Un’inchiesta andata in vacca

di Eolo Morenzoni

 

«Presto, come detto, si andrà a processo». Si chiudeva così il servizio alla Rsi nel settembre 2017. Il processo di cui si parlava riguardava il titolare di alcune ditte di ponteggi accusato di una lunga serie di reati: riciclaggio, amministrazione infedele aggravata, reati fallimentari, mancato pagamento di tasse e oneri sociali, minacce (con pistola puntata alla tempia).

Ai quali si aggiungono le imputazioni legate allo scandalo dei permessi falsi, dove secondo la Procura, avrebbe sfruttato degli operai stranieri. Cosucce di poco conto, insomma.

 

Titolare dell’inchiesta era nientemeno che il terrore dei fumatori di canapa e l’implacabile esecutore della scure di Via sicura sugli automobilisti, il temuto Antonio Perugini, detto anche il “Peru”. Peccato che a due anni dall’apertura dell’inchiesta, del processo non si veda l’ombra.

 

Anzi, il contribuente rischia pure di pagare dei risarcimenti all’indagato. Nei corridoi della giustizia, si mormora che potrebbero essere importi piuttosto elevati. Il merito è tutto del Peru, per aver condotto l’inchiesta col culo. Lo ha stabilito la Corte dei reclami penali, evitando l’uso dei francesismi, ma definendoli in termini altrettanto chiari: errori gravi.

 

Il nostro si è dimenticato di ordinare l’elenco dei beni di cui ha ordinato il sequestro, così come si era pure scordato di motivare perché avesse deciso di sequestrarli. Tutte cosucce definite dal Codice penale. La denegata giustizia, o l’incompetenza del Peru, riconosciuta in tre circostanze dalla Corte dei reclami penali, rischia ora di costare cara.

 

Oltre al risarcimento chiesto dall’indagato dell’impresa di ponteggi, anche il proprietario del terreno del magazzino della ditta sequestrata, sta chiedendo un rimborso. Questo perché il Ministero pubblico ha occupato abusivamente il suo terreno, impedendo così al proprietario di affittarlo a qualcun’altro.

 

Ma le avvisaglie di guai dell’inchiesta del Peru, si erano già palesate quando aveva annunciato la chiusura dell’inchiesta due anni fa, dando per imminente il processo. Il Peru aveva chiuso l’inchiesta, ma il Tribunale penale cantonale gliel’aveva rimandata in dietro perché incompleta. Questa volta il Peru si era dimenticato di allestire una perizia contabile che ricostruisse i flussi finanziari dell’imputato che il procuratore gli imputava come malversazioni.

 

 

Proviamo a riassumere: il Peru ha mandato in vacca un’inchiesta su uno dei più grossi scandali cantonale degli ultimi anni, i permessi falsi usciti dall’Ufficio migrazione del cantone. Permessi che sarebbero serviti ad alimentare la tratta di esseri umani, poi sfruttati nel ramo dei ponteggi di mezza Svizzera, arrivando vicinissimi nel mandare in rovina l’intero settore, almeno a livello cantonale, con i prezzi sottocosto da ammazza concorrenza.

 

Del Perugino era noto il suo carattere instabile, pronto ad esplodere in furibondi scatti d’ira. Lo si intuiva un attimo prima, quando nei suoi occhi balenava quell’inquietante lampo. Sovente le conseguenze erano decreti d’accusa emessi senza ne capo ne coda, ma di cui il nostro se ne infischiava tranquillamente, non presentandosi mai in aula a sostenere l’accusa da lui formulata. E così al giudice non rimaneva altro che assolvere l’imputato.

 

E se mai si arriverà a un processo nello scandalo dei permessi falsi o dei ponteggi, vi è da scommettere che anche questa volta il Peru non si presenterà, intento a godersi la sua bella e cospicua pensione. Dei suoi grossolani errori nell’inchiesta, lui se ne infischierà bellamente, mentre a pagarli saremo noi contribuenti.

 

E pensare che per un soffio, per soli sei voti di scarto, la potente banda di cui fa parte, i ciellini, stava per riuscire a promuoverlo come Procuratore generale. Stavolta il colpo gli è fallito, ma si era a un passo dall’aver una Procura a caccia di ruba galline, lasciando indisturbati i delinquenti dei colletti bianchi. Oddio, non è ancora che l’abbiamo scampata, ma col Peru vi sarebbe stata la matematica certezza.

 

Per poter continuare a dire che da noi, il sistema finanziario è sano e tutte le rogatorie per ndrangheta, evasioni, malversazioni sono solo “casi isolati”.

Perché da noi certe cose non succedono…