In Brasile “Dobbiamo riprendere il lavoro di base”

di RedQ

 

Pubblichiamo ampi stralci di un’intervista concessa da Joao Pedro Stedile, principale portavoce del Movimiento Sin Tierra alla radio Brasil de Fato il giorno dopo la vittoria elettorale di Bolsonaro. L’intervista ci è stata passata da Sergio Ferrari, giornalista a Le Courrier e da noi tradotta.

 

 

Cosa dite ai più di 46 milioni di persone che hanno votato per il candidato Fernando Haddad, che avete ufficialmente appoggiato come MST?

 

Anche se siamo ancora nel pieno della buriana dei risultati elettorali, dobbiamo cercare di mantenere una certa serenità, di non considerarci definitivamente sconfitti da questo risultato, ma di cercare di capirlo nel contesto della lotta di classe. Anche se le urne hanno dato una certa legittimità a Bolsonaro, questo non significa che è stato appoggiato dalla maggioranza della popolazione. Oltre 31 milioni di persone si sono astenute, Haddad è stato votato da circa 46 milioni: questo significa che più di 76 milioni di brasiliani non hanno votato Bolsonaro.

 

È evidente che la società brasiliana è divisa: considerando il risultato elettorale e i sondaggi che l’han preceduto, possiamo dire che coloro che hanno appoggiato Haddad sono i meno abbienti e coloro che hanno al massimo una scolarizzazione primaria. Evidentemente i più ricchi e buona parte della borghesia hanno votato Bolsonaro. C’è anche una divisione geografia molto chiara. Tutto il Nordest e buona parte dell’Amazzonia sono un polo di resistenza, che dimostra chiaramente come quella popolazione non ha nessuna intenzione di seguire il progetto fascista di Bolsonaro.

 

Mi pare però molto importante sottolineare come, al di là del risultato elettorale, l’ultima settimana ha consacrato una vittoria politica della sinistra e dei movimenti popolari. Abbiamo difatti potuto organizzare innumerevoli manifestazioni che hanno coinvolto sindacati, intellettuali, studenti, gran parte delle università. Mai prima nella storia del Brasile abbiamo avuto più di mezzo milione di donne, che hanno dimostrato nelle piazze di 360 città per dire “El fascismo NO”. Mi pare quindi di poter dire che se abbiamo patito una sconfitta elettorale, non abbiamo però avuto una sconfitta politica perché usciamo da questa elezione più organizzati, con una migliore capacità di resistenza contro l’ondata fascista che si avvicina.

 

 

 

Al di là delle bravate di Bolsonaro, sappiamo che ci sono dei limiti istituzionali chiari. Il futuro presidente ha già detto che ha l’intenzione di prendere l’MDS come esempio di un’organizzazione terrorista. Pensa che c’è realmente la possibilità che questo avvenga?

 

Se vogliamo fare un paragone, penso che il governo di Bolsonaro assomiglierà a quello di Pinochet in Cile, se non per il modo con cui arrivò al potere, sicuramente per la sua natura fascistoide. Un governo che userà continuamente la repressione e che cercherà di farci paura in ogni modo. È evidente che vorrà applicare un programma neoliberale e che toglierà ogni freno alle forze reazionarie presenti nella società. Però sono convinto che non è un programma sostenibile e che sarà impossibile crearvi attorno una coesione sociale.

 

Sicuramente con il suo programma ultraliberista, che difende solamente gli interessi del grande capitale, aiuterà le banche e le imprese multinazionali, che continueranno ad arricchirsi e ad aumentare lo sfruttamento della popolazione. Ma questo farà aumentare le contraddizioni, in quanto tutto peggiorerà: il reddito dei meno abbienti, i diritti del lavoro, le pensioni, la distribuzione della terra, la situazione dell’alloggio e del lavoro. Sono sicuro che aumenterà il caos sociale, ciò che permetterà ai movimenti popolari di riprendere l’offensiva e le mobilizzazioni di massa. Sicuramente Bolsonaro non rispetterà la costituzione: dobbiamo però essere in chiaro che per proteggerci è necessario non nasconderci.

