Lo Stato deve investire invece d’insistere sugli sgravi fiscali

di Francesco Bonsaver

 

Professor Sergio Rossi, il 2019 si preannuncia caldo sul fronte fiscale anche a livello cantonale. Annunciando il preventivo 2019, il governo ha ricordato la seconda tappa della riforma fiscale, dopo quella approvata in maniera risicata dagli elettori ticinesi in aprile, che sarà presentata nel dettaglio il prossimo anno...

A fine estate, il consigliere di Stato Christian Vitta ha lanciato l’idea di un taglio lineare del 5% del moltiplicatore cantonale che costerebbe alle finanze pubbliche circa 60-70 milioni di franchi. Partiamo da quest’ultima proposta di Vitta. A suo giudizio, quali effetti sulla società ticinese avrebbe questa riduzione generalizzata delle imposte?

 

Un taglio lineare del moltiplicatore di imposta avrebbe delle conseguenze disastrose per le finanze pubbliche cantonali e di conseguenza per la società ticinese. I soli beneficiari di questo sgravio fiscale sarebbero le persone molto benestanti, che però non spenderebbero nel territorio ticinese quanto risparmierebbero pagando meno imposte in Ticino, considerato il loro tenore di vita già molto elevato. Le famiglie del ceto medio, al contrario, soffrirebbero notevolmente per questa riduzione lineare del moltiplicatore cantonale, perché il calo delle imposte che esse pagherebbero al fisco ticinese sarebbe insignificante rispetto al loro maggior dispendio per acquistare i beni e servizi che prima della manovra fiscale erano forniti dallo Stato. Il governo cantonale dovrebbe infatti tagliare la spesa pubblica in modo notevole a seguito delle minori risorse fiscali e questo inciderebbe sulla qualità e la quantità dei servizi pubblici per il ceto medio e quello basso della popolazione.

 

 

 

Vitta ha pure anticipato un taglio dell’aliquota di imposta sull’utile delle imprese dall’attuale 9% al 6%. Qual è la sua opinione su questa proposta?

 

Anche questa proposta farà male alle finanze pubbliche cantonali e comunali, perché le imprese che pagheranno meno imposte sui loro utili non investiranno questi soldi in maniera produttiva, visto che molte di esse già non riescono a vendere tutto quanto producono. La crisi finanziaria globale e le misure di risparmio varate durante questi ultimi dieci anni hanno ridotto ulteriormente la capacità di acquisto del ceto medio. Perciò i maggiori utili al netto delle imposte saranno parcheggiati nei mercati finanziari, da cui non sgocciola nulla nell’economia ticinese. I soli a trarne beneficio saranno gli azionisti di queste imprese, che così riceveranno maggiori dividendi a seguito dell’immissione nei mercati finanziari dei soldi che le imprese non dovranno più pagare al fisco ticinese. Anche in questo caso, lo Stato dovrà ridurre la qualità e la quantità dei servizi pubblici, a discapito del ceto medio e di quello basso della popolazione, perché le maggiori imposte pagate da questi azionisti non potranno in alcun modo compensare i minori introiti fiscali derivanti dalle imprese.

 

 

 

Parallelamente alle proposte del governo, AreaLiberale e udc hanno lanciato un nuovo pacchetto di sgravi fiscali “per ceto medio e aziende”. Sia Vitta che le destre dicono di voler aiutare il ceto medio in difficoltà. Secondo lei, come lo Stato potrebbe sostenere concretamente il ceto medio?

 

Per sostenere il ceto medio, dunque indirettamente anche l’insieme dell’economia cantonale e soprattutto le piccole e medie imprese orientate al mercato domestico, lo Stato dovrebbe aumentare la spesa pubblica in svariati campi: ci sono dei bisogni enormi per esempio nella sanità, nella socialità, nei trasporti, nell’istruzione e nella formazione continua, considerando anche le sfide della cosiddetta “quarta rivoluzione industriale”, ossia la digitalizzazione di un numero crescente di attività economiche, soprattutto nel settore dei servizi, che creerà un drammatico aumento del numero di persone disoccupate in Ticino. Lo Stato dovrebbe approfittare dei tassi di interesse al loro minimo storico a lungo termine in Svizzera per investire nell’economia e nella società del ventunesimo secolo. L’aumento del debito pubblico che ne seguirà potrà essere più che compensato dalle maggiori risorse che lo Stato otterrà sul piano fiscale a seguito del rilancio economico indotto dall’aumento della spesa pubblica.

 

 

 

Ultimamente pare andare di moda per i governanti unificare gli sgravi fiscali alla socialità nel tentativo di superare gli scogli referendari. La Riforma fiscale e finanziamento dell’Avs (Rffa) segue questa logica, dopo la sonora bocciatura in votazione popolare lo scorso anno della terza riforma dell’imposizione delle imprese. È giusta questa strategia e, soprattutto, che cosa pensa della Rffa?

