in un’unità di chirurgia cardiotoracica e vascolare, come capita in tutti gli ospedali universitari.

 

 

Difatti anche il Gigio di Viganello, come si dice, capisce che ci sono solo i vantaggi ad avere un dipartimento che includa non solo il cuore, ma anche i polmoni e i grossi vasi, che si trovano nella cavità toracica. È per questo che non temiamo un’eventuale votazione popolare, perché quando tutti i fatti, anche quelli forse meno confessabili, saranno sul tavolo, l’elettore ticinese saprà scegliere bene, anche se magari ha firmato l’iniziativa. Nessuno meglio di noi sa quanto sia facile raccogliere le firme per queste iniziative.

 

 

 

 

 

Quaderno 18 / Novembre 2018