L’Europa e la via della Seta

di Simone Pieranni, corrispondente dalla Cina

 

Anche la Svizzera ha firmato il memorandum. Tra il 25 e il 27 aprile si è svolto a Pechino il secondo summit della Nuova via della Seta (Belt and Road Initiative nella sua sigla internazionale), il progetto mondiale guidato da Pechino nel quale è sostanzialmente coinvolto tutto il mondo.

Tra i partecipanti c’era anche il premier italiano Giuseppe Conte (giunto da solo e senza il seguito aziendale che era previsto) e svariati capi di stato a rappresentare centinaia di paesi. Due anni fa la Bri era stata presentata ufficialmente nella capitale cinese, benché il presidente Xi Jinping avesse già parlato del progetto fin dal 2013. Nel 2017 a Pechino il forum fu ancora più maestoso di quello svoltosi quest’anno: l’idea di Xi Jinping venne definita “il progetto di infrastrutture e connessioni più grande mai attuato nella storia dell’umanità”.

 

In questi due anni molte cose sono cambiate: da una fase iniziale durante la quale la Bri era appoggiata soprattutto dai paesi più vicini alla Cina, oggi siamo arrivati al momento nel quale anche Lussemburgo e Svizzera, dopo l’Italia, il Portogallo, la Grecia e l’Ungheria, hanno dato la propria adesione al piano “globale” cinese. Del resto nel corso di questi due anni la Bri ha ottenuto importanti successi oltre ad essersi completata anche di organi economici: la Aiib (la banca di investimenti asiatici creata ad hoc) “il braccio economico” della nuova via della Seta, per quanto Pechino non gradisca questa definizione e il Silk Road Fund.

 

La vera novità di questo secondo forum arriva dall’Europa, ovvero dalla rinnovata capacità cinese di stringere accordi con paesi europei e non solo con quelli che gravitano storicamente nella propria sfera di influenza. Così dopo la discussa firma italiana del Memorandum of understanding di fine marzo, sono arrivate anche le firme di Lussemburgo e della Svizzera. Si tratta di un passaggio importante, che riconosce la Cina come interlocutore privilegiato anche per quanto riguarda gli hub finanziari più rilevanti dell’Europa e avvicina sempre di più Pechino al cuore del Vecchio continente.

 

L’accordo prevede cooperazione tra Cina e Svizzera in materia di commercio, investimenti e finanza “per progetti in paesi terzi lungo le rotte del programma di investimenti stranieri di Xi”. “Penso che sia utile per la Cina coinvolgere più paesi europei per la Bri”, ha detto Zhu Ning, professore di finanza presso la Tsinghua University di Pechino. “La Svizzera fornirebbe un aiuto molto importante per la Bri dato il vantaggio che il paese può mettere a disposizione nei servizi bancari e finanziari globali”.

 

Firme che sono arrivate a Pechino, ma dopo mesi di intensa attività diplomatica cinese in Europa (di recente è toccato al premier Li Keqiang) effettuata proprio con la volontà di “rassicurare” tutti i potenziali partner delle intenzioni cinesi. Nel corso di questi due anni - infatti - si è discusso e detto molto su questo progetto: un tentativo egemonico da parte di Pechino, una nuova idea di ordine mondiale a guida cinese, la globalizzazione con caratteristiche cinesi. In generale si è sottolineato il carattere di natura geopolitica del progetto di Pechino, considerando che in gran parte si tratta di una fitta rete di infrastrutture, porti, pipeline e ferrovie, in grado di provvedere ad alcuni presupposti fondamentali per la Cina: consentire la circolazione più rapida delle merci, permettere alla Cina di scovare nuovi mercati per il surplus manifatturiero, controllare gli snodi più importanti delle rotte, tanto terresti quanto marittime.

 

Secondo la Cina si tratta di un progetto “win-win”, a disposizione di tutti e senza alcuna volontà egemonica da parte cinese. Ben presto, del resto, il progetto ha superato ampiamente i “confini” iniziali, finendo per porre sotto il cappello della Nuova via della seta anche investimenti e accordi in Africa e America Latina.

 

Insieme al dilatare di questa rete mondiale commerciale, sono cominciati anche a sorgere alcuni problemi: Pechino ha potuto così apprendere che la propria presenza - soprattutto in alcuni paesi asiatici - ha sollevato diverse problematiche, dando vita a ribaltamenti politici che hanno finito per mettere in discussione gli accordi sottoscritti. Gli esempi più precisi in questo senso sono quelli del Myanmar, del Pakistan e della Malaysia: accordi sottoscritti ma poi rivisti alla luce di cambi di governo e delle rinnovate volontà nazionali per ridefinire i contorni economici. Si è così cominciato a discutere della cosiddetta “trappola del debito” e di manovre poco “trasparenti” da parte di Pechino.

 

Ora la Cina punta a presentare il progetto sotto altre ottiche, di diversa natura rispetto al passato. Le ragioni sono molte, ma partono tutte da una prima considerazione. La Cina è in una fase interna piuttosto complicata, perché rallenta l’economia e l’accentramento di potere di Xi e del suo gruppo (tutti funzionari che hanno collaborato con lui nel corso della sua carriera) comporta problematiche nuove per la dirigenza cinese. Ma è indubbia la capacità di Pechino di annusare alcune diffidenze e provvedere subito a riadattarsi alla situazione. Ecco allora che si parla di “ribilanciamento” del progetto della Nuova via della seta , un termine che esprime una minima rivisitazione del piano, con Pechino forse più cauta in futuro ad allargare la propria influenza, o quanto meno a inserire all’interno della Nuova via della seta qualsiasi progetto che la veda protagonista, in qualsiasi parte del mondo. Allo stesso tempo questa “ricalibrazione” della Bri sembra una risposta per chi ancora nutre dubbi, legittimi, sulla natura del progetto.

 

La Cina in queste situazioni dimostra straordinaria capacità di modificare i piani in corsa e di farlo velocemente, indubbiamente favorita dalla propria natura politica, con un partito comunista solitario e bel saldo nel controllo totale del paese. Ma questa ridefinizione dei contorni del progetto, dovrebbe anche favorire Pechino, di recente infastidita dal tentativo di tanti paesi di legittimare propri piani sotto l’insegna della Bri.

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