La sconfitta di Syriza e le sue lezioni per la sinistra

Gary Younge

 

Gli ultimi cinque anni sono stati teatro di una sorprendente crescita della sinistra radicale in occidente, sia negli Stati Uniti che in buona parte dell’Europa. Dopo decenni passati ai margini, i candidati di sinistra hanno ottenuto il sostegno di milioni con un messaggio elettorale entusiasmante, ma sono stati i primi ad essere sorpresi e colti alla sprovvista da questo successo. Una volta ottenuti buoni risultati, hanno dovuto figurarsi cosa fare con la fiducia e la credibilità di cui sono stati investiti. [NdT]

 

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I rappresentanti della sinistra erano abituati a candidature di bandiera. Ora si candidano per conquistare il potere. Dopo aver sviluppato una strategia per vincere elettoralmente, ora devono dimostrare di avere una strategia per condurre e governare.

 

La recente sconfitta di Syriza in Grecia è significativa proprio per questa ragione. Dopo quattro anni e mezzo al potere, l’ex-partito di sinistra radicale guidato da Alexis Tsipras è stato sconfitto dal partito di centro-destra Nuova Democrazia, diretto dal discendente di una dinastia di politici greci. Avendo presieduto una crescita anemica, abbandonato alle urne dai giovani in un contesto di scarsa partecipazione al voto, Syriza sembra ormai essersi trasformato in ciò che aveva promesso di rimpiazzare.

 

La vittoria del partito nel gennaio 2015 aveva rappresentato una svolta nell’emergenza di un vivace slittamento a sinistra della politica occidentale, offrendo una risposta alla crisi finanziaria e all’austerità che ne era emersa. “La Grecia ha voltato pagina,” disse Tsipras nella notte della sua elezione, “e si è lasciata alle spalle un’austerità distruttrice, la paura e l’autoritarismo. Si lascia alle spalle cinque anni di umiliazioni e sofferenze.”

 

Nel luglio 2015 arrivò il referendum nel quale la nazione rigettò con forza i termini delle punitive condizioni di salvataggio impostele dall’Unione Europea e dal Fondo monetario internazionale. Entro la fine dell’anno, Corbyn dirigeva il Partito laburista; il Blocco di Sinistra aveva raddoppiato i suoi voti in Portogallo e apportava un sostegno decisivo al nuovo governo socialdemocratico; Syriza aveva vinto un’altra elezione; e in Spagna Podemos, un nuovo partito radicale emerso dalle proteste giovanili, aveva vinto il 21% alle elezioni e minacciava di soppiantare l’egemonia del Partito Socialista sulla sinistra spagnola. L’anno seguente si aprì con il pareggio nella prima sfida delle primarie democratiche tra Hillary Clinton e l’allora semisconosciuto candidato socialista Bernie Sanders.

 

Ad un ciclo elettorale di distanza dalla prima vittoria di Syriza, l’insurrezione della sinistra ha dimostrato di avere ancora slancio, ma anche di essere vulnerabile. La sinistra ha continuato a crescere ad un ritmo inferiore in diversi paesi e con vari livelli d’impatto, che variano dall’aver eclissato i partiti di centro sinistra (Francia, Olanda), all’aver partecipato in coalizioni (Finlandia) o sostenuto dei governi di minoranza (Danimarca e Svezia). In Gran Bretagna, il Partito laburista è cresciuto nei consensi e nel numero di seggi, ma non è arrivato al potere. Ci sono stati degli occasionali arretramenti (il sostegno nei confronti di Podemos è collassato) e delle negligenze (elettoralmente, non ci sono molti segni di vita nella sinistra italiana o cambiamenti significativi in Germania). Va sottolineato che nello stesso periodo l’estrema destra ha fatto passi avanti ancora maggiori.

 

La Grecia, tuttavia, è l’unica nazione dove la sinistra ha effettivamente governato. Alcune delle lezioni della sconfitta di Syriza sono proprie al contesto greco, caratterizzato da un’economia relativamente piccola legata all’eurozona. Ma ci sono anche tre lezioni principali con le quali una sinistra con serie ambizioni di governo deve assolutamente confrontarsi.

 

Prima di tutto, bisogna proporre un’agenda di opposizione agli interessi dei potenti solo se si ha una strategia per combatterli e se si ha la piena intenzione di perseguirla. Quando divenne chiaro che l’UE e l’FMI non avrebbero tenuto conto dell’opposizione popolare alla loro proposta di salvataggio, Syriza ha ceduto. Incapace di sconfiggere i suoi creditori, si è unita a loro, implementando tutti i tagli, privatizzazioni e aumenti dell’IVA ai quali aveva promesso di opporsi una volta al governo.

 

Stando a Yanis Varoufakis, ministro delle finanze di allora, il governo greco aveva diverse opzioni, ma divenne presto chiaro che Tsipras non aveva seriamente intenzione di prenderle in considerazione. Non c’erano garanzie che queste avrebbero avuto successo; ma dal momento che il governo di Tsipras rinunciava all’agenda politica per la quale era stato eletto, era sicuro di fallire. La sconfitta di Syriza non dipende dal fallimento di presunte politiche di sinistra – che non sono mai state veramente implementate – ma da una strategia istituzionale che non aveva nessun piano B per gli ostacoli prevedibili che il governo si sarebbe trovato ad affrontare.

 

In secondo luogo, c’è un limite a quanto si può ottenere con un’elezione in un contesto di globalizzazione neoliberale, perché indipendentemente da chi venga eletto, il capitale ed i suoi alleati si metteranno sempre in mezzo. Lo stato-nazione può anche essere la principale sede della legittimità democratica, ma è sempre un solo attore in mezzo a molti altri, dagli operatori finanziari alle organizzazioni internazionali. Non ci si può semplicemente votare fuori da questo sistema complesso.

 

In Europa, ciò è stato reso esplicitamente chiaro più di una volta dal caso greco. “Le elezioni non possono cambiare il programma economico di uno stato membro,” l’ex-ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble disse a Varoufakis. “Non ci può essere una scelta democratica contro i trattati europei,” disse il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker.

 

Questo non vuol dire che la sinistra deve necessariamente rinunciare alla politica istituzionale. Ma la consapevolezza di questo fatto deve inquadrare le sue aspettative riguardo a quello che può essere realizzato nelle istituzioni attuali e deve aiutarla a capire dove risiede veramente il potere.

 

Infine, e in conseguenza, la sinistra non può limitarsi esclusivamente ad una strategia elettoralista. Molte conquiste sociali e politiche maggiori, dai diritti civili, al diritto del lavoro, al femminismo e addirittura alla democrazia stessa, sono cominciate come movimenti sociali volti a ridistribuire e democratizzare il potere. Politici professionisti li hanno poi trasformati in legge. Ma c’è voluta una coalizione tra politica istituzionale e movimento sociale per renderlo possibile. Un volta al potere, più che mai, la sinistra istituzionale ha bisogno del sostegno dei movimenti sociali per raggiungere conquiste come queste.

 

In soli quattro anni, la sinistra ha creato uno spazio elettorale e politico che nessuno avrebbe immaginato possibile. La possibilità che riesca a mantenere questo spazio dipenderà principalmente da cosa ci costruirà sopra.

 

 

 

Fonte : The Guardian, 12 luglio 2019.