L'autogestione è viva, Lugano progetta spazi morti

Collettivo Morel

 

Lunedì la città ha perso una grande occasione di mostrare coraggio politico e lungimiranza, votando per un progetto di ristrutturazione che rifiuta di tenere conto della presenza decennale del centro sociale autogestito il Molino negli stabili dell'ex-Macello comunale.

Nonostante la grande quantità di luoghi vuoti o sottoutilizzati a Lugano, le attenzioni dell’amministrazione cittadina si sono tutte concentrate sull'ex-Macello. La fretta della città di liberarsi del centro sociale è malcelata sotto una serie di idee accattivanti per la conversione dello stabile, che comprenderebbe alloggi per studenti, un ristorante, un caffè letterario, spazi per il coworking e aule studio, un infopoint, spazi per manifestazioni ed eventi e altre fantasie tenute insieme dalla strana idea che questo progetto sarà uno spazio culturale per tutta la popolazione, per le associazioni indipendenti e la cultura “dal basso”. Queste proposte peraltro non solo sono già in parte presenti e attive all'interno dell'ex-Macello grazie al Molino, ma anche in spazi che la città già possiede e gestisce, pensiamo ad esempio allo Studio, al Foyer ed al Teatro Foce, al Palazzo dei Congressi, alla parte dell'ex-Macello già gestita dalla città e alle altre strutture pubbliche presenti a Lugano (Darsena Ciani, Lab Comacina, Agorateca, per citarne alcune.

 

Quando sono state pubblicate le prime dichiarazioni del Municipio riguardo ad un progetto per rilanciare il sedime dell'ex-Macello ci siamo chiesti subito di quali associazioni, realtà o categoria sociale il Comune si sarebbe servito per legittimare questo attacco contro il Molino, promettendo proprio quello stabile – come se non ce ne fossero altri.

 

Un'idea più precisa ce la siamo fatta quando la nostra associazione, cosi come altre, è stata contattata per sondare l'interesse a partecipare insieme alla città a questo nuovo progetto.

 

Come allora, la nostra posizione rimane oggi assolutamente contraria a questa operazione e a qualunque altra proposta calata dall'alto, che sfrutti la precarietà di associazioni culturali, artisti, musicisti, teatranti e altre realtà, per legittimare l'ennesimo tentativo di soffocare le esperienze di spazi indipendenti e autonomi, riproponendone versioni costosissime, lucidate e istituzionalizzate.

 

È anche vero, purtroppo, che le idee della città difficilmente avrebbero potuto coesistere con l’ideale di autogestione che anima le attiviste e gli attivisti del centro sociale. Il motivo è semplicissimo: creare dall’alto, attraverso grossi progetti pubblici, contenitori senza contenuti, con l’irreale pretesa di esprimere la cultura "dal basso", vuol dire progettare spazi morti in partenza, mentre l'autogestione è cosa viva e in costante sviluppo!

 

Siamo tutti e tutte solidali con il Molino in questo momento di pressioni e non possiamo che condannare i toni e le posizioni che parte della stampa e alcuni politici stanno assumendo nei confronti della questione.

 

Il Molino non si tocca!