Fulvio, il Don Rodrigo dei tempi nostri

di Luigi Pagani, detto ul matiröö

 

Nel nostro lembo di terra, un personaggio spicca nella difesa degli interessi dei singoli grandi proprietari terrieri in opposizione agli interessi comuni degli abitanti. Il robin hood rovesciato occupa di diritto un posto nella top ten dei maneggioni cantonali.

Per questioni di spazio, ci limiteremo unicamente a riferire di pochi casi emblematici a fronte dei molti esistenti, dove il moderno azzeccagarbugli si è distinto nello scontro tra interessi privati e quelli della collettività.

 

Alle pendici del Generoso, un vasto appezzamento aspetta da decenni di essere destinato alla popolazione affinché essa possa fruire del diritto di accedere liberamente a quel magnifico bene comune che è il Ceresio. Stiamo parlando della lotta per le rive pubbliche che fu condotta dall’instancabile quanto compianto Bill Arigoni, l’operaio-deputato. Un gran signore, la cui torcia di questa lotta non fu ripresa da nessuno. Figuratevi che già nel secolo scorso, a inizio anni 90, il Piano direttore cantonale indicava quell’appezzamento quale zona di svago a lago di interesse regionale. 13 ettari a bordo lago di proprietà dei fratelli Casoni, possidenti di mezzo Generoso. Sempre lo scorso secolo, il Cantone aveva avallato per il Generoso un progetto unitario di protezione (Puc), ossia vincolare quel terreno a un utilizzo di interesse generale (paesaggistico, naturalistico e turistico), bloccando ogni tipo di speculazione privata.

 

Per compensare lo “sgarbo” ai fratelli Casoni, le autorità promisero loro di suddividere quei 13 ettari a bordo lago, in territorio di Melano, in parte quale zona a uso pubblico, mentre una parte si sarebbe magicamente trasformata da zona agricola in edificabile, consentendo ai Casoni un lauto guadagno dalla costruzione di villette vista lago. La soluzione era il frutto dell’opera del legale dei Casoni, il Fulvio.

 

Poco dopo ci sono le elezioni, cambia la composizione di governo e salta l’accordo. Il Cantone vuole che Melano, in cambio della speculazione edile concessa ai Casoni, la compensi con un’altra equivalente a zona agricola. La situazione va in stallo. Il Cantone ipotizza di definire un Puc per tutto il comparto a zona lago, spegnendo così i sogni di lauti guadagni dei Casoni. Ma per farlo, ci vuole l’approvazione del Gran Consiglio. L’avvocato si mette di mezzo e, a venti anni di distanza, dell’accesso pubblico a quelle rive non se ne è fatto nulla.

 

 

Cambiamo scenario e spostiamoci su un altro gioiello lacustre del nostro territorio, il Lago Maggiore, dove altre rive sono ancora inaccessibili alla popolazione per volere di famiglie possidenti. Sono le rive dove sfocia la Maggia, il cui accesso alla cittadinanza è impedito dai recinti del camping Delta, di proprietà dei membri della famiglia Ambrosoli. Anche qui la situazione si trascina da decenni, senza alcun progresso. La famiglia Ambrosoli è nota alle cronache per la vicenda del Delta Resort, il lussuoso complesso residenziale di quattro palazzine con 52 appartamenti, costruito sulla sponda destra della Maggia con un investimento di oltre 40 milioni di franchi.

 

Quando i lavori di costruzione sono quasi conclusi, i Verdi si accorgono che gli Ambrosoli stanno vendendo quegli appartamenti come residenze secondarie, in contrasto col piano direttore. Se la và, la g’ha i gamb. I verdi inoltrano un’interpellanza e il bubbone scoppia. I proprietari accusano il Municipio di Locarno di aver dato loro la licenza per venderle come residenze, mentre l’esecutivo locarnese afferma il contrario. Parte la vertenza giuridica tra Locarno e Ambrosoli. Il Credit Suisse, vista la situazione d’incertezza, blocca l’ingente credito concesso per finanziare la realizzazione del complesso residenziale.

 

Chi arriva ad accollarsi il rischio finanziario di un’operazione immobiliare molto incerta? La banca dei ticinesi, Banca Stato. Contemporaneamente, gli Ambrosoli cambiano legale: a Fabio Abate subentra Fulvio Pelli. Per una misteriosa casualità tipica delle nostre parti, Fulvio Pelli è pure presidente di Banca Stato in quel periodo. Di ricorso in ricorso, la vertenza è arrivata al Tribunale federale, che lo scorso anno ha dato ragione al Municipio. Ora tocca al Consiglio di Stato mettere la parola fine a questa storia, che difficilmente potrà essere in contrasto con la sentenza del Tf.

 

Così, la banca dei ticinesi, avrà in pancia un credito di decine di milioni di franchi andato in fumo. Ah, quando si dice di essere in politica per il bene pubblico…