 

L’unica cosa che potrà proteggerci è la nostra capacità di coagulare la popolazione, di continuare ad organizzare lotte di massa in difesa dei diritti, per il miglioramento delle condizioni di vita. Saranno queste mobilizzazione popolari a difenderci. Non dobbiamo avere paura: le contraddizioni che dovranno affrontare saranno molto più importanti e decisive che non le possibilità che hanno di reprimerci impunemente.

 

 

L’altra lotta che, dopo l’inizio della campagna elettorale, è passata in secondo piano: la prigionia illegale e ingiusta dell’ex Presidente Lula. Quali sono le prospettive?

 

Come tutti noi sappiamo, Lula fu sequestrato dal gran capitale e da dei giudici completamente asserviti a questi interessi (il fatto che poi il giudice che l’ha condannato Sergio Moro sia diventato Ministro di Giustizia di Bolsonaro conferma quest’analisi / nota del traduttore).

 

Loro sapevano che Lula è il principale leader popolare in grado di agglutinare tutte le forze: tant’è vero che molti che avrebbero votato Lula poi alla fine sono caduti vittime della propaganda di Bolsonaro. È per questo che non solo l’hanno imprigionato, ma gli hanno anche proibito di parlare, di dare interviste, quando qui in Brasile si permette ad ogni criminale di essere intervistato da Globo.

 

D’ora innanzi dovremo organizzare comitati popolari in tutto il Brasile per domandare la liberazione di Lula, e come sta proponendo il premio Nobel per la pace Perez Esquivel, di lanciare la proposta che Lula sia candidato a questo premio. Questo movimento potrebbe essere la base per la costituzione di un fronte popolare per la democrazia contro il fascismo.

 

Abbiamo molte lotte che ci aspettano: la lotta di classe è così ed è abbastanza simile ad un campionato di calcio che dura a lungo. Certe domeniche si perde, altre volte si vince. Il punto fondamentale è però quello di riuscire ad accumulare energie organizzando il popolo e cambiando a poco a poco la correlazione di forze nella società.

 

 

Come si ritrova la sinistra dopo questa sconfitta?

 

Sono stato molto coinvolto personalmente nella campagna e nelle ultime due settimane si è sentito un nuovo spirito: molta gente si è mobilitata per cercare di resistere al fascismo. È importante non ridurre il tutto a problemi di partito, ma capire che il punto fondamentale è la lotta di classe, dal rinnovamento di questa lotta sorgeranno nuovi leaders.

 

Un punto è stato chiarito molto bene da questa campagna elettorale: Sarà necessario rafforzare il lavoro alla base. Se negli ultimi sei mesi avessimo avuto la pazienza di andare di casa in casa, nelle grandi periferie, dove vivono i poveri e parlare con loro, probabilmente il risultato sarebbe stato diverso.

 

Dobbiamo essere bene in chiaro che la correlazione di forza non si cambia con i discorsi o con i messaggi di WhatsApp, ma occupandosi dei problemi concreti della popolazione, rilanciando le lotte contro la disoccupazione, il rincaro dell’energia, la mancanza di alloggi, eccetera. Contemporaneamente dobbiamo rafforzare l’informazione politica: molte persone sono state ingannate dalle fake news di Bolsonaro, perché in mancanza di informazione politica non hanno saputo distinguere il vero dal falso. E, dovremo anche lanciare un nuovo dibattuto di paese, cioè discutere un progetto concreto su dove vogliamo che vada il Brasile, cercando di agglutinare l’unità popolare attorno a questo progetto. Dobbiamo formulare un programma di soluzioni concrete per il popolo, perché sicuramente da parte del governo qualcosa di simile non arriverà.

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