Anche i Comuni nel loro piccolo si incazzano

Andrea Stephani, I Verdi del Ticino

 

Si potrebbe descrivere così, parafrasando il celebre libro cult di Gino & Michele, lo stato attuale dei rapporti Cantone – Comuni.

 

 

Ben 64 Municipi sostenuti dai rispettivi Consigli comunali hanno infatti sottoscritto l’Iniziativa legislativa “Per comuni forti e vicini al cittadino” che chiede, senza tanti giri di parole, lo stralcio del contributo di 25 milioni di franchi a carico degli enti locali per il risanamento delle finanze cantonali.

 

L’iniziativa però è solo l’ultimo episodio di una soap opera che ha visto, negli ultimi mesi, i due livelli istituzionali comportarsi come una di quelle vecchie coppie che non si sopportano più, logorate da anni di forzata convivenza. Ripercorriamo al volo quanto successo negli episodi precedenti di questa sorta di Casa Vianello cantonalticinese.

 

In principio fu la TUI, la Tassa sugli utili immobiliari, i cui proventi venivano in passato equamente divisi tra Cantone e Comuni. Dal 2016, inversione di rotta: si prende tutto Bellinzona e 19 Comuni insorgono, ricorrendo di fronte al Tribunale federale. Un anno dopo, tuttavia, i Comuni si ritrovano in mano la classica Peppa tencia. L’Alta corte dà ragione al Gran Consiglio, ma riconosce che “il riparto in discussione ha una lunga “tradizione” (…) e che esso aveva per i Comuni ticinesi delle implicazioni economiche rilevanti”, suggerendo che “un disciplinamento transitorio specifico” fosse preferibile ad una soppressione tout court della ripartizione tra i diversi livelli istituzionali dei proventi delle compravendite immobiliari.

 

Oltre il danno anche la beffa; qualche mese dopo la sentenza, viene approvato il Consuntivo cantonale 2017 che presenta un avanzo d’esercizio multimilionario. Alcuni Municipi – per evitare la figura dei “cornuti e mazziati” – decidono allora di scrivere al Consiglio di Stato per chiedere la rinuncia da parte del Cantone all’incasso dei proventi della TUI per gli anni 2016 e 2017, spingendosi fino a chiedere la reintroduzione della suddivisione dei proventi prevista “nell’ampio margine di apprezzamento” del legislatore cantonale, riconosciuto dal Tribunale federale. Nell’ordine scrivono a Bellinzona i Comuni di Brusino Arsizio, Tenero-Contra, Ascona, Gordola, Vacallo, Massagno, Mezzovico-Vira, Castel San Pietro, Canobbio, Locarno, Vico Morcote, Collina d’Oro, Torricella-Taverne e Mendrisio.

 

Con questi presupposti sembrava lecito aspettarsi anche solo una timida apertura da parte dell’autorità cantonale e invece… niet! Risposta fotocopia di mezza paginetta ad ogni istante, saluti di rito, arrivederci e grazie. E mettiamoci pure il carico da novanta: nel quadro della consultazione sul progetto Ticino 2020, non solo la partecipazione comunale al risanamento delle finanze cantonali viene mantenuta a fronte dei risultati positivi fatti registrare dal Cantone, ma viene addirittura “consolidata a titolo definitivo e ridefinita quale contributo di funzionamento”. Ciliegina sulla torta: il famigerato “contributo di funzionamento” aggiungerebbe altri 38 milioni di franchi sul groppone degli enti locali, intaccando tra l’altro la tanto sbandierata neutralità finanziaria della manovra.

 

E a questo punto, anche i Comuni nel loro piccolo si incazzano. I Municipi di Vernate, Canobbio e Melide lanciano l’Iniziativa citata, mentre il Consiglio di Stato si allarga troppo, chiedendo a tutti i Comuni di non firmare, e allora alcuni Gran Consiglieri interrogano a loro volta il Governo su questa grossolana ingerenza. Risultato? L’Iniziativa ottiene oltre il 50% delle adesioni e verrà sottoposta al Legislativo cantonale.

 

Proprio la ridefinizione dei compiti e dei flussi finanziari tra Cantone e Comuni sarà uno dei temi caldi della prossima Legislatura e tocca, volenti o nolenti, tutti noi. Il progressivo indebolimento degli enti locali, infatti, genera conseguenze che si ripercuotono direttamente su tutti i cittadini (soprattutto sugli anziani e sulle fasce meno abbienti della popolazione) e che si manifestano in particolare con il peggioramento della qualità dei servizi, la soppressione di sussidi e contributi comunali ed una disattenzione verso le regioni periferiche lontane dai centri (commerciali).

 

Di fronte a tutte queste sollecitazioni, una delle priorità a breve/medio termine sarà di rimettere in discussione sia il progetto Ticino 2020 che il Piano Cantonale delle Aggregazione (PCA) con il suo inquietante scenario di un Ticino a 27 Comuni. Perché, alla fine, indebolire i Comuni significa solo peggiorare la qualità di vita della popolazione, incrinando irrimediabilmente il fragile equilibrio sul quale si reggono oggi i rapporti Stato – Comuni. Anche perché, per andare d’accordo con la propria moglie, non è sempre necessario eliminare la suocera.