“Quasi tutte vengono violentate”

di Franco Cavalli

 

Il calvario delle migranti centroamericane. In un mio precedente racconto di viaggio in Centro America (Quaderno 11) avevo riferito che secondo quanto mi era stato detto sia in Guatemala che in El Salvador, quasi l’80% delle ragazze e delle donne che cercano di emigrare da quella zona verso gli Stati Uniti vengono violentate durante questo viaggio, che per molte diventa un’odissea senza fine.

 

A questa percentuale terrificante aggiungevo che quasi tutte, per evitare di rimanere incinte, si fanno fare un’iniezione anticoncezionale prima di partire. Pur non avendo ragioni di dubitare della serietà delle fonti, allora mi ero chiesto se magari chi m’aveva raccontato questo stato di cose non avesse forse esagerato un po’.

 

Ora, in un impressionante resoconto della situazione delle migranti, che fanno parte della grande carovana di quasi 10’000 persone che dal mese di ottobre sta cercando di raggiungere gli Stati Uniti, dopo essere partiti da San Pedro de Sula in Honduras, Le Monde (11 novembre 2018) conferma totalmente questo dato, riportando delle dichiarazioni fatte da diverse ONG, in particolare dal movimento Meso Americano dei migranti. Anzi, secondo Andrea Gonzalez, specialista delle migrazioni e docente all’Università Autonoma di Città del Messico, questa cifra (70-80%) di donne stuprate è assolutamente realistica, perché non tutte denunciano poi quanto è loro capitato. Queste violenze capitano soprattutto durante l’attraversamento del Messico, che avviene spesso con quel treno famigerato chiamato “La Bestia”.

 

A perpetrare questi crimini sono sia le organizzazioni dei narcotrafficanti (che spesso rapiscono anche per obbligarli ad entrare nelle loro gangs i migranti più giovani) che quelle dei passatori e talora addirittura delle forze dell’ordine. Secondo diversi casi citati sempre da Le Monde, capita difatti relativamente frequentemente che gruppi di poliziotti si rendano colpevoli di stupri collettivi, dopo aver promesso alle loro vittime che almeno le proteggeranno dai narcotrafficanti, se però taceranno sull’accaduto.

 

Come riferito dalle varie ONG che si occupano del problema, la stragrande maggioranza di queste donne si fa effettivamente fare delle iniezioni di medrossiprogesterone acetato, un ormone che può bloccare l’ovulazione durante vari mesi e proteggerle così dal rimanere incinta. Popolarmente questa iniezione, acquistabile senza ricetta medica nelle farmacie, è ormai conosciuta in tutto il Centro America come “la vaccinazione anti-Messico”.

 

Per intanto l’unico vero aiuto che il governo messicano è in grado di organizzare per queste donne è l’offerta, a quelle che sono riuscite ad arrivare vicino nei pressi della frontiera statunitense, di un test gratuito per dimostrare, se a seguito di tutto quanto hanno dovuto subire, siano diventate positive al virus dell’HIV o no.

 

Queste violenze sistematiche contro le donne è uno degli aspetti più drammatici di quel fenomeno migratorio, che Trump ha sfruttato con grande cattiveria e meschinità durante la campagna elettorale accusando questa colonna di migranti di essere una accozzaglia di criminali e di terroristi.

 

Anche se in fondo queste affermazioni non sono poi tanto peggiori di quelle degli xenofobi di casa nostra, per cui i poveracci che arrischiano la vita per attraversare il deserto, farsi derubare e spesso violentare in Libia, e poi arrischiare la vita attraversando il Mediterraneo, non sono altro che degli sfaccendati che vogliono arrivare da noi per sfruttare le nostre assicurazioni sociali. E come Trump, anche questi nostri xenofobi locali usano queste menzogne anche e forse soprattutto a scopo elettorale.

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