 

Legare gli sgravi fiscali alla socialità è uno specchietto per le allodole: lo scopo è soltanto quello di ottenere il consenso politico da parte dei partiti di sinistra e del loro elettorato. In realtà, una volta attuata la Rffa, si scoprirà che i pretesi benefici per le politiche sociali indotti dalla riforma fiscale si riveleranno insignificanti per le persone bisognose. Queste persone, come molte del ceto medio, si troveranno confrontate con un calo del tenore di vita a seguito della riduzione della spesa pubblica che sarà decisa per far quadrare i conti a fronte delle minori risorse fiscali dopo la Rffa.

 

 

 

Da anni, il mercato del lavoro ticinese è caratterizzato da una forte pressione al ribasso sui salari, dovuta alla possibilità per il padronato di assumere personale a basso costo che porta a effetti di sostituzione del personale residente nel Cantone. C’è chi propone deduzioni fiscali per le aziende che hanno personale residente. È la via giusta?

 

Più che permettere delle deduzioni fiscali alle imprese che hanno del personale residente, si deve permettere delle deduzioni fiscali alle aziende che versano dei salari sufficienti per vivere senza affanno in Ticino, considerando le qualifiche e le competenze del personale occupato dalle imprese nei diversi rami di attività. Si deve anche incentivare fiscalmente le imprese ad assumere, con dei contratti a tempo indeterminato, i giovani diplomati in Ticino, soprattutto nell’ambito della formazione professionale, che dovrebbe essere valorizzata maggiormente dalle famiglie, dai datori di lavoro e dalla pubblica amministrazione in questo Cantone.

 

 

 

Al prezzo di numerosi risparmi sulle fasce più deboli della cittadinanza (politica familiare, sussidi cassa malati), i conti della Repubblica del Canton Ticino sono tornati a far registrare un avanzo di esercizio. I partiti di destra vorrebbero utilizzarlo soprattutto per nuovi sgravi fiscali. Ci sarebbe un’altra opzione per usare le risorse statali?

 

Gli sgravi fiscali lineari sono controproducenti quando l’economia va male e sono inutili quando l’economia va bene. Se lo Stato ha un avanzo di esercizio, vale a dire che le risorse fiscali superano la spesa pubblica, deve usare questi soldi per ridurre il debito pubblico soltanto quando quest’ultimo non è sostenibile rispetto alla traiettoria di sviluppo dell’economia. Ciò non essendo il caso del Canton Ticino, l’avanzo di esercizio della finanza pubblica cantonale deve essere allora investito per rinforzare il tessuto economico e aumentare la coesione sociale in Ticino. Nel lungo periodo, lo Stato dovrebbe attuare una politica economica anti-ciclica, ossia spendere più di quanto incassa quando il sistema economico è in difficoltà – come in questo decennio di crisi – e registrare degli avanzi di esercizio solo quando l’economia va bene. Se lo Stato incassa più di quanto spende quando l’economia va male, come è il caso ora del Canton Ticino, ciò fa male sia all’economia sia alla società di questo Cantone. L’ideologia neoliberista non ha alcun fondamento scientifico sul piano macroeconomico e deve perciò essere abbandonata da chi è chiamato a fare delle scelte di politica economica per il bene comune.

 

 

 

Usciamo dalle logiche neoliberiste e proviamo a immaginare come si potrebbe utilizzare lo strumento della fiscalità per orientare la politica economica cantonale. In che modo si potrebbe usare la fiscalità se inserita in una visione di società futura, seppur limitata al territorio cantonale?

 

Gli incentivi di natura fiscale sono uno strumento utile di promozione territoriale, quando sono usati responsabilmente e con l’intenzione di indirizzare l’azione economica individuale verso gli obiettivi strategici per lo sviluppo sostenibile nel tempo ed equilibrato nello spazio. Si potrebbe per esempio incentivare i giovani a svolgere una formazione di carattere tecnico-scientifico, aiutando finanziariamente gli studenti nel campo delle nuove tecnologie e quelli nelle professioni dell’artigianato e dell’ingegneria, permettendo inoltre alle imprese che mantengono in organico dei lavoratori “senior” di beneficiare di sgravi fiscali mirati a questo scopo. Si potrebbe anche permettere ai contribuenti di detrarre nella dichiarazione dei redditi la totalità delle spese effettuate per la mobilità sostenibile o per i loro spostamenti con i mezzi di trasporto collettivo in Svizzera e all’estero. L’importante è di sempre fare in modo che gli incentivi fiscali portino dei risultati positivi per l’insieme della società.

 

 

 

 

Sergio Rossi,

professore ordinario di macroeconomia e di economia monetaria

nell’Università di Friburgo

 

 

 

 

 

Quaderno 18 / Novembre 2018