Franchigie e tromboni

di Franco Cavalli

 

Quanto capitato l’ultimo giorno della sessione primaverile al Consiglio nazionale mi ha ricordato che in tema di cassa malati la maggioranza borghese del parlamento ha ormai perso completamente la bussola e che d’altra parte è solo la paura della reazione popolare che può impedire a questi signori di compiere ulteriori nefandezze in questo settore.

 

Ricordo i fatti. Dopo il Consiglio degli Stati, la maggioranza borghese del Nazionale ha dapprima deciso, senza se e senza ma, un aumento immediato di 50 franchi delle franchigie minime, con l’aggiunta di un meccanismo automatico grazie al quale ogni due o tre anni ci sarebbe stato anche in futuro un aumento simile. Il Partito socialista e i Verdi hanno immediatamente annunciato che avrebbero lanciato un referendum, e da quanto ho potuto percepire dai social media, c’erano pochi dubbi su come sarebbe andata a finire in votazione popolare, anche perché ormai tutti i sondaggi indicano che gli esorbitanti premi di cassa malati sono la preoccupazione principale degli svizzeri. Ed ecco allora il colpo di scena: a sei mesi dalle elezioni nazionali e con i loro partiti in difficoltà nei sondaggi, la maggioranza dei deputati Udc e Ppd ha improvvisamente cambiato idea e ha bocciato, assieme alla sinistra, questo ulteriore aumento delle franchigie minime.

 

Questo mutamento di opinione non è sicuramente avvenuto perché nel frattempo questi signori hanno studiato i risultati di tutti gli studi condotti sul tema, che dimostrano come questi aumenti delle franchigie non servono a contenere i costi della salute, ma mettono in ulteriore difficoltà i malati meno abbienti, che tendono poi ad andare troppo tardi dal medico e a provocare quindi in seguito addirittura un aumento dei costi.

 

Che non abbiano imparato la lezione è dimostrato dall’intervento totalmente sconclusionato del capogruppo Udc Aeschi, che per giustificare l’improvviso voltafaccia si è lanciato in una diatriba contro la “LAMal socialista”, provocando in sala, secondo la sempre più compassata presidente Marina Carobbio, «un ambiente da stadio». Con Aeschi posso essere d’accordo su un solo punto: questa LAMal non può più essere incerottata, ma va completamente rivista. Non però per tornare, come vuole l’Udc, “ai vecchi tempi antichi”, ma per avere l’unica soluzione possibile per uscire da questo guazzabuglio e cioè: una cassa malati pubblica unica, finanziata con premi proporzionali al reddito e alla sostanza, e con uno stretto controllo sui guadagni troppo facili dei monopoli farmaceutici, dei medici e di altri faccendieri.

 

Se qualcuno segue regolarmente questa mia colonna, forse dirà che tutto ciò l’ho già detto. È vero, ma come dicevano già i latini, repetita iuvant. È solo battendo il chiodo che si riesce a progredire. E il chiodo è ora di batterlo, anche molto fortemente, dapprima in Ticino, dove il Dipartimento sta accumulando nei suoi cassetti una serie di iniziative popolari che vogliono risolvere problemi urgenti come quello dei costi delle cure dentarie di base e della pianificazione ospedaliera. E pensare che lo stesso Dipartimento si lamenta perché, in assenza di una situazione legislativa chiara, i tribunali hanno rimandato al mittente la pseudopianificazione ospedaliera sin qui prodotta. Ma anche a Bellinzona la maggioranza sembra aver perso la bussola, su questi e altri temi. Poi non ci si meravigli se a un dato momento ci saranno delle reazioni tipo Gilets Jaunes.

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