di Francesco Bonsaver
A poche settimane dal voto , le uniche certezze delle nuove Officine sono il dimezzamento del personale e l’abbandono delle attività sui treni merci. Oggi alle Officine Ffs di Bellinzona lavorano 410 persone. Nel nuovo stabilimento di Castione, i posti saranno 220, stando alle cifre fornite dalle Ferrovie.
Per il nuovo stabilimento i contribuenti ticinesi pagherebbero 100 milioni, quelli bellinzonesi altri 20 milioni. È un affare con cui si salva la metà degli impieghi oppure si paga per auto mutilarsi della metà dei posti di lavoro? La decisione finale nelle urne il 19 maggio, quando si voterà sull’iniziativa “Giù le mani dalle officine”.
Per le autorità cantonali e comunali è l’unico affare possibile, perché altrimenti le Ffs abbandonerebbero il Ticino, costruendo lo stabilimento in un altro cantone. Per la Commissione del personale e l’associazione “Giù le mani dalle officine”, è una fregatura a cui si può porre ancora rimedio. «Il tema centrale non è il luogo dello stabilimento, ma il suo contenuto, cosa si farà all’interno e quanta manodopera sarà necessaria per svolgere quei lavori» spiega Gianni Frizzo, storico leader della vittoriosa battaglia operaia del 2008 che scongiurò la chiusura delle Officine bellinzonesi. «Da due anni stiamo chiedendo alle Ffs il piano industriale. Non lo danno». Nessuna persona sana di mente può credere che un’azienda importante come le Ffs abbia progettato un investimento da 380 milioni senza aver studiato nel dettaglio il piano industriale dello stabilimento. «Dalle scarne informazioni in nostro possesso, abbiamo elaborato delle previsioni sulla manodopera necessaria per la produzione e l’amministrazione nel nuovo stabilimento – spiega Frizzo –. Dai nostri calcoli, complessivamente saranno 100 impieghi in produzione, una ventina nell’amministrativo». Quasi un quarto dell’attuale occupazione.
Dati drammatici che farebbero evaporare anche il bicchiere mezzo pieno degli ottimisti, quelli convinti dell’affare. «I nostri calcoli sono sbagliati? Li smentiscano mostrando il piano industriale. Quello che chiediamo è un confronto trasparente sui contenuti, non sulle vaghe promesse» chiarisce Frizzo.
Visto l’importante contributo finanziario cantonale, anche la popolazione chiamata a votare sull’iniziativa “Giù le mani dalle officine” il 19 maggio, avrebbe diritto a un’informazione completa dalle Ffs. Vale la pena ricordare che le valutazioni degli operai delle Officine si rivelarono esatte quando nel 2008 affermavano che lo stabilimento bellinzonese era redditizio, mentre i manager delle ferrovie sostenevano fossero in perdita per giustificarne la chiusura. Un gruppo di esperti, ricercatori ed economisti, dimostrò poi con cifre alla mano che quanto sostenevano gli operai a livello intuitivo, era scientificamente vero: gli stabilimenti bellinzonesi non erano in perdita.
Comprensibile dunque la diffidenza del Comitato operaio nel credere alle promesse dei vertici Ffs, senza poter vedere le carte. Promesse a cui sembrano invece credere le autorità cantonali e quelle comunali bellinzonesi. A crederci, sembrerebbero anche 207 lavoratori delle Officine che hanno sottoscritto la lettera, di recente inviata al direttore generale delle Ffs Andreas Meyer e ai media. A giudizio degli estensori della lettera (due capireparto), l’iniziativa “Giù le mani dalle Officine” comprometterebbe la realizzazione del nuovo stabilimento previsto a Castione. Le Ffs, scrivono, «hanno garantito che non ci saranno licenziamenti e la formazione e la riqualifica di tutti i dipendenti alle future mansioni».
Pur dimostrando rispetto per i lavoratori che hanno sottoscritto la lettera, le affermazioni della missiva sono state contestate da Ivan Cozzaglio, presidente della Commissione del personale delle Officine Ffs a Bellinzona. «È matematicamente impossibile garantire che tutti gli attuali collaboratori possano essere impiegati nel nuovo stabilimento, così come oggi è previsto, visto che i posti sarebbero almeno la metà. Appare ovvio che quelli più a rischio sono la sessantina di interinali oggi impiegati. Lo stesso dicasi per la promessa di garanzia di formazione a tutti i dipendenti. Dalle Ffs ci aspettiamo fatti, non slogan».
Gli altri membri del Comitato del personale hanno voluto sottolineare quanto l’iniziativa non sia in opposizione al nuovo stabilimento di Castione. Gli stessi operai auspicano da tempo nuovi investimenti finalizzati a un impianto moderno adeguato alle nuove esigenze tecniche dei treni in circolazione. Ribadendo che il problema non è il luogo, ma quel che si farà al suo interno. A preoccuparli maggiormente è la volontà delle Ffs di limitare nel nuovo stabilimento la sola manutenzione dei treni passeggeri, cancellando invece il settore merci, fino ad oggi perno centrale dell’attività svolta alle Officine bellinzonesi. «È rinunciando a questa attività che forzatamente il numero dei dipendenti nella nuova officina sarà inferiore a quello attuale – ha spiegato Cozzaglio –. Andrà così persa tutta una serie di competenze professionali, il know how delle maestranze, che hanno fatto delle Officine uno stabilimento di qualità». Il presidente della Commissione del personale ha ricordato che «rinunciando al settore merci, le opportunità di crescita del nuovo stabilimento saranno fortemente penalizzate».
Votando sì all’iniziativa il 19 maggio, si aprirebbe l’opportunità per autorità e Ffs di creare un nuovo stabilimento proiettato nel futuro su solide basi, salvaguardando il numero d’impieghi attuali, hanno concluso i rappresentanti delle maestranze. A sostegno dell’iniziativa si sono schierati anche i sindacati Sev e Unia, «perché è l’unica via non solo per permettere la ripresa di tutte le attuali attività, ma anche per svilupparne di nuove nell’ottica dello sviluppo tecnologico-industriale».
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