Una poltrona per Boris

di Eolo Morenzoni

 

La lettura di un freddo documento qual è il cda a registro di commercio, consente di conoscere l’evoluzione del clientelismo nel nostro piccolo lembo di terra. Prendiamo il caso della Fondazione Cardiocentro, la cui storia economica nasce dal capitale di un’evasione fiscale sull’isola di Jersey.

All’inizio di quella storia, correva l’anno 1995, troviamo nel consiglio di Fondazione, Luigi Pedrazzini, allora “semplice” gran consigliere e presidente del Ppd. Eletto Consigliere di Stato nel ’99, lascia la Fondazione in cui entrano il dottor Tiziano Mocceti (allora anche gran consigliere plr) e il sindaco di Lugano, il liberale Giorgio Giudici, che della Fondazione ne diventerà presidente.

 

Prima di assumere quella carica, l’architetto-sindaco presiedette la giuria degli appalti di costruzione dello stabile del Cardiocentro. Quell’appalto lo vinse un’impresa storicamente legata politicamente al Plr e in affari al sindaco-architetto, la Garzoni Sa. Un appalto vinto con un’offerta molto bassa per una costruzione di tale importanza (17 milioni), lasciando di stucco gli undici consorzi e gruppi partecipanti al concorso.

 

La vicenda dei soldi nascosti furono al centro di una polemica mediatica sui silenzi dei suoi protagonisti, in particolare del Consigliere di stato Pedrazzini, sui fondi segreti della Fondazione, proprio mentre il Parlamento decideva con quanti soldi pubblici sostenere il progetto. La questione fu poi insabbiata velocemente dalla forze politiche allora dominanti, Plr e Ppd, grazie anche all’atteggiamento stranamente silente della nuova forza emergente, quella Lega dei ticinesi, solita a sbraitare sugli intrallazzi dei “partitoni”.

 

Oggi quel silenzio si spiega leggendo il crudo documento a registro di commercio. Con l’accuirsi della battaglia politica sul futuro privato o pubblico del Cardio, ecco entrare a fine 2018 nel Cda della Fondazione il Boris Bignasca, “il bimbo minkia” come lo definì Michele Foletti. L’impietoso nomignolo immaginiamo sia riferito al fatto che il suddetto non abbia ricevuto in eredità neanche un grammo dell’astuzia del padre. L’apporto intellettuale del suddetto bimbo minkia in una struttura sanitaria definita d’eccellenza, rimane un buco nero enigmatico.

 

Più evidente invece l’apporto politico del clan familiare del bignaschino, immortalato mentre trasportava gli scatoloni delle firme dell’iniziativa per mantenere privato il Cardio, col sodale Andrea Leoni, redattore del portalino ben poco Libero e altrettanta poca tv (se non per i filmati di scuola di polizia prodotti per Gobbi e paganti dai contribuenti…).

 

 

L’attuale Cda della fondazione Cardiocentro ben illustra la realtà odierna dei nuovi potentati clan familiari ticinesi. Il bimbo minkia leghista, il liberal trentennale sindaco plr G.G, l’ex presidente pipidino Giovanni Jelmini (accompagnato dalla fiduciaria del supersindaco pipidino momo Carlo Croci in veste di ufficio di revisione) e col bollo del trapasso dinastico da padre Tiziano in figlio Dante. Se poi allarghiamo l’orizzonte alla composizione dell’associazione degli Amici del Cardiocentro, si completa il quadro del potere dei clan, degli intrallazzatori sempre pronti a darsi una mano, (meglio se finanziata dai soldi pubblici).

 

 

A venti anni dall’entrata in scena del clan Bignasca, si può affermare che tutto cambia perché nulla cambi. Basta aggiungere una poltrona al bimbo minkia.