Sciopero giovanile per il clima: un nuovo ’68 ?

Nilo Cavalli e Carlotta Späni

 

Nilo e Carlotta, 17 anni, liceali di Zurigo. Domande e risposte sull'attuale mobilitazione studentesca in favore del clima e sulle prospettive future.

 

 

Come è iniziato il tutto, come è arrivato a Zurigo l’appello di Greta Thunberg?

 

All’inizio sono stati un gruppo di allievi della scuola Steiner, che hanno recepito questo appello di Greta. Tutto si è sviluppato molto spontaneamente: hanno creato una catena di SMS e alcuni di noi hanno pensato che era una buona idea e ci siamo accodati a questo gruppo. All’inizio eravamo veramente pochi ed avevamo l’impressione che non ce l’avremmo mai fatta. Poi il primo sciopero dei ginnasiali a Zurigo ci dette molta energia e fece esplodere la contestazione. Difatti dopo quell’evento si moltiplicarono punti d’in contro nei socials, si crearono delle chats in whatsapp, grazie alle quali oggi ci coordiniamo.

 

 

 

Cosa dobbiamo immaginarci a proposito di queste chats ?

 

Semplicemente iniziammo a mandare in giro dei links, con i quali uno poteva entrare a far parte di una di queste chats. Lì si parla di tutto, la gente si coordina, si aiuta reciprocamente, discute quando organizzare la prossima riunione e anche come reagire alle domande dei giornalisti. Semplicemente, si discute di tutto: certe volte si fa anche parecchia fatica a seguire tutto quanto viene scritto !

 

 

 

Da dove viene tutta questa energia ?

 

Io direi che c’è in giro un grande senso di insoddisfazione e di impotenza. Purtroppo per il momento abbiamo pochi apprendisti e allievi delle scuole professionali: probabilmente perché noi al liceo impariamo molto di più sui problemi climatici ed abbiamo così la possibilità di discutere su tutti i danni che stiamo provocando al nostro pianeta. Da queste discussioni ho sempre tratto un sentimento di grande frustrazione, perché non riuscivo a capire cosa potevo fare per oppormi a questo stato di cose: e penso che tanti abbiano avuto gli stessi sentimenti. Non penso che ciò sia dovuto, come spesso viene detto nei media, al fatto che molti di noi non hanno ancora 18 anni e quindi non possono ancora votare. Anche tanti che possono già votare, si sentono impotenti! Solo dopo che abbiamo cominciato a scendere nelle strade e ad organizzarci, abbiamo avuto la sensazione di non essere più da soli con i nostri problemi.

 

 

 

Quindi in fondo è dare la parola al problema ?

 

Esatto. E’ semplicemente bello poter esprimere la propria frustrazione, sfogarsi apertamente. Questo ci ha dato molta energia: nel passato avevamo l’impressione d’essere completamente impotenti, adesso sentiamo di avere la possibilità di farci sentire.

 

 

 

C’è sempre chi dice che le dimostrazioni non portano a nulla. Cosa ne pensi e perché credi che siano invece importanti ?

 

Di questo ho parlato con molti politici di sinistra o, perlomeno, di quell’area e tutti mi hanno detto che per loro queste dimostrazioni sono molto importanti, perché così si sentono sostenuti, anche per riproporre con maggior forza temi che nel passato, la maggioranza dei politici, non aveva voluto considerare. Grazie a queste manifestazioni siamo presenti nei media, la gente ne parla, forse c’è già qualcuno che comincia a vivere in modo un po’ più cosciente. E’ molto importante che grazie a queste dimostrazioni il tema sia ora presente nelle riflessioni della po polazione.

 

 

 

Ma perché proprio il venerdì? Molta gente mi chiede perché debba essere proprio durante il tempo di scuola e se non vogliate semplicemente “marinare” le lezioni. Cosa ne pensi ?

