di Luigi Pagani, detto ul matiröö
Oggi, una rubrica un po’ diversa. Non voci o indiscrizioni, ma il sunto dei fatti di una vicenda esplicativa di quanto in questo pezzetto di terra contino sempre le grandi famiglie, il clientelismo e quale sia il prezzo dei prezzolati assoldati.
Tutto nacque da un tesoro milionario nascosto sull’isola di Jersey per motivi di evasione fiscale, il cui proprietario decise di devolvere alla realizzazione di un centro di cardiochirurgia in Ticino. Di quanto la decisione fosse sincera, ne dubitarono non poco i legittimi eredi del defunto evasore-benefattore.
Dopo la disputa legale, nacque il Cardiocentro, finanziato da una parte del tesoretto e da soldi pubblici, costruito su un terreno messo a disposizione gratuitamente dall’Eoc. L’accordo prevedeva, nero su bianco, il passaggio dalla fondazione privata al pubblico ente ospedaliero cantonale 25 anni dopo, ossia il 2020. A questo passaggio, oggi si oppone colui che mise la sua firma in calce venticinque anni fa, il dottor Tiziano Mocetti.
Sbarazziamoci subito del contorno, per andare al nocciolo. Sulle competenze e la qualità medica del Cardiocentro, nessuno eccepisce: è ottima. Nella gestione finanziara invece, siamo nell’opacità totale, dove trionfa il magna magna personale. Questa è la posta in gioco ed è questo che difendono i beneficiari. Tutto il resto è ciccia.
Il passaggio dal privato al pubblico smembrerebbe la segretezza dei flussi di soldi destinati a ingrassare i tengo-famiglia. Sotto l’Ente, il giochino potrebbe rompersi. Ecco perché ne combattono il passaggio, anche a costo di mostrare a tutti il loro servilismo nei dibattiti televisivi.
A capo della gestione finanziaria del cardiocentro, è stato messo uno senza particolari qualifiche, se non quella di essere il figlio del padre patron. Senza cotanto padre, oggi magari starebbe partecipando a qualche inutile programma dell’Urc, come purtroppo devono fare tanti disoccupati senza santi in paradiso. Grazie al babbo invece, costui percepisce un miserevole piatto di lenticchie da 350mila franchetti l’anno. Nessun direttore amministrativo dell’Ente, con responsabilità e numeri di dipendenti ben più importanti, guadagna quella cifra. E poiché, citando l’illuminato gobbo leventinese, lo stipendio delle donne è giustamente più basso perché solo complementare nel nucleo familiare, la miserevole paghetta del figlio si completa con la retribuzione da 120mila franchi della sua compagna, all’80% come segretaria del gruppo Cardiocentro.
Siamo a quasi a mezzo milione per una parte della discendenza. Poi vi è l’altro figlio, del quale non discutiamo le capacità mediche, ma grazie all’ottimo servizio pubblico giornalistico targato rsi, sappiamo che percepisce uno stipendio da 270mila franchetti quale dipendente della fondazione del babbo.
Un gradone sopra tutti, il padre coi suoi 750mila. La grande famiglia incassa ogni anno 1 milione e mezzo di franchetti dalla sola fondazione. Poi ci sono tutti i rivoli di soldi dai quali si abbeverano i politici, gli omuncoli necessari alla difesa della gestione del pozzo finanziario nelle mani del clan familiare. Poiché da noi queste cose succedono nella legalità, le forme retributive si chiamano mandati di prestazione o gettoni di presenza.
L’ex sindaco Giorgione ha ricevuto dalla fondazione di cui è presidente, 70mila franchi per consulenze del suo studio di archittettura, mentre il Giuvan del clan familiare Jelmini, ha incassato 150mila per prestazioni del suo studio legale. A completare il quadretto, il gettone al bimbo bignasca quale rappresentante del partitone cantonale di maggioranza. Infine, vi sono tutta una pleteora di personaggi assoldati nel giustificare perché bisogna rompere i patti sottoscritti venticinque anni fa, mantenendo i privilegi familiari. Si va dal prestatore a libero obolo Andrea Leoni, dal dispensatore di voti Bobbià, al sindaco leghista Borradori. E ora, tra i principali decisori della vertenza Cardio all’Eoc, il neo consigliere di stato “non ricordo” De Rosa, eletto dopo una costosa campagna pubblicitaria misteriosamente finanziata.
In realtà, potrebbe decidere anche il popolo, votando sull’iniziativa. Ma in questo cantone dove certe cose non succedono, si prospetta un inciuccio ad alti livelli per salvare il più possibile dei privilegi economici del clan e associati. Forse il leghista presidente dell’Eoc, invece della garanzia al figlioletto in amministrazione di cinque anni di stipendi favolosi impensabili ai comuni normali, e sdegnosamente rifiutati dal papi, rilancerà questa volta con sette o dieci di anni? La generosità, coi soldi nostri, ha vie infinite.