 

Naturalmente l’idea è venuta da questa ragazza 16enne che a Stoccolma da diverso tempo ogni venerdì non va a scuola, per suscitare l’interesse della gente sul problema climatico. Questa azione è diventata un po’ il marchio di fabbrica del nostro movimento, anche se adesso abbiamo già organizzato una dimostrazione anche al sabato. Semplicemente lo sciopero degli scolari suscita più interesse che una dimostrazione normale, perché di queste ce ne sono molte. Astenendoci dal frequentare le lezioni, abbiamo più facilmente potuto suscitare l’interesse generale.

 

 

 

Era dal tempo dello sciopero delle donne che non c’erano più così tanti dimostranti sulla strada come è stato il caso sabato 2 febbraio. Ne siete orgogliosi?

 

Naturalmente! Ma più che orgogliosa, sono semplicemente molto contenta che il movimento è già diventato così grande che ormai non possono più ignorarci. E se il prossimo 15 marzo riusciremo a portare in strada più gente che in occasione dello sciopero delle donne, allora tutti dovranno realizzare che questo è il problema principale con cui la Svizzera deve confrontarsi da 50 anni a questa parte e che la nostra popolazione vuole un vero cambiamento. E’ naturalmente molto bello avere la sensazione di non essere più da sola ad avere questo desiderio e questa speranza.

 

 

 

Come vedi il futuro del movimento?

 

Noi speriamo che in futuro il mondo politico si ponga il problema della sostenibilità ogni qualvolta discute di un progetto e che faccia della lotta al riscaldamento globale uno dei suoi temi principali. Naturalmente è anche molto importante che i paesi europei raggiungano quei traguardi che si erano fissati con gli accordi di Parigi. Evidentemente abbiamo richieste anche più concrete, come il fatto che Zurigo dovrebbe dichiarare lo stato d’eccezione climatico e decidere di ridurre le emissioni di Co2 a 0 entro il 2030. E, chiaramente, anche domeniche senza auto ci farebbero piacere.

 

 

 

Queste richieste sono collegate alla parola d’ordine del cambiamento di sistema?

 

Per noi è più importante capire che non si tratta di continuare ad aumentare la crescita ed il consumo, ma piuttosto di garantire un futuro sicuro alla natura. In questo senso è evidente che domandiamo un cambiamento del nostro sistema capitalista, che dà molto più importanza alla crescita economica che alla sostenibilità. Noi vogliamo rovesciare le priorità: prima devono venire la natura e la sostenibilità e solo dopo una buona economia ed eventualmente la crescita. Naturalmente nel nostro movimento ci sono tendenze chiaramente anticapitaliste, ma questa non è la posizione ufficiale dello sciopero svizzero per il clima. Noi vogliamo un cambiamento chiaro del sistema verso la sostenibilità, ma questa richiesta non è anticapitalista nel senso stretto dell’espressione.

 

 

 

Si può già parlare di un vero movimento?

 

Nelle città sicuramente si può già parlare di un movimento giovanile, mentre questo non è ancora il caso nelle campagne, purtroppo. Nelle città ogni giovane ha già sentito parlare del movimento svizzero per lo sciopero climatico o vi prende addirittura parte. Siamo organizzati, abbiamo traguardi chiari e non ci fermeremo prima di averli raggiunti.

 

 

 

Cosa bisogna fare per diventare parte del movimento?

 

Social media, instagram Sciopero svizzero per il clima: lì si possono avere tutte le informazioni sulla prossima dimostrazione, sul prossimo sciopero e i work shop che sono previsti e, naturalmente, si diventa automaticamente membro del movimento se si vive in modo sostenibile e ci si lascia ispirare da queste tematiche. E si mangia, viaggia, vive, abita in modo sostenibile. E’ qualcosa che concerne la totalità della nostra vita.

 

 

 

Mi pare un’ottima conclusione, tante grazie per l’intervista !

 

 

 

 

 

Traduzione di Franco Cavalli

Tratto da: